Non profit

‘Ndrangheta, quel boss applaudito

Sconcertante reazione a Reggio Calabria all'arresto del latitante Giovanni Tegano

di Franco Bomprezzi

In una giornata dominata dalla paura per il crollo della finanza greca (ne diamo ampiamente conto in questa rassegna stampa), i giornali dedicano ampio spazio alla paradossale vicenda dell’arresto del latitante Tegano, boss della ,’ndrangheta, applaudito da una piccola folla al grido “Uomo di pace”.

Richiamo in prima pagina per il CORRIERE DELLA SERA “Applausi al boss catturato: uomo di pace”. All’interno ne scrivono alle pagine 20 e 21 Bianconi e Macrì. “Catturato il boss. La folla lo applaude” è il titolo di apertura. La cronaca: «C’erano più di cento persone, parenti, gente comune, molti giovani e anche alcuni bambini, ad attendere  Giovanni Tegano fuori dalla Questura di Reggio Calabria. Una claque che ha applaudito il boss, arrestato lunedì, dopo 17 anni di latitanza. La piccola folla ha invaso martedì mattina il centralissimo Corso Garibaldi, bloccando il traffico, per salutare e “rendere omaggio” al boss della ‘ndrangheta. «Giovanni uomo di pace» gli hanno gridato durante il  trasferimento dalla Questura al carcere. «Nella sua lunga storia criminale Giovanni Tegano ha collezionato diversi ergastoli. Di lui si sono occupate le inchieste Olimpia e Valanidi che hanno tracciato la storia di 25 anni di criminalità, in città….Il Rosso aveva messo su una vera holding finanziaria capace di controllare la spesa pubblica in città grazie anche ai suoi stretti legami con personaggi politici». “E il pool che arrestò Provenzano mette fine alla pax mafiosa” è invece il pezzo che ricostruisce l’operazione degli investigatori. Fra i commenti in evidenza quello di Michele Giuttari (“«Ho rivisto me stesso aggredito e insultato»”), ex magistrato in Calabria che quando arrestò il boss Giuseppe Morabito fu circondato e aggredito da una settantina di persone tra cui molte donne: «Volevano che liberassimo Morabito, ci spingevano con rabbia, tiravano pietre sulla nostra auto…mai assistito a una cosa simile». 

“Quell’applauso al boss, eroe per i bambini”, titola il pezzo di Attilio Bolzoni sulla cover de LA REPUBBLICA che continua a pag 17 sotto l’apertura (“Reggio Calabria, la folla applaude il boss” in cui si dà voce alla desolazione della magistratura: «Dispiaciuto il procuratore capo della Repubblica, Giuseppe Pignatone. “Hanno celebrato un latitante condannato all’ergastolo, l’altra Calabria non ha mai avuto voce per mancanza di strumenti o per paura. Voglio ancora una volta dire che manca un’adeguata attenzione da parte degli organi di informazione locali e nazionali che non sempre raccontano i fatti positivi che pur si verificano in questa realtà. Io spero che si arrivi al momento in cui gli applausi saranno rivolti invece agli uomini e alle forze dello Stato»). Racconta invece Bolzoni: «…Un genero del boss solleva il suo bambino e se lo mette sulle spalle, lo fa volare in alto per regalargli un ricordo del nonno. E gli dice: «Carmine, eccolo, eccolo…». Venerato come una statua in processione nei suoi ultimi momenti di libertà. Tutta la famiglia deve stare lì, ai piedi di Giovanni Tegano. Anche i figghioli, i bambini, gli innocenti». 

La cronaca di Filippo Marra Cutrupi racconta su IL GIORNALE dell’acclamazione di un centinaio di persone verso Giovanni Tegano che urla «Uomo di pace», «Benefattore». Paolo Granzotto commenta dalla prima partendo dalla  prima frase «cara, molto cara, alla così detta società civile e misericordiosa. Giuste le reazioni indignate e tenorili alla provocatoria manifestazione di solidarietà, giusto anche sottolineare  che la Calabria non si riconosce negli applausi a Tegano. Ma è con quella claque e con gli omertosi cittadini che gli uomini dell’antimafia devono fare i conti. Liberandola dalla paura e dando prove concrete che nel Meridione lo Stato esiste. E si manifesta con una corretta amministrazione della cosa pubblica, con la repressione del crimine, con la certezza della pena, con un’assistenza medico-sanitaria dignitosa». Intervista a Renato Cortese, capo della squadra mobile di Reggio Calabria. Il racconto  dell’irruzione ma soprattutto delle indagini, lunghe e sfiancanti: «Tre anni di fatiche. Più di una volta  pensavamo eccolo e invece  per un motivo o per l’altro quel momento si allontanava sempre di più».

