Cultura
Gli scheletri di Falluja
Guerra in Iraq. Vero o no luso del fosforo bianco da parte degli americani?
di Chiara Sirna
Dopo l?uscita dell?inchiesta Iraq, la strage nascosta sull?uso a Falluja di armi non convenzionali da parte dei marines Usa, il telefono del giornalista Rai, Sigfrido Ranucci squilla continuamente. Dal quel 7 novembre il vincitore del premio Ilaria Alpi 2005 (sezione C, servizi e inchieste superiori ai 12 minuti in onda su trasmissioni diverse dai tg) è chiamato da tutto il mondo: tv e giornali arabi, argentini, brasiliani, britannici, statunitensi, coreani. Gli unici grandi assenti sono gli italiani. Solo Celentano si era fatto vivo. Ma poi aveva rinunciato, pare, su consiglio dell?onnipresente Claudia Mori.
«È incredibile che questa strage abbia avuto un?eco internazionale e in Italia, invece, non ne parli nessuno», si lamenta Ranucci. «Abbiamo avuto più di un milione di visite sul sito e ricevuto migliaia di email in meno di una settimana». La raccolta del materiale video è iniziata a giugno, i filmati e le foto dei corpi ritrovati bruciati dopo l?occupazione irachena, ripresi dall?équipe del medico Mohammad Hadid e poi consegnati nelle mani del direttore del Centro studi per la difesa dei diritti umani di Falluja, il biologo Mohammed Tareq al-Deraji, sono oggettivamente uno scempio.
Certo, resta da vedere se la causa dei corpi deformati e scarnificati sia il fosforo bianco, o armi chimiche sconosciute , oppure – ipotesi da mettere al vaglio – al deterioramento dei corpi sotto il sole iracheno, come ha sostenuto il direttore di GlobalSecurity.org, John Pike intervistato dal Corriere della Sera. Da tempo molti mass media internazionali gridavano allo scandalo armi chimiche in Iraq: dall?Indipendent al San Diego Union Tribune, al Sydney Morning Herald. Ed eravamo nel 2003 e in Italia nessuno, a parte Diario che, con uno speciale su Falluja di Mario Portanova, «mi segnalò il testimone principale, il soldato Usa, Jeff Englehart», spiega Ranucci.
Molte le minacce ricevute
Il 3 agosto, in Colorado, Englehart ha confessato di aver avuto l?ordine dal comando Usa di fare attenzione perché durante l?assedio era stato usato fosforo bianco. E oggi le prove sembrano schiaccianti. Le foto riportano dettagli difficilmente confutabili: i numeri di matricola dei registri cimiteriali da cui si risale al luogo di sepoltura dei corpi, e chiunque voglia indagare oggi può farlo. Dalle immagini dei satelliti, inoltre, si vedono i quartieri più bombardati, come Askari e Jolan, che risultano anneriti in modo anomalo e in cui sono state identificate le ferite più atroci.
Ma se il filmato corrisponde a verità, come mai c?è voluto così tanto tempo perché la verità venisse a galla? «Perché parlare di Falluja prima era impossibile», spiega Ranucci, svelando a Vita di avere ricevuto non poche minacce. E chi da Falluja faceva avanti e indietro come l?allora commissario straordinario della Croce Rossa italiana, Maurizio Scelli? è possibile che non ne sapesse niente? Ranucci frena all?improvviso, per un istante, il suo incontenibile fiume di parole. «Di Scelli non parlo. È un mio amico d?infanzia. Bisognerebbe conoscere i suoi spostamenti, ma in ogni caso non credo fosse a conoscenza di qualcosa».
Scelli non poteva non sapere
Di tutt?altra idea è Javier Couso, fratello di José, il cameraman di Tele5 assassinato nella capitale irachena e che a Falluja è riuscito a entrarci due volte, prima nell?aprile del 2004 e poi l?anno successivo, lo stesso mese, dal 18 al 26, con una delegazione di altri sei responsabili della Ceosi (Campaña estatal de solidaridad contra la ocupación y por la soberanía de Iraq), comitato per cui lavora. «Se Scelli non sapeva nulla delle armi chimiche, allora vuol dire che non ha fatto bene il suo lavoro», ci confessa lapidario.
A prescindere dalla volontà di usare armi non convenzionali con la metodologia ?shake and bake? (?scuoti e cuoci al forno?, tradotto in italiano), come candidamente scritto nel marzo 2005 dalla rivista dell?esercito Usa Field Artillery, quali sono le possibilità che il caso Falluja si ritorca contro l?intervento Bush in Iraq?
Il professor Francesco Polcaro, senior scientist dell?Istituto nazionale di astrofisica del Cnr di Roma e membro del Comitato scienziati e scienziate contro la guerra, toglie ogni illusione: «È difficile provare davanti a una qualche sede internazionale che il bombardamento di Falluja abbia violato il più generale trattato sul divieto di impiego di armi chimiche?».
(Ha collaborato Benedetta Verrini)
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