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Romania: in Ue se risolve la questione adozioni

Lo chiede Luciana Sbarbati, eurodeputato e segretario nazionale dei Repubblicani europei, relatrice sul dossier delle adozioni

di Benedetta Verrini

Nel corso della riunione della delegazione interparlamentare Ue-Romania, svoltasi ieri a Strasburgo, Luciana Sbarbati, eurodeputato e segretario nazionale dei Repubblicani europei, ha chiesto ai colleghi presenti e alle autorita’ rumene di adoperarsi affinche’ il problema dei minori abbandonati trovi soluzione prima della formalizzazione dell’adesione della Romania all’Unione europea.
Ne dà notizia il Velino, riportando le dichiarazioni della parlamentare: “Sono stata nominata relatrice sul dossier delle adozioni – dice Sbarbati – e nella mia relazione prevista al Parlamento europeo la prossima settimana insistero’ su questo punto. Non e’ una presa di posizione contro la Romania ma una iniziativa in difesa dei diritti dei bambini. Ottocentomila minori in istituto a fronte di seimila richieste di adozione da parte di coppie rumene, e’ un dato che fa riflettere e che dimostra che la moratoria non e’ utile se nega ai minori la possibilita’ di avere una famiglia e un’opportunita’ diversa da quella che puo’ offrirgli un istituto. La nuova legge sulle adozioni internazionali impedisce anche a coloro che avevano gia’ ottenuto l’accoppiamento, ai quali peraltro non e’ impedito di frequentare i loro bambini (procedura che va avanti da due anni), di costituirsi in famiglia. La relazione Moscovici chiedeva di trovare una soluzione urgente – prosegue Sbarbati – ma a piu’ di un anno di distanza la situazione e’ rimasta immutata. Seppur in passato si e’ abusato dell’istituto dell’adozione internazionale, fatto comunque da dimostrare, la soluzione proposta si sta dimostrando inefficace. Gli istituti hanno difficolta’ economiche, il personale non percepisce regolarmente lo stipendio, le famiglie colpite dalla moratoria, costituite in associazioni, addirittura inviano periodicamente in Romania derrate alimentari. Non e’ possibile che tutto questo sia considerato un progresso. Un paese civile, democratico, rispettoso dei diritti – conclude Sbarbati – non puo’ e non deve consentire che una intera generazione viva questa condizione di disagio”.

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