Non profit

Dove dovrebbe pescare la politica

L'editoriale / Prodi e Rutelli per decidere il candidato dell’Unione in Sicilia sono andati in pellegrinaggio anche da Pippo Baudo...

di Riccardo Bonacina

Prodi e Rutelli per decidere il candidato dell?Unione in Sicilia sono andati in pellegrinaggio anche da Pippo Baudo che un mese fa poteva dichiarare con un certo orgoglio: «Ieri sera ho visto Romano Prodi, questa mattina Francesco Rutelli». Poi Baudo ha detto no, ed ora nell?Unione discute si se sia meglio candidare Rita Borsellino, sorella del giudice ucciso dalla mafia e vicepresidente dell?associazione Libera, o Ferdinando Lattieri, rettore dell?università di Catania. A Milano negli ultimi mesi si è discusso e ci si è accapigliati se fosse meglio candidare Umberto Veronesi, Ferruccio De Bortoli, Davide Corridore, Dario Fo o Milly Moratti. Solo qualche giorno fa si è ufficializzata la candidatura di Bruno Ferrante, ormai ex prefetto, per l?Unione. Ora, aldilà del valore delle personalità che abbiamo citato, con alcune delle quali abbiamo anche condiviso momenti importanti della storia di questo giornale (da Rita Borsellino a Lella Costa a Bruno Ferrante), che non è qui in discussione, c?è da rilevare che, soprattutto nel centro sinistra (che negli anni passati aveva già arruolato una schiera di telegiornalisti, dalla Gruber a Santoro, da Badaloni a Marrazzo), la società politica ha spaccato i suoi recinti in cerca di iniezioni di credibilità prima ancora che di capacità amministrative. Giustamente, pochi giorni fa, Edmondo Berselli, in un editoriale su Repubblica ha sottolineato «l?incapacità ormai conclamata della classe politica di selezionare un?élite di governo delle città». Le notizie e discussioni di queste settimane, infatti, pare ci spingano molto più in là del pericolo che qui abbiamo sempre denunciato: quello di una società politica che guarda alla società civile solo in funzione della alimentazione del circuito partitico. Qui siamo andati oltre, siamo di fronte a una politica talmente in crisi che rischia di essere fagocitata dalla società dello spettacolo, dalla società dell?economia e anche da quella dell?ordine pubblico. Alla società civile, in tutto questo, resta il ruolo di apportare qualche biografia presentabile, o qualche buona causa, niente più. Il fenomeno è preoccupante giacché è del tutto evidente che l?apertura dei recinti della politica, invece di favore percorsi reali e nuovi di partecipazione rivela un vuoto davvero invitante per tutti coloro che la politica la vogliano usare. Un pericolo di fronte a cui leggiamo con un certo piacere la ricerca resa pubblica dall?Iref lo scorso 3 novembre che ha contato oltre 700 aclisti tra gli amministratori locali italiani. Un dato moltiplicabile per dieci se ci mettessimo a contare i rappresentati politici locali che arrivano dalle fila dell?Arci, o dell?Agesci, o della Compagnia delle Opere o, ancora, dal Csi o dall?Avis o dalle confederazioni sindacali. Se è vero come ha ancora scritto Berselli che oggi i partiti «sono nell?impossibilità tecnica di selezionare gli amministratori. Perché oggi le forze politiche sono così poco radicate nel territorio, non hanno strutture operative, la loro iniziativa è mediocre, il sottogoverno esaurisce le loro sporadiche iniziative», dovremo cominciare a guardare con più simpatia il fatto che tocchi a chi è impegnato nel sociale salvaguardare i partiti dal ridursi a diventare uffici di rappresentanza, non più del popolo elettore, ma di ogni lobby che abbia interessi da promuovere o da difendere.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA