Welfare

Salgono a 58 i decessi da inizio anno

L’ultima vittima era a Secondigliano. La media rimane di un caso ogni due giorni.

di Redazione

Il cadavere di Antonio Zingaro, 40enne di origini pugliesi, è stato rinvenuto da un agente di polizia penitenziaria intorno alle 5 di ieri mattina sul pavimento della sua cella, in un braccio speciale del carcere napoletano di Secondigliano, dove scontano la pena i detenuti che hanno visto revocato il programma di protezione per i collaboratori di giustizia e dunque a rischio di eventuali vendette, anche dietro le sbarre, per le loro confessioni.
Secondo le prime ricostruzioni, nella cella non sarebbero stati rinvenuti elementi che ricondurrebbero ad un suicidio, ma per tutta la giornata di ieri la stessa cella è stata passata al setaccio dalla polizia giudiziaria della Procura partenopea, per vagliare ogni ipotesi.
Sarà l’autopsia, disposta dal pubblico ministero di turno della Procura della Repubblica di Napoli, ad accertare le cause della morte: negli ultimi tempi Zingaro aveva accusato problemi di salute, ma  secondo alcuni investigatori che lo conoscevano bene, non tali da lasciar presagire la morte. L’esame autoptico dovrà dunque accertare qual è la causa del decesso del quarantenne andriese e quindi stabilire se si tratti di un’improvvisa morte naturale, oppure no. Un atto dovuto, tanto più per i decessi che avvengono in carcere.
Con la morte di Antonio Zingaro salgono a 58 i decessi in carcere da inizio anno (7 solo in aprile): 38 di loro avevano meno di 40 anni (il 66% del totale). Nel dettaglio: 18 avevano tra i 20 e i 30 anni; 20 tra i 31 e i 40 anni; 12 tra i 41 e i 50 anni; 6 tra i 51 e i 60 anni; 2 erano ultrasessantenni (il più anziano Emanuele Carbone, di 71 anni, morto nel carcere di Lecce lo scorso 31 marzo).
A Secondigliano, invece, l’ultimo decesso si era verificato il 18 marzo, quando morì (per cause ancora da accertare) un detenuto italiano di 29 anni. Negli ultimi 5 anni nel carcere napoletano sono morti 27 detenuti, di cui 8 per suicidio.

 

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