Politica

Il miracolo del corviale

Un “mostro“ edilizio risanato e reso più vivibile. Così la capitale ha scelto di mettere le periferie al centro

di Ettore Colombo

Roma non è città infinita, ma periferia infinita sì. Due sono gli assessori del governo cittadino di centrosinistra in prima linea sulla questione periferie: Paolo Carrazza, che ha la delega alle periferie in quanto tali, e Raffaella Milano, che segue tutta la complessa partita del welfare. Cominciamo con Carrazza, politico dall?aria e dalla voce giovanile, nonostante i suoi cinquant?anni, che ha sostituito da meno di un anno il primo assessore al tema, Luigi Neri, passato in Regione: «Le periferie, a Roma, sono parte integrante della città. Per capirci, non sono ghetto ma l?80% del tessuto politico e sociale cittadino. Per capirci ancora meglio le dirò questo: a Roma, le elezioni, le decidono le periferie, non certo il centro storico?». Ma Carrazza tutto è tranne che un politico cinico e nei progetti che segue ci crede eccome e ne rivendica, giustamente, l?importanza sociale, prima ancora che politica: «Ogni anno il Comune investe diversi milioni di euro per la riqualificazione delle periferie urbane. Nei prossimi quattro anni il piano di investimenti sarà di un miliardo e 800 milioni, ma attenzione alla loro suddivisione: 1 miliardo e 300 milioni saranno investimenti di privati, 500 quelli pubblici. Segno evidente che lavoriamo anche per attrarre investimenti, non certo per sprecare denaro pubblico». Cosa vuol dire, assessore? «Vuol dire servizi, mobilità, interventi di carattere edilizio. Come a Corviale, tipico esempio di risanamento pubblico di una periferia che da simbolo di una certa, deteriore, edilizia pseudo popolare e all?epoca definita ?di sinistra? ha creato un vero mostro. Oggi, stiamo lavorando sui ?borghetti?, cioè sulla carenza di servizi, di verde pubblico, di socialità, ma anche su segnali come lo spostamento della sede del Municipio, sul centro sociale polivalente». Identità e legame sociale sono la strategia che guida l?assessorato di Carrazza. E l?assessore ci tiene a declinarlo per intero il nome del suo ufficio (Periferie, sviluppo locale e lavoro), in quanto si tratta di attività che non possono che stare assieme. L?assessore al Welfare, Raffaella Milano segue da vicino tutta la partita dell?immigrazione, oltre a quella del sociale. La prima cosa, la Milano, ci tiene a dirla sui paragoni con Parigi, «paragoni improponibili qui da noi, anche per il futuro. Certo, mai dire mai, ma la caratteristica di Roma è che disagio ed emergenza sociale ci sono, è vero, ma non sono certo concentrati in un quartiere solo. Sono piuttosto diffusi, parcellizzati. Inoltre, qui non esistono quartieri di ricchi che vivono in prigioni dorate circondate da vigilantes ed enormi sacche di povertà ma zone e quartieri dove l?agiato e il meno agiato si mischiano». Stabilito il principio, ecco le soluzioni: facili, all?apparenza («politica scolastica, abitativa, culturale, sociale») ma difficili nel concreto: «Costruire e investire in librerie e biblioteche di quartiere, teatri e sale prove, parchi e case vuol dire spendere. Anche e soprattutto in edilizia e programmi scolastici per gli immigrati di seconda e terza generazione, i bambini, di cui Roma ha il primato in Italia, e che in futuro – se non bene accolti e integrati – potrebbero forse loro sì, rappresentare un problema. Sto per andare a una grande manifestazioni di sindaci, forze sociali e sindacati che protestano contro il taglio del 50% a un fondo sociale già decurtato. La politica locale ha fatto le sue scelte, la politica nazionale no». E se Maroni vuol capire, capisca.


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