IL SOLE 24 ORE dedica alla cattura del boss Tegano l’apertura di pagina 20, “Preso il boss, la folla lo applaude” e uno dei commenti di pagina 14: “Lo Stato c’è. La «gente» dov’è»?: «Bisognerà  smetterla una volta per tutte di dire  che lo stato non c’è sempre e comunque. È un disco incantato che spesso suona nel Mezzogiorno. Invece capita che lo stato ci sia e dimostri la sua presenza. Lunedì sera a Reggio Calabria è stato  arrestato il boss della ‘ndrangheta Giovanni Tegano, numero trenta nella classifica dei ricercati  più pericolosi e personaggio cardine della malavita organizzata. Ieri mattina all’uscita della questura un centinaio di reggini lo hanno salutato  con fragorosi applausi. Società incivile, sintomo di un malessere profondo e di una cultura della  legalità del tutto assente. Sbaglia chi minimizza e sostiene che la maggioranza dei calabresi sono sempre e comunque con le forze dell’ordine. I fatti non lo dimostrano. Segnali incoraggianti il territorio ne manda ma sono sempre più sorprendenti:  due giorni fa l’organizzazione criminale che sfruttava i lavoratori immigrati di Rosarno, 50 chilometri a nord di Reggio, è stata sgominata grazie proprio alle denunce degli extracomunitari.  Cari reggini, meno applausi e più coraggio».

Lancio in prima pagina su AVVENIRE con il titolo “Il boss è in manette, la gente lo applaude”. La folla, tra cui tante donne, ha «inneggiato» al boss Giovanni Tegano al grido «uomo di pace», in quanto il boss fece da paciere nella seconda guerra di mafia, che insanguinò il reggino tra il 1985 e il 1991, proprio partendo dal quartiere di Archi, lasciando sul suolo 800 morti. La pace fu fatta solo per salvaguardare gli affari. Un articolo di cronaca, semplice, che dà conto dell’amarezza del questore Casabona («ci saremmo aspettati gli applausi alla polizia») e le manifestazioni di centinaia di giovani e delle associazioni reggine: «tutti vogliamo essere uomini di pace». 

Fotonotizia in prima pagina su LA STAMPA: “E la folla applaude il superboss arrestato”. «Un signore anziano dall’aria mite viene trascinato in auto da uomini con il passamontagna sul viso, mentre sull’altro lato della strada centinaia di persone piangono, si disperano, urlano il suo nome». «Sembra l’incubo kafkiano di ogni persona per bene» scrive Massimo Gramellini. «Invece è il dramma di Reggio Calabria, parte dello Stato italiano da 150 anni, dove la gente blocca il traffico per applaudire il padrino della ‘ndrangheta Giovanni Tegano invece della polizia che lo ha arrestato». Dalla folla si solleva un urlo solitario, dicono sia la cognata del boss: “Tegano uomo di pace!” e nessuno si erge a zittirlo. «E’ evidente che le sue parole sono condivise in quel contesto dove lo Stato è un ospite impiccione che ogni tanto si fa bello con qualche arresto, ma che non incide nella vita di ogni giorno» continua il vicedirettore de LA STAMPA. «Non dà lavoro a tuo figlio – l’uomo di pace sì. Non ti trova un posto in ospedale – l’uomo di pace sì. Non punisce chi ti ha offeso – l’uomo di pace sì. Adesso che lo hanno tolto di mezzo, chi garantirà la pace? Questa sembra essere l’unica preoccupazione di quella folla. Questo è quello che ce la rende così lontana. Straniera». LA STAMPA entra nel merito dell’accaduto a pagina 6 con un pezzo dell’inviato Guido Ruotolo. Tegano era l’ultimo grande boss della ‘ndrangheta della città, 71 anni suonati. E’ stato arrestato dagli uomini della Mobile di Renato Cortese e da quel gruppo di sbirri segugi dello Sco centrale e di una pattuglia del gruppo “Duomo” che fu quello che catturò Binnu Provenzano il Corleonese. L’ultimo boss dell’ultima guerra di ‘ndrangheta combattuta in città fra l’85 e il 91, oltre seicento morti ammazzati. Testimone di quel passato, Giovanni Tegano non era certo un boss andato in pensione. Si era inabissato, continuando però a tessere la sua ragnatela di interessi, di affari, dalle estorsioni agli appalti. LA STAMPA intervista il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, titolo: “Il procuratore Grasso. In Sicilia ci insultavano ma ora tifano per noi”. Dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino c’è stata una svolta e la gente ha reagito, dice. «In Calabria si paga uno scotto di un ritardo, culturale e politico, generalizzato e diffuso».

