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Iraq: 400 ribelli hanno preso per alcune ore il controllo di Ramadi
I miliziani si sono poi ritirati, e i marines Usa negano che ci sia stato un attacco su vasta scala. Intanto il Times paragona Bush a Nixon...
Quattrocento ribelli armati e mascherati hanno attaccato stamane con colpi di mortaio e razzi la base americana a Ramadi e il palazzo locale del governo occupando subito dopo i punti cruciali della citta’, predisponendo check point e lanciando volantini firmati Al Qaida. Gli uomini hanno iniziato a pattugliare le vie principali di Ramadi, situata a ovest di Baghdad e da tempo roccaforte della guerriglia, e hanno eretto posti di controllo all’entrata e all’uscita della citta’.
Nei volantini distribuiti alla popolazione e affissi sui muri era scritto che Al Qaida in Iraq, il gruppo guidato dal terrorista Abu Musab al-Zarqawi, aveva preso il controllo della citta’. Sui volantini si leggeva anche questa frase: ”I seguaci (di Al Qaida) daranno fuoco agli americani e li cacceranno indietro alle loro case con la forza. L’Iraq sara’ un cimitero per gli americani e i loro alleati”. I miliziani di al-Qaida hanno iniziato la vasta operazione attaccando in mattinata la base Usa fortificata, situata al centro della citta’, e il palazzo del governatore della provincia, non lontano.
Le autorita’ militari americane hanno poi dichiarato che non c’è stato alcun attacco su vasta scala e che i ribelli si sono già ritirati.
Intanto oggi il New York Times commenta con durezza il discorso pronunciato da George Bush all’Accademia navale di Annapolis, Maryland, con cui il Presidente ha delineato quella che a suo dire e’ la ‘strategia per la vittoria in Iraq’. Argomenti triti che ricordano quelli di ”Lyndon Johnson negli anni Sessanta, Richard Nixon negli anni Settanta e George Bush senior negli anni Novanta”.
”E’ ormai chiaro da mesi che gli americani non credono che la guerra stia andano bene, hanno bisogno di sentire che il presidente Bush lo riconosca – si legge in un editoriale dal titolo ‘Il piano, vincere’ – Avrebbero voluto vedere il presidente imparare dai suoi errori e aggiustare il tiro, elaborare un piano realistico per rendere l’Iraq sufficientemente sicuro per il ritiro delle truppe americane. Gli americani andavano rassicurati sulla realta’ della guerra. E invece Bush e’ tornato a battere su argomenti gia’ noti, preceduto questa volta da un ”voluminoso documento dal titolo Strategia nazionale per la vittoria in Iraq”.
Il ‘Times’ cita uno dei classici esempi cui ricorre Bush per dimostrare i progressi raggiunti in Iraq, la presenza sempre piu’ massiccia sul territorio di forze regolari irachene. ”E’ vero se si crede che un Paese si possa costruire sul cambio d’abito: queste forze sono composte da milizie che controllano molte di quelle aree fin dalla caduta di Saddam Hussein, solo che ora indossano la divisa del’esercito iracheno”.
”Bush odia paragoni tra il Vietnam e l’Iraq – si legge infine – Ma dopo aver visto il presidente, e’ impossibile non andare a rileggere il discorso di Nixon. Basta sostituire il processo costituzionale iracheno con gli accordi di pace di Parigi e le idee di Bush sull’esercito iracheno non sono poi cosi’ diverse dai piani di Nixon, con la sola differenza che Nixon ammise che le cose non andavano bene (cosa piu’ semplice per lui non avendo iniziato la guerra) e fu molto chiaro sui rischi e sugli enormi sacrifici da affrontare”.
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