Salute
Sessione Onu sull’Aids. Il bilancio di Marelli
Il presidente dell'Assemblea delle ong italiane era a New York. A Vita affida il suo commento
Leadership ai singoli Paesi beneficiari; coordinamento delle azioni; partenariato tra governi, istituzioni internazionali, organizzazioni della società civile e settore privato; solidarietà: queste le parole chiave per la riuscita della lotta contro l?AIDS pronunciate dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Koffi Annan nella seduta di apertura della Sessione Speciale dell?Assemblea delle Nazioni Unite tenutasi a New York dal 25 al 27 giugno u.s.
Per tre giorni le delegazioni di 189 Governi hanno discusso e confrontato le rispettive strategie per contrastare con ogni mezzo il dilagare di questa tragedia che affligge, con crescita esponenziale, il nostro pianeta ed in particolare i Paesi in Via di Sviluppo. Strategie, mezzi e risorse che devono urgentemente essere definite e applicate per impedire che i 36 milioni di persone oggi affette da AIDS si debbano arrendere ad un destino predefinito che, nel 2000, è toccato a 2.6 milioni di esseri umani.
Senza dubbio, la proposta più attesa e dibattuta è stata quella della creazione di un Fondo Globale per la Sanità proposto da Koffi Annan per la lotta alle tre grandi epidemie che affliggono il mondo: la malaria, la tubercolosi e l?AIDS. Un fondo che, nei desiderata del Segretario Generale, deve essere costituito entro il 2001 per raggiungere il traguardo minimo di 10 miliardi di dollari entro il 2006 con il contributo di tutti: governi del Nord e del Sud, imprese private, multinazionali, singoli cittadini. Uno strumento di portata eccezionale, che nei suoi meccanismi gestionali incontra ancora perplessità e dubbi che dovranno essere urgentemente risolti e definiti a partire dal coinvolgimento di tutti gli attori, comprese le organizzazioni ed i rappresentanti dei ?beneficiari? – le persone che vivono con l?AIDS.
A giudicare da quanto accaduto a New York, non si può certo dormire sonni tranquilli. Come sottolineato a più riprese, alla Sessione Speciale non hanno potuto prendere parte alcuni delegati accreditati. Il motivo: ?il governo della più grande democrazia mondiale, gli USA,? ha commentato un rappresentante asiatico della Croce Rossa internazionale, ?ha rifiutato il visto di ingresso ad alcune persone dichiaratesi affette da AIDS?. E nella prima giornata dei lavori si è rischiato di veder stravolto il calendario degli eventi a causa della forte ostruzione da parte dei alcuni Paesi islamici alla partecipazione alle tavole rotonde di approfondimento e discussione di un organismo rappresentante i gay e le lesbiche. Ostruzionismo continuato nel prosieguo dei lavori e che ha obbligato i delegati dei governi partecipanti a compiere una notevole mediazione al ribasso sul testo della dichiarazione politica conclusiva della Sessione Speciale, onde evitare che si tornasse a casa senza nemmeno la sottoscrizione degli impegni formali ritenuti nel documento approvato nella sessione conclusiva di mercoledì 27 giugno.
Alla luce di ciò, e dopo aver ascoltato le ripetute dichiarazioni da parte dei governi circa la fondamentale importanza del coinvolgimento – nei processi decisionali e nei meccanismi di gestione della lotta alla malattia – della società civile nelle sue multiformi e competenti articolazioni in materia di lotta all?AIDS, in particolare dei cosiddetti ?gruppi vulnerabili?, viene ancora una volta spontaneo domandarsi quanto degli impegni sottoscritti corrisponderà a misure ed azioni concrete. E? sintomatico il fatto che nella maggioranza degli interventi governativi la povertà sia stata addotta come una delle cause principali del propagarsi dell?epidemia, e che il raggiungimento dell?obiettivo dello 0,7% del PIL da destinarsi all?Aiuto Pubblico allo Sviluppo da parte dei Paesi ricchi resti la misura più urgente ed efficace per la lotta all?AIDS. Povertà che è madre della disinformazione, della violazione dei diritti umani fondamentali come l?educazione, le cure sanitarie, la sicurezza alimentare, la casa ed il lavoro. Povertà – è stato anche questo detto con grande determinazione – aggravata dal fardello del debito estero la cui cancellazione è richiesta come un?altra imprescindibile condizione per l?efficacia di ogni altra misura straordinaria, ancorché necessaria, per fermare l?espandersi della malattia.
Impegni strutturali, quindi, capaci di garantire al di là di iniziative spot il necessario rafforzamento delle strutture sanitarie di base di Paesi poveri, unica garanzia per la riuscita di una impresa così ardua e così necessaria per il pianeta.
Impegni e meccanismi duraturi che devono garantire che la proposta del Fondo Globale sia assolutamente un strumento aggiuntivo, straordinario, che deve essere complementare alle risorse già disponibili.