E inoltre sui giornali di oggi:

GRECIA
CORRIERE DELLA SERA – “Grecia bocciata, paura di contagio” è il titolo di apertura del CORRIERE di oggi: «La Grecia non può più rifinanziare sul mercato il suo debito pubblico. L’allarme è stato lanciato dal ministro delle Finanze, George Papaconstantinou, che ha sottolineato che il deficit di bilancio del 2009, già corretto da Eurostat al 13,6%, potrebbe esser ancora rivisto in peggio, «al 14 per cento del Pil». Il presidente della Banca centrale europea, Jean Claude Trichet, non ha voluto commentare l’andamento dei negoziati tra il governo di Atene e Bruxelles, ma ha spiegato che a suo parere un default  della Grecia o dell’eurozona «è fuori questione». I segnali che inducono al pessimismo non mancano, a partire al declassamento al livello junk, ossia spazzatura, del rating greco da parte di Standard and Poor’s: uno status che per il governo ellenico «non corrisponde alla realtà». Per il prossimo 10 maggio è stato inoltre convocato un vertice straordinario dei governi dell’Eurozona che avrà all’ordine del giorno la definizione di politiche di aiuto per la Grecia. L’analisi è affidata a un corsivo di Massimo Mucchetti (“E l’Europa si ritrova a tre velocità): «Forse la Grecia riuscirà a evitare la crisi d’insolvenza e a smentire i mercati che dimostrano di temerla nel momento in cui alzano sempre più il premio al rischio sui titoli pubblici ellenici. Forse il salvataggio in extremis di Atene scongiurerà l’effetto domino sui paesi più deboli che, invece, il sistema bancario occidentale ha subìto a causa del crac Lehman. Forse. Resta il fatto che l’Europa sta già andando non a due ma a tre velocità: c’è l’Unione a 27, vasta zona di libero scambio, ci sono i 16 di Eurolandia e, fra questi ultimi, un’avanguardia di forti e una retroguardia di derelitti sempre più distanti. Anche se la moneta unica non perderà aderenti, la dura realtà del debito, pubblico e privato, sta ridefinendo le relazioni tra Stati e riducendo, di fatto, la stessa sovranità nazionale anche laddove i Trattati non l’avevano toccata.

LA STAMPA – “Grecia, giù euro e Borse” è il titolo di apertura dell’edizione di oggi. La crisi si aggrava e l’effetto domino tira già le Borse e l’Euro che raggiunge i minimi sul dollaro (1,31). Venti di crisi anche su Portogallo e Spagna. “I bond greci al livello spazzatura” titola LA STAMPA a pagina 2 e a nella pagina seguente “Spagna choc: disoccupati al 20%”: all’Istat iberico scappa per errore il dato trimestrale. Il tasso si impenna ad oltre il 40% tra i giovani sotto i 25 anni. Cosa accadrebbe se un Paese della Ue fallisse?, si chiede LA STAMPA a pagina 4. L’ipotesi più probabile avanzata nelle ultime ore è una ristrutturazione concordata del debito greco. Sta circolando un documento dell’anglo-olandese Willem Buiter che ipotizza che i creditori della Grecia vengano chiamati ad accettare una riduzione del 20-25% dell’ammontare del loro credito. A tutti coloro che posseggono titoli greci sarebbe chiesto di adeguarsi.

AVVENIRE – Atene che “fa tremare l’Europa” è il titolo di apertura oggi del quotidiano di vescovi. Le Borse bruciano 160 miliardi, la Bce avverte che Atene è la spia dei paesi in deficit, e l’effetto timore indebolisce anche i Bot italiani, che all’asta semestrale di ieri hanno segnato una copertura deludente. Un operatore dice: «questo è il primo giorno in cui l’Italia è sotto pressione. Ricordiamoci che dopodomani sono in calendario nuove aste». 

