Salute

A rischio i farmaci salvavita indiani

La colpa secondo MSF di India e (soprattutto) Unione Europea

di Joshua Massarenti

DA BRUXELLES – I negoziati tra India e Commissione europea per un accordo di libero scambio (Free Trade Agreement, Fta) lanciati nel 2007 stanno entrando in una fase caldissima. Questa settimana, una delegazione indiana si incontrerà a Bruxelles con la squadra del commissario europeo per il Commercio, Karel De Gucht, per portare avanti le trattative sui rapporti commerciali tra le parti in vista del Summit UE-India previsto in ottobre 2010. Per Medici senza frontiere, si tratta “di una delle ultime possibilità l’ultima possibilità per rimuovere le disposizioni restrittive che minacciano l’accesso ai farmaci per milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo”.

In una conferenza stampa tenutasi stamane a Bruxelles, Michelle Childs, responsabile della Policy per la Campagna di Msf per l’Accesso ai farmaci salvavita, ha dichiarato che “né il ministro indiano del Commercio, né il commissario europeo per il Commercio hanno dato formale assicurazione che le disposizioni in materia di farmaci generici e accesso ai farmaci siano escluse dal tavolo delle trattative. Continueremo a batterci finché non saremo sicuri che queste disposizioni saranno lasciate ufficialmente e inequivocabilmente fuori dagli accordi”.

Nell’ultimo decennio, l’India ha assunto la leadership mondiale nella produzione  e nell’esportazione di farmaci generici che hanno consentito e consentono tutto’ora di salvare la vita a milioni di persone colpite dal virus dell’HIV. Nel 2000, una cura anti-HIV costava a persona 12mila dollari all’anno. Oggi, grazie ai farmaci generici il prezzo dei trattamenti per combattere il virus è sceso a 80 dollari all’anno per persona.

Secondo l’ultimo rapporto pubblicato da UNAIDS nel dicembre 2009, nel mondo si contano 33,4 milioni di sieropositivi, il 71% dei quali vivono in Africa sub-sahariana. Dall’India proviene l’80% dei farmaci antiretrovirali usati dall’organizzazione umanitaria nei propri progetti. Senza medicine di qualità e a costi contenuti come quelli indiani, riferisce MSF, “sarebbe stato impossibile portare i trattamenti per la cura dell’Aids ai livelli attuali e non si sarebbero potute salvare milioni di vite. Attraverso il loro contributo al Fondo Globale per Aids, tubercolosi e malaria, e ad altre agenzie sanitarie internazionali, i cittadini europei finanziano programmi che, grazie ai medicinali indiani, possono curare molte più persone”. Msf e altre organizzazioni sono però preoccupate che l’Unione Europea possa compromettere tutto questo.

A suscitare le preoccupazioni dell’ong sono una serie di disposizioni e restrizioni “allarmanti” contenute nell’ultima bozza dell’accordo UE-India risalente allo scorso 21 aprile. La prima disposizione riguarda “l’esclusività dei dati” che Bruxelles vuole introdurre in India: se così fosse, le aziende produttrici che volessero registrare e immettere sul mercato un farmaco generico sarebbero costrette a ripetere tutti i test clinici.

L’esclusività dei dati è valida dai cinque ai nove anni, un periodo durante il quale l’autorità di regolamentazione dei farmaci di un paese è costretta ad ignorare i dati dei test clinici effettuati da un’azienda per registrare un farmaco generico. Attualmente in India un farmaco di questo tipo può essere registrato se l’azienda produttrice prova che questo farmaco è sul piano terapeutico equivalente alla versione originale. Lunghi test clinici non sono richiesti dall’Authority.

Ma con la nuova disposizione, questi test sono richiesti, con la conseguenza per l’azienda produttrice di dover sopportare costi enormi. Ciò ritarderebbe o addirittura impedirebbe la registrazione delle versioni generiche, e sarebbe anche una violazione dell’etica medica perché i pazienti sarebbero sottoposti a inutili rischi con test clinici i cui risultati sono già noti.

Una seconda disposizione messa sotto accusa da MSF è l’estensione del periodo di validità di un brevetto, cioè al di là dei 20 anni attualmente previsti. Secondo MSF, l’UE giustifica questa sua richiesta al fine di “includere il tempo necessario all’autorità di regolamentazione dei farmaci di esaminare una richiesta di registrazione o il tempo che un ufficio di brevetti spende per prendere in esame una domanda di brevetto”.

Il prolungamento del periodo di brevetto su un farmaco consente secondo MSF a un’azienda farmaceutica di prolungare una situazione di monopolio sul mercato e sfruttare l’assenza di un equivalente generico per vendere il suo farmaco a un prezzo inaccessibile per i più poveri.

Infine, negli ultimi anni una serie di farmaci generici indiani destinati a paesi in via di sviluppo e in transito sul continente europeo sono stati sequestrati dalle dogane UE sulla base di regimi di protezione frontaliera fondati sulla proprietà intellettuale. Queste regolamentazioni ricorda MSF consentono ai proprietari di brevetti di chiedere agli agenti doganali di intervenire su merci suscettibili di violare il diritto alla proprietà intellettuale. Oltre ad essere molto più severe rispetto agli obblighi imposti alle autorità doganali internazionali dal WTO con l’accordo TRIPS, queste regolamentazioni sono per MSF “un ostacolo alla libera circolazione di farmaci generici tra paesi in via di sviluppo”.

Insomma, la battaglia tra le ong del Sud del mondo capeggiate in Europa da MSF, e il commissario De Gucht è lungi dall’essersi conclusa. Del resto, a inferocire la società civile è stato, tra le altre cose, la promessa fatta nel gennaio scorso dal commissario UE per il commercio durante la sua audizione al Parlamento europeo: all’epoca, De Gucht si era impegnato a seguire “molto da vicino” i negoziati con l’India, e ad assicurarsi che i termini di ogni accordo concluso “non ostacolino il libero-scambio dei farmaci generici”. Ma per Medici senza frontiere, alle promesse fatte dal commissario non sono seguiti i fatti.

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