Non profit

Estate di fuoco a San Vittore

Lettere dal carcere

di Cristina Giudici

Questa è la lettera che avrei voluto ricevere, ma che invece non è mai arrivata in redazione. Solo un tam tam, qualche parola, qualche voce di radio carcere, incontri. Dicono la storia di un?estate come tante a San Vittore, e mettendo insieme una tessera dopo l?altra, una parola dopo l?altra ve la vogliamo raccontare. Il direttore del carcere, Luigi Pagano, è andato in vacanza a godersi un meritatissimo riposo perché anche anche quest?anno ha combattuto da solo contro i titani per disinnescare il detonatore della bomba a orologeria che noi cittadini comuni conosciamo semplicemente con il nome di San Vittore. Gli agenti della polizia penitenziaria, che si offendono ad essere chiamati secondini, hanno molto caldo e sono molto innervositi dal turno d?agosto. L?atmosfera è più tesa del solito e la convivenza è difficile. Le provocazioni sono all?ordine del giorno e poi, come si dice: ?quando il gatto non c?è i topi ballano?. Durante il pranzo una guardia consegna un coltello vero a un detenuto invece di dargli quello di plastica, ma lui non accetta la provocazione e lo rifiuta. Il brigadiere del raggio, forse un po? più esaltato di quello che ci sarà a settembre, ride dell?occasione perduta. Non importa, tanto si rifarà nel bronx, il raggio destinato agli extracomunitari, quello dove anche gli italiani più miserabili si rifiutano di andare. Lì fa ancora più caldo, quasi non si respira. I muri sono di carta e il sovraffollamento è maggiore, sono otto in una stessa cella, qualcuna senza finestra; entrano i topi e d?inverno c?è sempre molta umidità. La prima volta è successo alla fine di luglio, si è sentito gridare a lungo. Ad essere picchiato è stato un diciannovennne genericamente extracomunitario, poi ad agosto è stata la volta di un tossico e, nell?ultima settimana del mese, una sera una guardia aveva bevuto e un detenuto senegalese era riuscito ad avere più vino da qualche altro compagno in cambio di un favore. Gli animi si sono surriscaldati e secondo radio carcere qualcosa poi è successo, perchè difficilmente a San Vittore si muore di cause naturali, soprattutto quando un detenuto arriva in infermeria per emorragia interna. Nella lettera che avremmo voluto ricevere ci sarebbe stato scritto anche che la pratica di picchiare gli stranieri è più diffusa di quanto si pensi, c?è sempre un motivo buono per punire chi non ha diritti. I ?benficiari? sono cittadini di un?ampia area geografica: dai paesi balcanici a quelli mediorientali. Nonostante sia questa una pratica contro cui il direttore si batte da sempre. Abou Wagne morto il 26 agosto scorso nella sua cella di San Vittore era finito in carcere per avere scippato un barbone. Nella lettera che invece abbiamo ricevuto qualche mese fa dai detenuti stranieri del bronx di San Vittore si diceva :«Noi stranieri non abbiamo nessun diritto e se dipendesse da quelli che ci sorvegliano, dovremmo morire tutti. Abbiamo paura, siamo soli in balia delle guardie, aiutateci» E allora questa lettera che sono stata costretta a comporre sulle voci e sulle onde fragili di radio carcere potrebbe essere anche reale. Reale da morire.


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