IL SOLE 24 ORE – “I titoli greci sono «spazzatura»” è il titolo di apertura del SOLE 24 ORE che dedica alla crisi finanziaria tre pagine. Il commento che parte dalla prima è di Isabella Buffacchi: “E le stelle Ue stanno a guardare”. «Esiste un’altra Europa a due velocità,  insostenibile ma alla quale si può porre rimedio: i tempi lenti della politica e i tempi accelerati dei mercati finanziari. (…)  La politica non riesce a tenersi al passo con i mercati, compromettendo la comunicazione.  Eurolandia  marcia con i tempi lenti della politica, rallentata anche dall’illusione che le  crisi, compresa quella greca, si possono affrontare come in uno slalom gigante, schivando una successione di paletti prefissati.  E per riunirsi attende il 10 maggio, dopo le elezioni tedesche. Dall’altro lato i mercati finanziari  corrono, vivono in accelerazione  perché i monitor dei trader aggiornano in tempo reale i prezzi  dei titoli di stato, delle azioni, delle obbligazioni reagendo all’istante a qualsiasi notizia, bella o brutta che sia. (…) Ieri è stato l’ennesimo  test per gli stati dell’eurozona:  la politica deve accelerare  il passo. Affinchè i prossimi paletti improvvisamente eretti  dal mercato non trovino la politica impreparata e i paesi più deboli incapaci di schivare  il colpo». E l’Italia? Sarà il prossimo obiettivo della speculazione? Secondo Waltder Riolfi, a pagina 3, no: “Per i corvi della speculazione Italia osso duro”: «Non è una novità che il nostro paese sia nel mirino della speculazione.  E non è nemmeno strano che un attacco al debito pubblico italiano sia una prospettiva allettante  per la grande speculazione  internazionale. Non sono solo gli hedge fund a crederlo, ma insigni economisti, come il premio Nobel Robert Mundell e Charles Calomiris della Columbia  University. Tuttavia l’Italia non è una preda facile: perché se le dimensioni del suo debito (il maggiore d’Europa) costituiscono un bersaglio evidente,  rappresentano pure un osso ben più duro di Grecia, Portogallo  o Spagna; e soprattutto perché non è detto che l’Italia sia messa così male (…) Patrick Artus, uno dei più insigni economisti  francesi, professore  alla Sorbonne e capo economista  di Natixis: «Non vedo i problemi di liquidità che stanno rendendo acuta  la crisi greca. E non vedo nemmeno i  problemi economici che rendono fragili Spagna  e Portogallo. Il tasso di disoccupazione  è lontano da quello dei paesi iberici e in linea con il resto  d’Europa e soprattutto l’Italia  possiede un’industria forte e un’economia diversificata».

ITALIA OGGI – “Dopo la Grecia, accendiamo un cero a santo Tremonti”. Una bella sviolinata di Pierluigi Magnaschi al nostro ministro dell’Economia: «Mentre gli altri paesi, per contrastare la crisi, hanno aperto con disinvoltura i cordoni della spesa pubblica, l’Italia, per iniziativa di due ministri, quello dell’economia, Giulio Tremonti e quello del Lavoro, Maurizio Sacconi ha fatto una scelta precisa. Partendo dalla premessa che un paese cosi indebitato come l’Italia non può spendere con disinvoltura, hanno deciso di concentrare l’aumento della spesa pubblica nel sostegno dei lavoratori che perdevano il posto di lavoro. (…)  Se fossero state ascoltati gli inviti del centrosinistra che, di fronte al rigore del duo Tremonti-Sacconi, urlava che non stava facendo nulla (e non era vero) oggi saremmo affiancati, se non alla Grecia, certo alla Spagna. E invece siamo considerato, nel mondo, un paese obeso ma non a rischio». 

