Volontariato

vercelli, le tradizioni sono verdi come il riso

Dalle risaie alle acli - Luigi Bobba racconta i luoghi dove è nato il suo impegno

di Sara De Carli

Abbiamo chiesto a Luigi Bobba – presidente delle Acli, nato a Cigliano – di raccontare la città in cui è cresciuto, Vercelli. Il risultato è un tessuto di solidarietà e impegno civile profondamente radicato nel territorio e nella tradizione contadina. Fu proprio qui, tra l?altro, che prese il via la lotta per le otto ore lavorative, e i lavoratori delle risaie furono la prima categoria ad ottenerle. Una trama punteggiata di gioielli artistici e architettonici, che parlano di fede e di storia. Senza dimenticare il riso, le rane fritte e la panissa, il piatto tipico della zona. Tutte tradizioni che, a Vercelli, sono vive e vitali. Di Vercelli, più di tutto, Luigi Bobba ama il liceo classico Lagrange. Perché è il luogo della sua giovinezza, della sua formazione e della nascita del suo impegno sociale. Erano i primi anni 70 e un Gigi quindicenne, pendolare tra Cigliano e Vercelli e militante del movimento degli studenti, fondava Acido solforico, un giornalino studentesco. La ?vercellesità? di Bobba è tutta qui, in una forte tradizione di coesione sociale, di radice un po? contadina e un po? cattolica. «La stessa», precisa, «che ha dato origine a un personaggio come Giulio Pastore, primo segretario delle Acli, nel 1944, e poi fondatore e segretario della Cisl. Veniva dalla provincia valsesiana, terra di forte devozione popolare, come dimostrano i Sacri Monti». Il più famoso è il Sacro Monte di Varallo, un complesso monumentale formato da 43 cappelle distribuite lungo un percorso che si dipana nel verde di una collina. Sorse alla fine del XV secolo, su iniziativa di un frate francescano, per riprodurre i luoghi santi di Gerusalemme, non più raggiungibili dai pellegrinaggi a causa della caduta di Costantinopoli sotto la dominazione dell?Impero Ottomano. Volenti o nolenti, gran parte dei luoghi più significativi di Vercelli sono legati a questa tradizione. «A cominciare dalla basilica di Sant?Andrea», dice Bobba «la chiesa più bella della città. È stata voluta nel 1219 dal cardinale Guala Bicchieri, uno degli uomini più importanti della storia della città, che aveva rapporti addirittura con Enrico VII. Tant?è che ancora oggi Vercelli ha un legame molto stretto con Chesterton. È una chiesa abbaziale ispirata al gotico francese, che però presenta molte commistioni con i modelli lombardi e emiliani». Bobba sarebbe un perfetto cicerone: «Proprio di fronte, ci sono i resti dell?ex Ospedale maggiore, che nel Medioevo era una sorta di ospizio per i pellegrini: Vercelli è sulla via Francigena. Lì è stato ritrovato il Vercelli book, un evangeliario antichissimo in lingua anglosassone, oggi conservato nel Museo del Duomo». Il Duomo, poco più in là, è dedicato a Sant?Eusebio, il santo patrono della città. Fu uno dei padri della Chiesa, e combatté l?eresia ariana. «Per un certo periodo fu anche esiliato in Africa, e la leggenda dice che tornò a Vercelli con la Madonna che ancora oggi è venerata al Santuario di Oropa: una Madonna nera, come le donne della terra da cui viene». Per inciso, anche Vercelli ha avuto la sua eresia, mille anni dopo Eusebio: Fra Dolcino, che il primo giugno 1307 venne arso vivo a Vercelli sulla riva del fiume Sesia, dove ora c?è – ironia della sorte – la sede del tribunale di Vercelli. Da vedere, comunque, in Sant?Eusebio, è il maestoso crocifisso appeso sotto la cupola. Risale all?anno Mille, è in lamina d?argento, ed «è particolare perché invece di avere un?espressione sofferente, Cristo ha gli occhi aperti e una corona regale in testa. È il Crocifisso, ma è anche il Risorto: una finezza teologica incredibile». Il Vercelli in realtà è famoso per essere la pianura del riso, soprattutto nella parte meridionale della provincia. Perché nella zona al confine con il Canavese, da dove viene la famiglia Bobba, di riso non ce n?è. «I miei nonni facevano i contadini, ma nessuna mondina in famiglia. Però certo il riso segna ancora oggi il paesaggio attorno a Vercelli, che da fine marzo a inizio ottobre si trasforma in un mare con le file di alberi. E anche l?economia». E infatti Luigi Bobba resta fedele alle sue origini, e si dice un fan della cucina tradizionale. Soprattutto le rane fritte e la panissa, il piatto tipico di Vercelli, «una specie di risotto condito con i fagioli cotti in una pignatta di terracotta come se fossero ceci, i fasoi de cisi». Dove lo mangia? «Il mio ristorante preferito l?hanno chiuso da qualche anno. Adesso a ?Il giardinetto?. Ci è andato anche Ciampi».


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