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Un omosessuale per amico, storia di tolleranza e solidariet

Intervista a Ferzan Ozpetek, regista di "Le fate ignoranti" , film rivelazione di quest'anno

di Redazione

Il suo terzo film, Le fate ignoranti, è stato appena celebrato in America da un lungo articolo sul New York Times come la rivelazione cinematografica italiana. Ferzan Ozpetek, giunto in Italia dalla Turchia, ormai una ventina d?anni fa per studiare cinema, all?Accademia d?Arte Drammatica Silvio D?Amico, dopo la pratica come assistente di Ponzi e Marco Risi, è diventato subito un regista di culto, con Il bagno turco e Harem suaré, due pellicole visionarie, mentre con Le fate ignoranti ha voluto raccontare una sua storia personale, quella di omosessuale che condivide lo stesso tetto con etero e trans, in un palazzo al quartiere ostiense di Roma. La vicenda – il cui titolo deriva da un disegno di Magritte, La fata ignorante – è l?incontro tra una moglie (Margherita Buy) rimasta presto vedova e un ragazzo che hanno amato lo stesso uomo. Un film sulla tolleranza che è un?apologia dell?accoglienza. Una scena per tutte: quando la donna turca che tiene in ordine la complicata casa di via ostiense racconta la sua prima volta in quella casa. Era arrivata da Istanbul a Roma, 5000 chilometri per cercare una vita diversa. E non l?aveva trovata. «Poi un giorno ero rimasta senza sale. Ho fatto i cinque piani sin qui per chiedere se ne avevano, ha aperto Michele (Stefano Accorsi nel film). Mi ha guardato. Ha visto com?ero affaticata e mi ha detto: ?Tu hai bisogno dei sali più che del sale?. Mi ha fatto entare per prendere fiato, e da quella casa non sono più uscita. Per trovare una vita diversa ho fatto 5000 chilometri. Mi mancavano solo quei 5 piani di scale». Vita: Il suo terzo film quindi è un invito a fidarsi del prossimo? Ferzan Ozpetek: Certo, a prescindere dalle differenze di religioni e sessuali. è il mio modo di vedere le cose. Penso che sia essenziale nella vita vivere le proprie emozioni senza alcun bavaglio o censura. Credo che i sentimenti viaggino al di sopra di preferenze sessuali o differenze sociali: ti puoi innamorare di un operaio o di un industriale. Vita: Lo stereotipo suggerito dalla tivù (vedi Commesse, la fiction della Rai o Il bello delle donne a Mediaset) vuole che essere omosessuali significhi dire essere buoni e buonisti o più aperti mentalmente. Ozpetek:Non credo che sia così nella realtà. Ho tanti amici che hanno degli orizzonti chiusi. Per me la situazione ideale, ancora oggi, è trovare una persona a cui dedicare tutta la vita, con totale abnegazione. Solo questo è amore vero, quando ci si dedica totalmente all?altra persona. Che la tolleranza sia un fatto degli omosessuali non mi piace. Preferisco una situazione in cui le persone siano tolleranti non per la loro scelta sessuale. Se una persona di colore è tollerante, è giusto che lo sia, ma se una persona che non ha nessun tipo di discriminazione evidente è intollerante, questo non lo posso permettere. Vita: L?omosessualità da una condizione di diversità rivendicata a una più pacificata. Pensa che ci sia stata questa evoluzione negli ultimi anni? Ozpetek: Quando uno dice che è orgoglioso di essere omosessuale non è che si sente orgoglioso di quello che è. Il problema è non essere considerati un insulto, una vergogna, qualcosa da nascondere a mamma e papà che preferirebbe piuttosto avere un figlio che va a rubare piuttosto che… Io sono comunque dalla parte delle persone diverse: se in un futuro esistessero un Romeo e Giulietta, entrambi etero, costretti a nascondersi per amarsi, in una città fantomatica di omosessuali, e un giorno si riunissero in piazza per manifestare il loro diritto di esistere, nell?ambito dell? ?eterosessuale pride?, io correrei lì e manifesterei con loro. Vita: Della propria differenza, fa un vessillo? Ozpetek: Io non so se sono omosessuale o etero. Ho amato delle donne che magari un uomo non poteva amare così fortemente come le ho amate io e