IL MANIFESTO – Il quotidiano comunista apre come consueto con una grossa foto di sfondo di una folla che sventola bandiere nazionali greche e con il titolo “Grecale”. Chiaro il parallelo tra il vento mediterraneo e quello della crisi che dal paese ellenico sembra spirare sul resto d’Europa. In taglio alto il riassunto della situazione «per la Grecia è l’anticamera del precipizio. L’agenzia di rating Standard & Poor’s riduce a «spazzatura» il giudizio sul debito di Atene. Il vento della crisi si estende: declassata anche Lisbona. Il ministro greco delle Finanze: «Non possiamo più finanziarci sul mercato». Vertice Ue il 10 maggio, aspettando irresponsabilmente le elezioni regionali tedesche. Borse a picco: in Europa bruciati 160 miliardi». Galapagos firma “Il mercato caccia Atene. E ora declassa Lisbona”, «Ci sono nel mondo alcune società che campano dando i voti (rating, il termine tecnico) a imprese, banche e perfino stati sovrani. Krugen, premio Nobel per l’economia, alcuni giorni fa ha ricordato che il 93% delle obbligazioni alle quali era stato assegnato il massimo dei voti ora sono diventate junk, cioè spazzatura. In altre parole le società di rating non si erano accorte che dietro quelle obbligazioni c’era il nulla. O meglio c’erano i mutui subprime che hanno trascinato il sistema globale nella più grande crisi finanziaria dal crollo del ’29. Solo con gli stati le società di rating sono da sempre spietate e la prova si è avuta ieri: le obbligazioni della Grecia sono state dichiarate spazzatura. Ma non è solo la Grecia nel mirino delle società di rating: anche al Portogallo sono stati ridotti i “voti”». Dunque la situazione è molto netta «il Portogallo è a rischio mentre la Grecia è sull’orlo dell’abisso». La situazione Greca è poi aggravata dall’indecisionismo europeo come ha sottolineato il ministro delle finanze Geoge Papaconstantinou. «Non ha torto: l’Europa appare profondamente divisa e, Germania in testa, molti premono perchè alla Grecia nulla sia regalato». La situazione ha fatto inabissare le borse : quella di Atene «ieri ha ceduto quasi il 7% (Milano è andata giù oltre al 3%) e l’intera Ue ha bruciato oltre 160 miliardi». L’impressione è infati «che la crisi si stia propagando a altri paesi “periferici”».   

LA REPUBBLICA – “Grecia sull’abisso, paura in Europa” è il titolo principale del giornale. Da leggere il commento di Massimo Giannini (“Una folle partita a poker”) e l’intervista a jean.Paul Fitoussi. Partiamo dal vicedirettore: «Nel martedì nero dei mercati si consuma una partita di poker mortale tra gli Stati e i mercati. C’è una posta in gioco, ed è decisiva: è la sopravvivenza dell’euro, che tra le macerie del Partenone rischia di crollare sotto i colpi della speculazione. C’è un giocatore, ed è risolutivo: è la Germania, che con una strategia nazionalistica rischia di accelerare la fine dell’Unione monetaria… I mercati puntano qualcosa, lassù in cielo. Come sempre gli sciocchi guardano il dito e non vedono la luna. Il dito è la Grecia. Un Paese ormai al default. L’ulteriore downgrading del suo debito trasforma i titoli di Atene in “spazzatura”. Il governo Papandreou non ha più scampo, precipitato com’è nella micidiale “spirale mercatista”. L’indebitamento viaggia verso il 15% del Pil. Il rendimento sui bond a due anni richiesto come “premio di rischio” sfonda il tetto del 13%. Secondo le banche d’investimento americane, è il più alto al mondo sul titoli a breve termine. Più di quello dei titoli dell’Argentina (8%) e del Venezuela (11%). In queste condizioni, più la Grecia cerca risorse sul mercato, più stringe il cappio intorno al collo della sua finanza pubblica… Ma nella logica spietata degli speculatori Atene è un falso obiettivo. Quello vero, cioè la luna che non stiamo vedendo, è immensamente più grande. Si chiama euro. Nel piatto, al tavolo verde in cui si combattono gli stati e i mercati, c’è l’Unione monetaria. Questo dice l’offensiva già partita contro il Portogallo… Ma fin qui saremmo al default di due economie periferiche dell’eurozona. Il disastro può cominciare subito dopo. Tragedia greca, fado portoghese, e in sequenza dramma mediterraneo. Nella lista nera degli speculatori sono già iscritti Spagna e Italia.». Durissimo invece l’attacco dell’economista francese alle agenzie di rating: «S&P e Moody’s portano sulle loro spalle la responsabilità del collasso delle finanza che è stato l’inizio e la causa di tutta la crisi». E sulla Germania: «Ha voluto cogliere l’occasione per riaffermare la sua sovranità continentale e dare a tutti una lezione da non dimenticare». 

