Welfare

Politrasfusi ed epatite, chi può risarcire?

Sanità. Risponde EpaC, l’associazione onlus sull'educazione, prevenzione ricerca contro l'epatite C

di Antonietta Nembri

Mia madre da trent?anni è ammalata di una anemia molto rara, contratta in gioventù dopo anni di insufficienza renale, e pratica la dialisi giornaliera a casa. Vi scrivo per sapere cosa possiamo fare per far valere i diritti di una ammalata che ha contratto l?epatite C dopo aver effettuato circa 130/150 trasfusioni. Dal distretto di Perugia è stata mandata la sentenza definitiva all?assessorato della Sanità dell?Umbria e poi all?interessata: l?epatite C è stata contratta mediante trasfusioni, ma non era dovuto nessun risarcimento. Possiamo appellarci a questa odiosa e incredibile sentenza? A chi dovremmo rivolgerci? Sergio L. (email) Risponde a Sergio, Ivan Gardini, presidente dell?associazione EpaC onlus, nata nel 2004 dal Comitato EpaC che era sorto con l?obiettivo di creare i presupposti per dare vita a un?associazione vera e propria e sviluppare e affinare un know how operativo su counselling, educazione, prevenzione e informazione che sta per l?appunto alla base del lavoro quotidiano che ha portato l?EpaC a essere un gruppo non profit particolarmente «attivo nel fornire assistenza informativa sull?epatite C come testimoniano le oltre 40mila consulenze fornite». L?associazione è membro della Federazione Liver Pool, dell?Aisf -Associazione italia studio fegato, e dell?Elpa. Gardini sottolinea come dalla lettera si «possa ipotizzare che la madre abbia seguito l?iter per la richiesta di indennizzo previsto dalla legge 210/92 e che la Commissione medico ospedaliera abbia riconosciuto il nesso di causa, ma respinto la domanda. In questo specifico caso la domanda viene respinta per due motivi, il primo dei quali è la mancata ascrivibilità tabellare. «In sostanza», spiega Gardini, «la Commissione ritiene che non vi sia malattia cronica in corso (si tratta di un presupposto per riconoscere il contributo economico). La seconda ragione è la decorrenza dei termini. La domanda è stata fatta dopo i tre anni previsti dalla legge 210/92 entro i quali il danneggiato da epatite deve inoltrare richiesta all?Asl di appartenenza». A questo punto Gardini ricorda che «la legge in entrambi i casi prevede la possibilità di fare ricorso entro 30 giorni dalla notifica del verbale della Cmo, e sarebbe stato opportuno farlo poiché sono motivazioni facilmente ribaltabili in sede di ricorso o alla peggio in sede giudiziaria». Inoltre il presidente di EpaC ricorda al nostro lettore che «se questo non è stato fatto, può avvalersi della consulenza del legale dell?associazione». Per il risarcimento del danno biologico e morale la questione è più complessa poiché, ricorda il presidente di EpaC, «una recente sentenza di Cassazione – Danno da emotrasfusione e responsabilità civile del ministero della Salute – Cassazione , sez. III civile, sentenza 31 maggio 2005 n.11609 – ha sancito il discutibile assunto che possono usufruire del risarcimento soltanto i danneggiati che sono stati contagiati da epatite C dal 1988 in poi. Benché criticabile e deludente, tale sentenza rappresenta un punto fermo. In qualsiasi caso, la documentazione clinica andrebbe esaminata approfonditamente prima di poter fornire un parere definitivo». Il punto Indennizzi, c’è una via Che fare quando viene riconosciuto che l?epatite C è stata contratta attraverso le trasfusioni, ma non si ottiene un risarcimento? Il presidente dell?associazione EpaC, Ivan Gardini, da un lato ricorda la possibilità di poter fare comunque ricorso, dall?altro fa riferimento anche a una recente sentenza della Cassazione per gli indennizzi ex lege 210/92. Da lui l?invito a fare riferimento sia alle informazioni online sull?associazione (www.epac.it) sia al sito: www.indennizzolegge210.it


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