magari quell?uomo non gli avrebbe dato le cose io le ho dato. Ho avuto le mie storie di donne e di uomini nella mia vita, non ho mai avuto una cosa soltanto e questo mi fa molto piacere perché apre molto il mio immaginario. Trovo che sia la sessualità delle persone che conta, non un qualcosa da incasellare in un settore. Vita: Tornando al Gay Pride che lei ha filmato nei titoli di coda: quelle scene appaiono come un grande momento di festa, non un momento rivendicativo. Ha colto solo le immagini più festose? Ozpetek: è davvero stato così. C?erano più etero che omo, più famiglie che single. Vita: Ha filmato anche le bandiere dei Verdi, ha un?anima ecologista? Ozpetek: Assolutamente sì. Trovo che quelli che parlano tanto contro l?omosessualità e parlano tanto dei valori e della famiglia, poi non dedicano attenzione alla terra che lasceranno in eredità. Vita: Oggi si studia la nuova realtà sociale descritta nel suo film, la condivisione di affetto, aiuto, l? essere di sostegno gli uni per gli altri, in un?atmosfera equilibrata e amorevole, proprio come dovrebbe essere in una famiglia. Lo chiamano ?modello delle reti familiari e solidali miste?. è l?ultimo riconosciuto dagli analisti del sociale e si aggiunge alle famiglie di fatto, a quelle monogenitoriali, a quelle cosiddette del provando e riprovando. Le rubriche di posta del cuore sono affollate di lettere che raccontano simili relazioni come intense ed armoniose. Circa il modello di convivenza proposto nel film, pensa che le regole possano essere le stesse che in una famiglia di sangue? Ozpetek: La famiglia scelta è più sana di quella di sangue perché le persone si scelgono, i ruoli vengono assegnati senza pensarci, poi vengono anche scambiati. In questo senso tutto ciò è molto bello ma non vuol dire che la famiglia di sangue non sia valida, anzi. Io ho una famiglia di sangue e una famiglia allargata. E sono contento di tutte e due. Vita: Come mai ha inserito un sacerdote sulla terrazza di via Ostiense nel film? Che rapporti ha con il substrato cattolico di Roma? Ozpetek: Non ho nessun rapporto. Ho un rapporto bellissimo con il culto e il sacro. Nutro un grande rispetto per i miei amici preti e cattolici. In casa ho la statua della Madonna con la candela sempre accesa davanti. Prego mentalmente. La mia Chiesa preferita si trova in una traversa del Lungotevere. Ci vado perché mi piace, la trovo bella. Detesto le chiese dove ci sono le candele ad elettricità. Abbiamo girato un?altra scena molto divertente con il prete ma è stata tagliata. Top secret sul contenuto. Uscirà su dvd, a ottobre. Vita: Roma, anche con Fellini conserva una sua straordinaria ambivalenza di città cattolica ma città aperta, secondo lei sono due anime che convivono bene? Ozpetek: Secondo me si, l?apertura viene provocata da una religione forte. Vita: Quali sono i film sull?omosessualità che le sono piaciuti di più? Ozpetek: Demoni e dei che non è sull?omosessualità, bensì sulla vecchiaia. Non ci sono film sull?omosessualità, ci sono film sulle persone. Lo trovo sbagliato come concetto. Mi è piaciuto perché l?ho trovato di una grande sensibilità. Another country anche ho ammirato molto. Ben Hur è un film dichiaratamente d?amore tra due uomini, però non viene considerato un film omosessuale. Gli americani lo hanno realizzato in un modo molto sottile. Ci sono film belli e brutti. Vita: Cosa pensa di Pasolini? Ozpetek: Conosco le sue poesie, gli scritti, i film, i racconti di miei amici che sono stati suoi amici. Lo ammiro per il grande coraggio che ha avuto: combattere con un mondo che l?avrebbe ucciso. Il film che più apprezzo è Accattone. Di Pasolini non posso dire che mi piace il suo cinema, non è il mio genere, però rimango affascinato da lui. Il suo film che si avvicina di più al mio mondo è Mamma Roma , un classico con una Magnani magnifica. Vita: Il suo prossimo film? Ozpetek:è sulla tolleranza. è ambientato a Roma e prende spunto da una fatidica data, il16 ottobre 1943.


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