Famiglia

Seni Camara, le dee madri che sfidano la guerriglia

Il personaggio. Chi è la protagonista della mostra alla Fabbrica del vapore di Milano

di Emanuela Citterio

A viaggiare per lei sono le sue dee madri di terracotta grondanti di figli. Seni Camara, invece, non esce quasi mai dal suo villaggio, nella regione della Casamance, in Senegal. Scuote la testa annoiata quando le chiedono di seguire le sue opere fino alla capitale Dakar, figurarsi in giro per il mondo. Sono le sue sculture, da una decina d?anni a questa parte, a partire per lei verso sedi espositive internazionali come il Beaubourg di Parigi e la Biennale di Venezia. A lei è dedicato un intero capitolo del volume Contemporary African Art di André Magnin. E una delle scultrici più celebri, Louise Bourgeois, si è innamorata delle sue terracotte fino a definirla la maggiore scultrice contemporanea. Dal 14 dicembre una ventina delle sue opere saranno in mostra a Milano, alla Fabbrica del vapore, per l?evento Milano Africa organizzato da Vita Club in collaborazione con Cesvi, organizzazione non governativa che opera in Senegal. Come sia riuscita, Seni, a bucare i confini geografici e culturali intorno alla produzione artistica nel continente africano, senza abbandonare il cortile di casa sua è uno dei misteri che la riguardano, ma ce ne sono molti altri. Una vita piena di misteri A saperne qualcosa è l?esperto di arte contemporanea Isaia Mabellini, in arte Sarenco, a Milano per inaugurare l?esposizione di un altro artista africano, il pittore George Lilanga (in mostra dal 2 dicembre a Fabbrica Eos, piazzale Baiamonti 2). «?Seni Camara è morta 15 anni fa?, mi sono sentito rispondere la prima volta che ho chiesto di lei, alla proprietaria di una galleria francese di Dakar», racconta. «Ero partito alla sua ricerca folgorato dalle sue sculture in mostra a Parigi. In realtà lei è viva e vegeta, ma circolano molte leggende, tra cui quella che la sorella gemella avrebbe ucciso la vera Seni Camara sostituendosi a lei». Seni Camara ha circa 60 anni e vive a Bignona, nella regione della Casamance dove la guerriglia rivendica l?indipendenza rispetto al resto del Senegal. «Non c?è bisogno di indirizzo, basta andare al mercato e chiedere di lei», continua Sarenco. «La prima volta l?ho incontrata lì, seduta sul marciapiede. L?ho riconosciuta per aver visto una sua foto al museo Pompidou. Chiedo all?autista di tradurle in wolof che sto organizzando una serie di mostre e vorrei comprare qualche sua scultura. Lei mi guarda torva e risponde che non le interessa. Allora mi arrabbio e le dico in italiano che sono venuto fino a lì, attraversando la zona di guerriglia, solo per vedere lei, e che non può liquidarmi così. Lei mi guarda e dice, ammiccando all?autista: ?simpatico?. Mi chiede di regalarne del tabacco da masticare a una bancarella del mercato. Gliene prendo una fascina intera e lei scoppia a ridere, mi abbraccia e decide di portarmi nel suo studio». Bambini protagonisti Lo studio di Seni Camara è una casa col tetto in lamiera, in mezzo a un cortile dove bazzica sempre qualche bambino. C?è qualcosa di autobiografico nell?espressione dell?esasperata fertilità che caratterizza le sue opere. Seni Camara non ha figli. In Africa, dove non avere figli è uno stigma più che altrove. I bambini per il cortile sono i figli che suo marito, scomparso da poco, ha avuto con altre mogli, oppure altri bambini del villaggio. Lei, donna scultrice senza figli, è una doppia eccezione nel popolo dei diola. Il nonno ha insegnato a lei la scultura solo perché era l?unica discendente: di solito è l?uomo a rapportarsi con il mondo animista. Sculture e pomodori «Quando le sue opere hanno cominciato a uscire dalla Casamance, i guerriglieri le hanno distrutto tutto, accusandola di tradimento», racconta Sarenco. E lei cosa ha fatto? «Ha aperto un banchetto di verdura al mercato ed è stata per cinque anni senza far nulla. Poi ha ricominciato a fare qualche piccola scultura che vendeva insieme ai pomodori, finché non è arrivato Jean Hubert Martin, l?ex direttore del Pompidou». Oggi Seni Camara continua a dare forma alle sue terrecotte. Le impasta nella terra, poi va da sola nel bosco e scava grandi buche dove fa cuocere le sue sculture. Accende il fuoco e danza frenetica, con gesti e parole da sacerdotessa. Quando tutto è finito si quieta, tira fuori le sue sculture e le porta via. «Del successo delle sue opere le importa poco», dice Sarenco. «Per caso sono venuto a sapere che hanno fatto anche un film su di lei e un giorno gliene ho parlato. Ha tirato fuori due videocassette dal pollaio. Non le aveva mai viste». Per saperne di più: Paola Mattioli, Regine d?Africa (Adriano Parise editore) Cooperazione allo sviluppo La rete delle Ong in Senegal cospe è una ong di Firenze presente da più di un ventennio nella regione della Casamance, dove la guerriglia rivendica l?indipendenza dal resto del Senegal. I progetti vanno dal sostegno all?agricoltura alla promozione dell?artigianato, alla creazione di infrastrutture sanitarie e educative, all?approvvigionamento idrico, alla difesa dei diritti dell?infanzia. Info: www.cospe.it acra, cesvi, cisv, coopi, comi, cps, mais, lvia sono le altre 8 organizzazioni non governative italiane presenti in Senegal. Quelle europee sono in tutto 26, attive con progetti di sviluppo in particolare a Dakar e nella regione settentrionale di Louga. Alla fine del 2002 le ong europee hanno creato a Dakar una piattaforma comune. Info: www.ong.it www.ausenegal.com/plateforme-ong


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA