Non profit

Caro Giulio, più coraggio

«La proposta di una quota di imposta al volontariato sarebbe l’ideale completamento della +Dai -Versi». Intervista con Luca Antonini, il docente che ha ispirato il "5 per mille"

di Riccardo Bonacina

Il profeta della sussidiarietà fiscale si chiama Luca Antonini, giovane professore di Diritto costituzionale all?università di Padova. Il suo credo è messo nero su bianco nel recente e bel libro Sussidiarietà fiscale, la frontiera della democrazia (nella collana della Fondazione della Sussidiarietà per i tipi di Guerini e Associati, euro 13,50). Ad Antonini, professore raffinato ma che ama sporcarsi le mani anche sulla progettazione di norme che possano dare gambe alle teorie che propugna, ci siamo rivolti per capire il destino del 5 per mille a volontariato e ricerca scientifica, norma contenuta all?art. 45 del ddl collegato alla Finanziaria 2006. Una norma che nasce dalle riflessioni comuni che Antonini e Tremonti intrattengono ormai da qualche anno. «L?idea del 5 per mille è un?ottima idea perché culturalmente innovativa. Sarebbe il completamento ideale alla +Dai -Versi per cui avete combattuto. è uno strumento che si basa sull?idea giusta di creare un canale di finanziamento diretto tra il cittadino e chi ne usufruisce, un meccanismo in cui una parte dell?imposta dovuta viene destinata direttamente dai cittadini. Nella formulazione originaria nel ddl collegato alla Finanziaria 2006, anche se mi risulta essere in corso una riformulazione, la platea è però troppo ristretta: c?è il volontariato, i servizi sociali pubblici e la ricerca scientifica statale. Una restrizione che rischia di annullare l?idea oggettivamente buona. Perché l?idea non si vanifichi va corredata di una strumentazione che la renda disponibile almeno a tutto il settore non profit». Non fate come con la De tax Vita: Tecnicamente, perché la buona idea diventi buona legge cosa bisogna fare? Luca Antonini: Tecnicamente bisogna allargare la platea dei destinatari possibili inserendo tutti i soggetti non profit: le onlus come riferimento principe e le associazioni di promozione sociale. Tenendo presente che allargare significa del resto anche aumentare le possibilità di scelta del cittadino, la sua libertà. La cosa importante è non ripetere gli errori fatti con la De tax prevista in ben due leggi e ancora senza decreti di attuazione. è ovvio che questo tipo di proposte dimostra la propria credibilità con la velocità con cui si prevedono gli strumenti attuativi, altrimenti è lecito pensare che siano trovate demagogiche. Tra l?altro, a proposito di decreti attuativi, nel caso del 5 per mille credo sarebbe opportuno pensare da subito alla possibilità di indicare direttamente su una casella bianca il codice fiscale dell?ente a cui voglio dare la mia quota d?imposta. Sempre che davvero si voglia percorrere la strada della sussidiarietà fiscale e quindi della democratizzazione della leva fiscale. Vita: Professore, ci spieghi meglio: che significa democratizzare il fisco? Antonini: Significa far sì che il cittadino, almeno in parte, diventi padrone dell?imposta. Bisogna tener presente che la questione è oggi molto delicata e ha davvero a che fare con democrazia, perché il sistema Stato-territorio-ricchezza è stato fatto in frantumi e messo in crisi dalla globalizzazione. Oggi continui a votare per l?elezione al parlamento, ma poi i parlamenti non hanno più la sovranità fiscale che avevano sino a una decina di anni fa: oggi c?è l?Ue, il Wto, i mercati, ecc. Le grandi ricchezze, poi, oggi possono facilmente scappare dai territori, si può votare in Italia e poi pagare le imposte altrove, con il solo spostamento della sede legale della propria attività. Il modello di welfare che era stato costruito sul presupposto che lo Stato era in grado di catturare le ricchezze dei territori è andato per sempre in crisi. Oggi la leva fiscale più che finanziare il Welfare si accanisce sui ceti medio bassi restituendo pochissimo, e male. Un dato emblematico ci arriva dalla Finanziaria 2003 che alzando la no tax area ha fatto uscire 300mila famiglie dalla soglia di povertà: un dato impressionante. La globalizzazione ha determinato il paradosso per cui il welfare state, che era nato per aiutare i poveri, diventa la causa del problema che doveva risolvere. Con una pressione fiscale spaventosa che arriva a negare dei diritti sociali che sulla carta sono riconosciuti e proclamati. Meno tasse ma non per tutti Vita: E a chi obietta che invece ci vuole più fisco per garantire il minimo di diritti e un?assistenza universalistica, che cosa risponde? Antonini: Rispondo che, ovviamente, le tasse non devono essere abbassate per tutti ma ci sono delle priorità, le tasse vanno abbassate sui redditi più bassi. Innanzitutto riconoscendo la non tassabilità delle spese che servono al mantenimento personale e della famiglia. La via non è quella di abbassare le tasse in modo generalizzato, ma garantire con la leva fiscale i diritti costituzionali. Infine, bisognerebbe cominciare a colpire le rendite, il nostro sistema ha delle sacche di rendita enormi. Qualche anno fa, in base a una delega (legge n. 289/2002), venne fatta una commissione (l?Alta Commissione per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale) – cui partecipai – che doveva studiare come eliminare tutte le agevolazioni fiscali non previste da un valore costituzionale, cioè le agevolazioni fiscali di fatto clientelari. Questa delega, guarda un po?, non andò mai in porto, ma il lavoro quella commissione lo fece e da lì venne fuori un dato impressionante: che in cinque anni si sarebbero recuperati 30mila miliardi di lire (15 miliardi di euro). Capisce che enormità? Con la sola eliminazione di agevolazioni fiscali clientelari. E noi siamo qui a batterci per ottenere qualche milione di euro a favore della famiglia! Chi è Prof tra ministeri e microfoni radio Luca Antonini, tra gli animatori e fondatori della Fondazione per la Sussidiarietà, è docente all?università di Padova ed esperto tributario per il ministero dell?Economia. Ha collaborato alla stesura di numerosi progetti di legge, ordinari e di revisione costituzionale. Partecipa al board del World Political Forum ed è anche stato conduttore di un programma radiofonico su Radio Rai 3, naturalmente intitolato Libertà, desiderio, democrazia.


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