Sostenibilità

Riguarda il 62% degli italiani

Lo rivela Consumers’ Forum in un indagine sul profilo di chi accede al credito, sotolineando come il 48% ha problemi nel estinguere il debito

di Redazione

Il 62% degli italiani è ricorso al credito al consumo negli ultimi due anni. Si tratta di uomini e donne di circa 45 anni, diplomati o laureati, con un nucleo familiare di 3 persone (56%), che lavorano come collaboratori o dipendenti (68%), con un reddito familiare mensile medio di 2.200 euro (56%) e che pagano l’affitto o il mutuo (47%). Sono persone che ricorrono al credito solo se necessario (64%) e per l’acquisto di beni di consumo (53%). Questo il profilo del consumatore che emerge dall’indagine sul credito al consumo, svolta su un campione di 1.725 cittadini, che Consumers’ Forum ha commissionato a 5 associazioni dei consumatori (Adoc, Assoutenti, Ciattadinanzattiva, Confconsumatori e Federconsumatori).

Il creditore tipo necessita di un prestito di 4 mila euro e per ottenerlo si rivolgono direttamente al punto vendita (44%), chiedono un prestito personale (38%) o utilizzano la carta revolving (18%). Il finanziamento dura in media 24 mesi, con una rata mensile media di 167 euro e un tasso d’interesse di circa il 12%. Il 48% di chi è ricorso al credito al consumo dice di avere avuto difficoltà o di avere temuto di non riuscire a fare fronte al rimborso: perciò ha eliminato o ridimensionato altre spese, si è rivolto ai familiari o ha dovuto chiedere un ulteriore prestito.

«Per evitare che gli italiani si indebitino oltre la loro capacità di restituzione occorre più trasparenza da parte degli operatori, più consapevolezza dei consumatori e soprattutto bonificare il mercato del credito al consumo da mediatori scorretti», ha commentato Sergio Veroli, presidente di Consumers’ Forum. «Sono necessarie informazioni sintetiche, semplici e chiare per mettere i cittadini nelle condizioni di confrontare le offerte e norme più efficienti a tutela del consumatore e degli operatori che agiscono sul mercato in modo responsabile». Secondo quanto è emerso durante il dibattito, il legislatore italiano potrebbe dar vita ad un mercato interno del credito al consumo più trasparente iniziando ad attenersi alle indicazioni dell’Ue e cioè semplificando e razionalizzando la normativa, iintroducendo criteri più severi per l’accesso di operatori professionali al mercato. L’Autorità di vigilanza dovrebbe esercitare i suoi poteri in modo sempre più puntuale e penetrante, mettendo al primo posto l’interesse dei consumatori. «Solo così», ha concluso Veroli, «il passaggio della definizione da credito al consumo a quella di credito al consumatore, di cui parla la disciplina europea, acquisirà valore sostanziale e non solo formale».

 

 


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