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Nigeria: Amnesty presenta prove violazioni diritti umani sul Niger

Secondo il rapporto "Rivendicare diritti e risorse: ingiustizia, petrolio e violenza in Nigeria", le comunita' che protestano contro le compagnie petrolifere vanno incontro a punizioni collettive.

di Chiara Brusini

E’ come il paradiso e l’inferno. Loro hanno tutto, noi niente. Se protestiamo, ci mandano i soldati (Eghare W. O. Ojhogar, capo della comunita’ Ugborodo) Mi hanno detto di inginocchiarmi sulla sabbia insieme agli altri capi, con le mani legate dietro la schiena. Poi i soldati hanno iniziato a picchiarci con i frustini e ci hanno fatto mangiare la sabbia. (Cadbury George Omieh, Igno XXI, Re di Odioma) Dieci anni dopo l¹esecuzione dello scrittore e attivista per i diritti umani Ken Saro- Wiwa e di otto suoi compagni, nuove prove raccolte da Amnesty International mostrano come gli abitanti della regione petrolifera del Delta del Niger continuino a rischiare la morte e la fame per colpa delle forze di sicurezza nigeriane. Secondo un rapporto reso pubblico oggi da Amnesty International, le poverissime comunita’ che protestano contro le compagnie petrolifere o sono sospettate di sabotare le attivita’ estrattive vanno incontro a punizioni collettive. “E’ un insulto alla memoria di Ken Saro-Wiwa e dei suoi compagni che i responsabili di uccisioni, pestaggi e stupri siano ancora al riparo dalla giustizia. Le campagne degli attivisti per i diritti economici e sociali restano piu’ che mai attuali, dato che il 70% della popolazione del Delta del Niger vive nella piu’ assoluta poverta’, nonostante il boom delle rendite petrolifere” ­ ha dichiarato Stefano Meoni, responsabile delle campagne sull¹Africa occidentale della Sezione Italiana di Amnesty International. Basato su una recente missione di Amnesty International nel Delta del Niger, il rapporto “Rivendicare diritti e risorse: ingiustizia, petrolio e violenza in Nigeria” dedica particolare attenzione alle violazioni dei diritti umani commesse quest¹anno al terminal di Escravos e nella comunita’ di Odiosa, sulla costa del Delta del Niger. Il 4 febbraio i soldati della Task force congiunta hanno aperto il fuoco contro un gruppo di persone della comunita’ Ugborodo che stavano manifestando di fronte al terminal di Escravos, di proprieta’ della Chevron Nigeria. Un uomo e’ morto e altre 30 persone sono rimaste ferite, alcune in modo grave. Ci sono volute diverse ore per portare i feriti in ospedale, a bordo di un battello. Ne’ il governo, ne’ Chevron Nigeria hanno fornito assistenza medica o logistica adeguata e non e’ stata aperta alcuna inchiesta sull’accaduto. Il 19 febbraio, almeno 17 persone sono state uccise e due donne sarebbero state stuprate nel corso di un raid della Task force congiunta all’interno della comunita’ Ijaw di Odioma. L¹operazione era stata ufficialmente lanciata per arrestare un gruppo di vigilantes armati, ma gli arresti non hanno avuto luogo mentre circa l’80 per cento delle abitazioni sono state’distrutte. Il mese prima, Shell Nigeria aveva rinunciato a un progetto di prospezione nell’area, pare venendo incontro a una richiesta dei giovani di Odioma e rendendosi conto che esisteva una contesa sui terreni oggetto della prospezione. Sui fatti di febbraio non e’ stata aperta alcuna inchiesta e oggi Odioma e’ pressoche’ disabitata. Amnesty International chiede al governo federale nigeriano di condurre inchieste complete e indipendenti sulle denunce di uccisioni, ferimenti, stupri e distruzione di proprieta’ ad opera delle forze di sicurezza. I risultati delle inchieste dovranno essere resi pubblici e i responsabili delle violazioni dei diritti umani portati di fronte alla giustizia. L’organizzazione chiede inoltre che la Chevron commissioni un’indagine indipendente e imparziale sul ruolo avuto dalla compagnia nel corso degli incidenti del 4 febbraio al terminal di Escravos, e che la Shell indaghi sulle denunce riguardanti un accordo di sicurezza tra un subappaltatore di Shell Nigeria e un gruppo criminale di Odioma. Il rapporto “Rivendicare diritti e risorse: ingiustizia, petrolio e violenza in Nigeria” e’ disponibile in lingua inglese all’indirizzo www.amnesty.org


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