IL GIORNALE – “Tracollo Grecia, l’Europa trema” è il titolo in copertina che prosegue alle pagine 8 e 9 dove  si parla di «Rischio suicidio europeo «perché il declassamento dei titoli ellenici rende reale il rischio di fallimento della moneta unica. E la politica comunitaria sembra non accorgersene». Perchè, secondo l’analisi di Marcello Zacchè «Bruxelles è ostaggio delle paure della Merkel di perdere le elezioni regionali» e sono «dinamite i 40 miliardi di sirtaki-bond che le banche tedesche  tengono in cassaforte». Qual è il ruolo dell’Italia? «E’ pronto il decreto legge che l’Italia utilizzerà per partecipare, insieme agli altri partner europei e al Fondo monetario internazionale, al salvataggio della Grecia. Lo riferisce una fonte del ministero del Tesoro spiegando che l’Italia dovrebbe attingere  i fondi  da prestare alle disponibilità dei conti di tesoreria».

CARCERE
IL SOLE 24 ORE – “Le carceri puntano sui colloqui” è il titolo dell’articolo che dà conto della «circolare del Dipartimento dell’amministrazione  penitenziaria (Dap) con la quale il ministero della Giustizia punta a favorire l’affettività tra i detenuti e i loro familiari, con il principale obiettivo di prevenire il rischio suicidio in carcere. (…)   Quattro le principali misure.  Innanzitutto la creazione di uno staff multidisciplinare che prenda immediatamente in carico i detenuti  a maggior rischio suicidio (per lo più persone che non hanno  mai messo piede in carcere, tossicodipendenti o con problemi  psichiatrici); staff composto anche da volontari ai quali il Dap dà ora maggiore possibilità di accesso in  carcere, “almeno fino alle  ore 18” e non più solo la mattina.  In secondo luogo, più contatti con la famiglia e gli avvocati difensori.  Nei casi di “particolare urgenza o rilevanza”, in presenza  di figli con meno di dieci anni oppure di trasferimento in altro carcere, il detenuto è autorizzato dal direttore a telefonare al proprio  difensore “oltre i limiti numerici  previsti dal regolamento”. E ancora: cade il divieto per i  “detenuti comuni di media sicurezza” di fare chiamate dirette a telefoni cellulari di propri familiari  nel caso in cui non abbia avuto la possibilità di vederli o contattarli  per un periodo di almeno 15 giorni. Infine il Dap indica come di “fondamentale importanza” l’adozione di “tutte le misure organizzative  possibili per evitare ogni contrazione del funzionamento  del servizio colloqui”».

VOLONTARIATO
AVVENIRE – Editoriale e primo piano dedicati alla ricerca sul volontariato italiano presentata ieri da Caritas e Acli. I volontari in Italia sono 4,4 milioni, 600mila in più rispetto al 1996, il che significa – togliendo bambini e over80 – una persona su dieci. È la «possente macchina del bene», che passa «inosservata» ma è una «ricchezza invisibile agli occhi». La ricerca, svolta in vista del 2011 Anno europeo del volontariato, rielabora i dati Istat 1996 concentrandosi in particolare sui giovani 18/20 anni: se in assoluto i volontari sono aumentati, quelli sotto i 35 anni sono diminuiti, rimpiazzati da un esercito – tutto italiano – di pensionati baby. In particolare la fascia under24 ha perso cinque punti in questi 15 anni (dal 17% al 12%), ancora peggio è andata la fascia 25-34. L’indagine si basa su storie, non su numeri. Così emerge che il volontariato non affascina più i giovani per quattro ragioni prevedibili e una novità: precariato, individualismo, decrescita demografica, crisi del servizio civile. La sorpresa è l’incomunicabilità tra le generazioni, per cui i responsabili delle associazioni faticano a capire il diverso approccio dei giovani ai problemi sociali e quindi all’impegno. Due i punti fermi, osservati sul campo: chi fa volontariato in Caritas e ha meno di 24 anni viene dagli scout o dagli oratori, cioè avere una rete strutturata di educatori porta i ragazzi ad impegnarsi. Secondo punto, preferiscono impegnarsi in attività concrete come il servizio alla mensa dei poveri, per abbattere le barriere del virtuale.


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