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Bilancio Ue: Straw chiede modifiche alla bozza di giugno

Negative le reazioni degli altri Paesi: più ci si allontana dalla bozza di compromesso presentata dalla presidenza lussemburghese, più sarà difficile raggiungere un accordo ora.

di Chiara Brusini

Oggi a Bruxelles si tiene il Consiglio Affari generali e Relazioni esterne, a cui partecipano i ministri degli Esteri, della Difesa e del Commercio (per l’Italia ci saranno Gianfranco Fini, Antonio Martino e Adolfo Urso). Sul tavolo molti gli argomenti rilevanti, in primo luogo i negoziati sul bilancio pluriennale Ue.

Fra le delegazioni dei governi il nervosismo per il rischio di un altro fallimento nel vertice di metà dicembre è sempre più palpabile. La sensazione ormai diffusa fra i negoziatori è che proprio la presidenza britannica, che dovrebbe stimolare i lavori e spendersi al massimo per arrivare a un accordo, remi contro. “Una provocazione” viene definita da alte fonti diplomatiche Ue l’ultima proposta di Londra: auto-attribuirsi 2,7 miliardi di euro in più all’anno di rimborso sulle casse comunitarie, quando il nodo della discussione è proprio la riduzione del cosiddetto ‘sconto’ (il famoso rebate) in base al quale la Gran Bretagna riceve ormai 5 miliardi di euro all’anno da Bruxelles.

Il ministro degli Esteri britannico Jack Straw, presidente di turno, ha oggi asserito la necessità di allontanarsi dalla bozza di giugno presentata dalla presidenza lussemburghese, fatto che a Bruxelles viene definito “preoccupante”. La Gran Bretagna si rende conto della gravità della situazione, ha fatto sapere il capo della diplomazia britannica, ed è pronta a pagare una quota equa per l’allargamento, ma la bozza di accordo di Lussembugo non era equa. “É necessario che il quadro di bilancio Ue sia in linea con gli obiettivi di oggi e non del passato” ha detto Straw, a cui ha fatto eco il ministro per gli Affari Europei inglese Douglas Alexander secondo cui il bilancio della Ue deve essere adeguato al XXI secolo.

Dagli altri paesi sono piovute critiche: il ministro degli esteri francese ha fatto appello alla responsabilità della presidenza britannica. Il rappresentante belga si è spinto fino ad osservare che presentare una nuova proposta con modifiche sostanziali così a ridosso del Consiglio europeo di metà dicembre, significa che da parte inglese non esiste una vera volontà di trovare un accordo entro la fine del semestre di presidenza. Il ministro Gianfranco Fini ha insistito che l’Italia non accetterà di pagare “un cent in più” di saldo netto (la differenza fra quanto si dà e quanto si riceve dal bilancio Ue), rispetto a quanto previsto dall’ultima bozza di compromesso dello scorso giugno. Anche per il Presidente della Commissione europea José Manuel Barroso la cosa più saggia è seguire il solco del compromesso di Lussemburgo, un approccio condiviso da quasi tutte le delegazioni.

L’ambasciatore presso l’Ue Rocco Cangelosi ha spiegato la posizione di Roma: secondo l’ultima bozza lussemburghese “il nostro contributo netto sarebbe raddoppiato da tre a sei miliardi di euro, arrivando allo 0,36% del Pil, con un aumento tendenziale del contributo Pil”. In queste condizioni, con l’Italia ormai terzo maggior contribuente al bilancio, “si potrebbe porre legittimamente la questione di giocare anche noi al gioco dei rimborsi”, ha osservato Cangelosi”. In pratica pretendere alcune centinaia di milioni di euro all’anno indietro, come fanno ad esempio Svezia e Olanda.

A questo punto si aspetta la prossima proposta britannica concreta, cioè con le cifre e gli impegni di bilancio, che sarà presentata a inizio dicembre e discussa da un conclave apposito dei ministri degli Esteri il giorno 7. L’obiettivo della presidenza sembra essere quello di subordinare un accordo sulle prospettive finanziarie (e sul rimborso) alla sua revisione verso il 2008-2010, con un appuntamento fisso in cui si ridefinisca la struttura del bilancio Ue, togliendo peso all’agricoltura e aumentando quello di ricerca e innovazione. Ma pochi paesi sono disposti a questa ridiscussione di medio-termine, a meno che i suoi effetti si realizzino solo nel periodo di programmazione successivo, 2014-2020.

Se Tony Blair cederà alle pressioni interne del suo potente ministro delle Finanze Gordon Brown, che vuole succedergli alla guida del paese, Londra potrebbe decidere di mandare tutto a monte a dicembre e bloccare un accordo per alcuni anni. Si dovrebbe “navigare a vista” con i bilanci annuali, un sistema già usato in passato, ma rischioso, perché aumenta ancor più i pericoli di veti incrociati (incluso quello dell’Europarlamento), e danneggia le politiche più bisognose di programmazione (fondi di coesione, immigrazione ecc.). Proprio in questi giorni il negoziato sul bilancio annuale Ue per il 2006 è in crisi ed è incerta la sua approvazione, col rischio di andare ai dodicesimi.

Oggi i ministri della Difesa e del Commercio faranno il punto della situazione di un altro negoziato che sembra languire: quello della Wto, in vista della Conferenza ministeriale di Hong Kong di metà dicembre. Prevista anche una riunione dei responsabili per lo Sviluppo e la Cooperazione, e l’adozione di una strategia comune dell’Europa per l’Africa.

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