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Qui ci vorrebbe una banca con l’anima

Intervista esclusiva a Emmanuele Emanuele, presidente della Fondazione Cassa di risparmio di Roma.

di Francesco Maggio

Emmanuele Emanuele è un uomo d?altri tempi proiettato nel futuro. Avvocato, professore universitario, presidente della Fivol-Fondazione italiana per il volontariato e della Fondazione Cassa di risparmio di Roma, Emanuele è un siciliano cortese, dall?eloquio forbito e dai toni pacati. E quanto all?amore per il prossimo… «Sono nato in una famiglia che non aveva problemi economici», racconta, «non ci è mai mancato nulla, ma proprio per questo mi è stato insegnato sin da piccolo a nutrire un profondo rispetto per coloro che non ce la fanno e rimangono indietro e a fare sempre tutto il possibile per aiutarli».
Nel settore non profit di oggi si muove completamente a suo agio. A esso ha dedicato il suo ultimo libro (Il non profit strumento di sviluppo economico e sociale, edito da Luiss) e proprio per questo non riesce ad accettare che il legislatore invece di favorirne lo sviluppo, finisca spesso, di fatto, con l?ostacolarlo. «Ogni giorno spunta fuori una nuova norma, una circolare, un cavillo che mortifica l?impegno a favore della solidarietà di milioni di cittadini, e quello che sta accadendo a proposito delle fondazioni di origine bancaria è emblematico».
Vita: Cos?è che non va nel mondo delle fondazioni bancarie?
Emanuele: Tante cose. Troppe. Per elencare le quali, però, è necessario fare un po? come nei romanzi d?appendice, un passo indietro.
Vita: Prego.
Emanuele: Le fondazioni bancarie, un tempo chiamate enti o associazioni, hanno vissuto una vita attiva e serena, che nel caso dell?ente Cassa di risparmio di Roma risale addirittura al 1836. Tranne un paio di tentativi di statalizzazione, risalenti all?epoca di Crispi e Mussolini, esse hanno sempre operato con la massima libertà, destinando le loro risorse all?aiuto dei più deboli. Da dieci anni, invece, è l?inferno. Siamo sottoposti di continuo a interessamenti del legislatore, finalizzati tutti a mettere le mani sui nostri patrimoni. Ha cominciato Amato, ha continuato Dini, ha imperversato Visco, non so cosa accadrà in futuro. Poiché questi enti hanno ?l?orribile? marchio di essere indipendenti, ecco che è scattata, nel corso di questi anni, una vera e propria caccia alle fondazioni che è diventata uno sport nazionale, alimentato da una cupidigia informativa che non ha precedenti. Con il risultato finale che sono state create strutture di governo assolutamente inutili.
Vita: Per esempio?
Emanuele: Penso agli organi di indirizzo. La nostra fondazione, così come altre 56 delle 88 esistenti, ha un?origine privata. È nata cioè da capitali privati che i filantropi dell?epoca decisero di mettere a disposizione della collettività per favorire la crescita economica del territorio e sostenere le classi sociali più deboli. Ebbene, il nostro statuto prevedeva già un consiglio di amministrazione, il collegio sindacale e, soprattutto, l?assemblea dei soci che stabiliva le linee guida d?attività dell?ente. Non capisco perché abbiano voluto imporci un organo di indirizzo che, giuridicamente, considero una sovrapposizione alla preesistente assemblea. Io ho avversato tutto ciò, tanto è vero che pende un ricorso al Consiglio di Stato da parte dell?ente che presiedo.
Vita: Cosa ne pensa del recente atto di indirizzo di Visco sull?incompatibilità delle cariche?
Emanuele: Posto che Visco avrebbe fatto meglio a non emanare un simile provvedimento, visto che il suo Governo era ormai agli sgoccioli, ritengo che in molte sue parti appaia discutibile, come per esempio nel caso della ineleggibilità in consiglio di chi è stato raggiunto da un semplice avviso di garanzia. Quanto all?incompatibilità, è un falso problema. Tranne rarissimi e circoscritti casi, nel panorama delle fondazioni bancarie italiane non ci sono problemi di questo tipo. Io mi auguro che il nuovo legislatore spazzi via l?intero impianto della legge sulle fondazioni che, ci tengo a ricordarlo, è stata approvata dal Parlamento per pochissimi voti.
Vita: Cos?altro si aspetta dal nuovo legislatore?
Emanuele: Che metta il Terzo settore in condizione di correre e non di arrancare. Oggi lo Stato non è più in grado di organizzare una risposta sociale efficace per i meno fortunati. Chi solo riesce a far fronte egregiamente alle emergenze socioambientali più disparate è il non profit. Ma per poter liberare appieno le sue potenzialità ha bisogno di quella che noi giuristi chiamiamo certezza del diritto.
Vita:Che fare, allora?
Emanuele: L?auspicio è quello di avere una legge quadro che ricomprenda tutto il mondo del Terzo settore, nel quale far rientrare anche le fondazioni ex bancarie e che esalti il principio di sussidiarietà. Che metta cioè in condizione gli enti senza fine di lucro di dare risposte tempestive laddove si manifestano concretamente i problemi.
Vita: Quale tipologia organizzativa del non profit ritiene sia la più adatta ad assolvere un simile compito?
Emanuele: Più che guardare alle singole tipologie credo che oggi uno dei fattori decisivi per la crescita del Terzo settore sia la possibilità di accedere al credito. Guardo perciò con molto favore a iniziative come quella che vedrà la Cosis protagonista: lanascita di Alma bank, la ?banca con l?anima?, di cui siamo già azionisti di maggioranza e che presto si trasformerà in banca a tutti gli effetti. Farà raccolta e indirizzerà le sue risorse soprattutto verso le organizzazioni non profit attive in quelle aree, quali il Mezzogiorno, dove c?è più bisogno di una società civile solida e ben strutturata.
Vita: A tal proposito che ne pensa del proliferare dei fondi comuni di investimento etici?
Emanuele Ritengo che il fattore moda cominci a diventare predominante. Che tra fondo e fondo ci siano differenze anche molto forti. Ma ben vengano, comunque, nuovi prodotti finanziari che, seppur a vario titolo, si rivolgono a una categoria di risparmiatori che ha a cuore i temi del sociale, dell?ambiente, della solidarietà.
Vita: Con Tremonti superministro dell?Economia, sarà più agevole il decollo della finanza etica e sarà favorito l?indirizzo delle fondazioni nella direzione da lei auspicata?
Emanuele: Di Tremonti ho un?ottima opinione. Ma i giudizi li esprimo solo sui fatti, e fin quando non ne vedo non mi pronuncio. Io ho una tradizione contadina, sono abituato a contare le pecore solo a primavera.

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