Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, ha scelto un titolo senza mezze misure per il suo primo libro: Tutti indietro (edizioni Rizzoli). Un volume in cui ripercorre le storie di uomini e donne in fuga e di un’Italia in bilico tra paura e solidarietà.
Delle tante storie di donne e uomini che ho conosciuto e ascoltato negli anni di lavoro come portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) pochissime sono quelle prive di sofferenza, e quasi mai la condizione di persona in fuga si è risolta senza traumi: la maggior parte è passata attraverso un vero calvario di dolore e solitudine. Ma le storie che mi sono rimaste impresse non sono necessariamente le più crudeli. Ci sono situazioni in cui la disperazione dell’altro è travolgente e per chi ascolta è impossibile arginarla. Così si incamera un malessere che può trovare conforto solo in un’azione concreta che sia di aiuto per quelle persone, che riesca a infondere loro un po’ di speranza per il futuro. Non ci si può abituare al dolore dell’umanità. Se torno indietro negli anni, il mio ricordo va in Afghanistan, nei Balcani, alle colonne di eritrei, avvolti nel vento di sabbia che oscura il cielo, arrivare sfiniti al campo di Kassala, appena dopo il confine sudanese. […] Dopo qualche anno, altri racconti di rifugiati, questa volta in Italia, mi hanno portato a conoscere l’ultima frontiera della disperazione. Considero ognuna di queste storie un’eredità che mi è stata lasciata e un patrimonio sul quale investire continuando a fare il mio lavoro.
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