Un Fondo supportato da un?analisi a livello mondiale che approfondisca con più puntualità i bisogni e le necessità di ogni singolo paese, da una struttura gestionale snella e basata sulle competenze già disponibili, da meccanismi agili e semplici per la sua attuazione, e che soprattutto preveda una gestione partecipativa già a livello decisionale. Queste caratteristiche, evocate dai governi presenti a New York, hanno riscosso il parere favorevole dei rappresentanti della società civile ivi convenuti. E, senza dubbio, hanno trovato grande eco e adesione in alcuni esponenti del settore privato che, nello spirito di partenariato voluto da Koffi Annan, erano ben presenti alla Sessione Speciale. E? il caso, ad esempio, della Bill and Melinda Gates Foundation (non è un caso di omonimia!) che oltre ad aver garantito un contributo significativo al Fondo ha presentato, nel corso di uno degli eventi paralleli, un?ulteriore iniziativa alla quale contribuisce con il 75% dei fondi totali (pari a 750 milioni di dollari): la Global Alliance for Vaccines ad Immunization. Questa alleanza promuove, in effetti, una delle questioni più interessanti per uno sviluppo positivo della lotta all?AIDS, cioè la messa a punto e la diffusione di un vaccino contro l?AIDS, da tutti ritenuto oggi come la misura più efficace di lotta. Che tanta filantropia non sia unicamente suscitata da questa nuova inestimabile area di mercato sarà possibile verificarlo quando si tratterà di mettere in pratica un?altra delle unanimi richieste avanzate dai PVS a New York: l?abbattimento dei costi dei farmaci curativi, in particolare della categoria degli anti retrovirali, così da renderli accessibili a tutti. L?elemento ?costo?, infatti, resta uno degli ostacoli che maggiormente impediscono una capillare e diffusa azione di lotta. Molto più di quanto non possano esserlo i protocolli terapeutici che tanti ritengono inapplicabili nei Paesi sottosviluppati. E se ciò ha un suo fondamento, non si può certo dimenticare che all?inizio dell?epidemia nei Paesi ricchi gli effetti delle cure che ancora non disponevano delle attuali tecniche e tecnologie sofisticate hanno comunque prodotto risultati grandemente superiori a quelli ottenuti ad oggi nel Sud.
Certo, non può essere tutto subordinato alla mobilitazione internazionale. I Paesi in Via di Sviluppo devono anch?essi dimostrare la loro determinazione nell?impegnarsi con ogni misura in questa battaglia. Alcuni mesi orsono ad Abuja i governi africani si sono formalmente impegnati a destinare il 15% del loro PIL alla sanità, e questo con una priorità assoluta per la lotta contro l?AIDS. La leadership della gestione delle strategie che si andranno definendo – da essi a giusto titolo avocata – deve andare di pari passo con la promozione di azioni concrete a favore delle rispettive popolazioni. Risorse sufficienti, strategie definite, piani sanitari, ma innanzitutto un?azione di prevenzione assolutamente più incisiva. Questo è senza dubbio il punto di convergenza di tutti i partecipanti, del Sud come del Nord, scienziati e politici, governi e società civile: la lotta all?AIDS è innanzitutto da condurre sul piano della prevenzione, dell?informazione e dell?educazione. ?La mobilitazione delle organizzazioni della società civile e delle ONG ed il coinvolgimento di diversi attori che queste ultime hanno saputo innescare, trovano in questo particolare campo un modello dal quale i governi devono trarre esempio?. Non sono parole partigiane di un rappresentante delle ONG, ma quelle pronunciate dal Segretario Generale delle Nazioni Unite in uno degli eventi tenutisi nell?ambito della Sessione Speciale di New York.
Le riflessioni qui sopra brevemente accennate sono state, insieme a molte altre, quelle che hanno caratterizzato il dibattito a New York. Discussioni che hanno portato all?approvazione per acclamazione della ?Dichiarazione di impegno su HIV/AIDS? da parte di tutte le delegazioni governative presenti. Un documento politico importante e largamente condiviso anche dalle ONG presenti. Per certi versi, impegni anche ambiziosi che da un lato corrispondono all?urgenza ed all?ampiezza del problema AIDS, dall?altro rischiano di restare, come spesso abbiamo costatato, dichiarazioni formali che non vengono poi applicate. E? il caso, forse, del calendario fissato che prevede, ad esempio, per il 2005 la riduzione del 25% della prevalenza dell?AIDS nei giovani dai 15 ai 24 anni dei paesi maggiormente colpiti; di garantire i pieni diritti per le persone affette da AIDS entro il 2003; od ancora l?allocazione di risorse pari a 7 ? 10 miliardi di dollari per la lotta all?AIDS da parte dei Paesi a basso e medio reddito. Non vogliamo certo essere pessimisti, ma probabilmente la giornata che annualmente l?Assemblea Generale delle Nazioni Unite dovrà riservare – come stabilito nella dichiarazione finale – alla valutazione dei progressi conseguiti nell?attuazione degli impegni assunti a New York sarà una giornata di duro lavoro. Da parte delle ONG l?impegno di monitorare e far pressione perché ?si faccia sul serio? è un compito che si somma al lavoro quotidianamente svolto da molte di esse tra la gente affetta da quella che rischia di diventare una delle tragedie del nostro secolo.
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