Cultura

I paesi poveri. Ricchi di 297 milioni di turisti

Nel 2004 i visitatori nel Sud del mondo hanno raggiunto una quota record. Lo rende noto l’italo-francese ai vertici dell’Organizzazione mondiale del turismo

di Carlotta Jesi

«Il turismo è uno strumento di sviluppo sostenibile, e va liberalizzato nel prossimo Doha Development Round». Francesco Frangialli, segretario generale dell?Omt, l?Organizzazione mondiale del turismo, lo dice sapendo di suscitare polemiche. Per la società civile internazionale che guarda con sospetto al prossimo summit dell?Omt previsto in dicembre a Hong Kong, infatti, liberalizzazione di beni comuni e sviluppo sostenibile sono una contraddizione in termini. Lui però resta convinto del contrario. Lo ha spiegato recentemente a New York, davanti a una platea di ong, imprese e agenzie Onu che ha voluto riunire alla vigilia dell?assemblea generale delle Nazioni Unite. E lo ribadisce a Vita: «La liberalizzazione consentirà ai Paesi poveri di avere maggiore accesso ai mercati stranieri per le loro esportazioni legate al turismo. Nel 2004, il turismo internazionale, escluso il traffico aereo, ha generato entrate pari a 622 miliardi di dollari e ha rappresentato il 30% delle esportazioni mondiali di servizi commerciali. Servizi che, per alcuni Paesi poveri, già sono l?export principale».

Vita: Eppure solo pochi Paesi poveri sono una meta turistica…
Francesco Frangialli: Le loro risorse naturali e umane non sono state esplorate fino in fondo. Per questo i vantaggi che offrono devono essere sottolineati e messi a frutto nei negoziati in modo che producano crescita e sviluppo.

Vita: In molti temono che la liberalizzazione possa portare solo sfruttamento.
Frangialli: Chiediamo una liberalizzazione dal volto umano che tenga in considerazione l?interesse turistico delle nazioni più povere. Per consentire loro di avere un maggior accesso sul mercato ma anche maggior supporto per impiegare le loro capacità umane e per costruire nuove infrastrutture. Tutto ciò si può ottenere solo riorientando i negoziati che oggi riflettono posizioni tradizionali e unilaterali volte ad attrarre investimenti verso un piccolo numero di attrazioni turistiche che non assicurano benefit economici e sociali alle economie dei Paesi poveri.

Vita: Quali sono i temi più urgenti da trattare nel negoziato?
Frangialli: Regolamentazione interna nei vari Paesi, sviluppo di standard tecnici e il legame tra turismo e traffico aereo di passeggeri che oggi vengono trattati come temi separati ma che invece sono strettamente legati per quanto riguarda la creazione di prodotti turistici.

Vita: Crede che dopo gli attacchi terroristici a Sharm el Sheikh e Bali abbia ancora senso costruire paradisi artificiali?
Frangialli: Non crediamo nei paradisi artificiali. Il codice globale sull?etica del turismo e la nostra liberalizzazione dal volto umano sostengono un tipo di turismo che abbia un buon impatto sul Paese ospitante e le comunità locali. Non dimentichiamo che in 46 dei 49 Paesi più poveri del pianeta il turismo è la prima fonte entrate di denaro straniero. Sono convinto che, se ben gestito, il turismo possa diventare un volano di sviluppo sostenibile.

Vita: Nell?incontro di New York ha chiesto all?Onu, alle ong e ai governi di usare il turismo per combattere la povertà. Quale potrebbe essere il suo impatto?
Frangialli: Stiamo ai dati: nel 2004, dal turismo internazionale i Paesi poveri hanno guadagnato 177 miliardi di dollari. E, sempre nello stesso anno, l?arrivo di visitatori nel Sud del mondo ha toccato una cifra record: oltre 297 milioni, il 39% dei 763 milioni di viaggiatori che si sono spostati fra i cinque continenti. La crescita, nei Paesi poveri, ha superato la media mondiale del 10%. L?Organizzazione mondiale del turismo è impegnata nella lotta alla riduzione della povertà fin dal 1992, quando al Summit per lo sviluppo sostenibile di Johannesburg lanciò Step, ossia lo Sustainable Tourism as an effective tool for Eliminating Poverty: un programma collegato agli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite.

Vita: Crede che il turismo possa essere anche uno strumento di lotta al terrorismo?
Frangialli: Vede, le bombe di Bali non riguardavano il turismo ma il terrorismo, persone che volevano ucciderne altre per ragioni politiche. È un crimine contro l?umanità e contro la civiltà. Il turismo di Bali è sostenibile e responsabile. Il turismo, come altri settori della società, deve equipaggiarsi, dobbiamo rendere sempre più sicuro il nostro settore senza che perda in divertimento e qualità.

Il punto di vista di Aitr
No al turismo delle zone franche

di Alfredo Somoza

È vero che il turismo nei Paesi poveri è in aumento, ma proviamo a chiederci: dove sono andati, esattamente, i viaggiatori che nel 2004 hanno visitato il Sud del mondo? Nel caso degli italiani, purtroppo, posso dire questo: l?80% di chi vola nei Paesi poveri ha come unica e sola destinazione un villaggio turistico. E la media europea è poco più incoraggiante, siamo sul 60%.

Questi dati sono il frutto di uno sviluppo turistico che, storicamente, è nato senza un impatto diffuso sui Paesi poveri. Sono il risultato di politiche governative che hanno incentivato il turismo creando zone franche in cui le industrie e i tour operator occidentali avevano carta bianca, zone franche dove le regole sul lavoro e sull?impatto ambientale non esistevano. Cancun, Santo Domingo e tanti resort in Kenya sono nati così. Ma a parte pagare le tasse e creare domanda di lavoro poco qualificato, che impatto hanno lasciato le industrie straniere sul territorio?

Nessuno. Il Sud del mondo ha bisogno del contrario: di un turismo itinerante che porti ricchezza in tutto il Paese e che coinvolga la comunità. In questa direzione va, sono convinto, la proposta di una liberalizzazione del turismo dal volto umano avanzata da Frangialli: meglio una liberalizzazione complessiva sul settore turistico, meglio un?apertura completa agli investimenti internazionali della politica di enclave che crea zone franche e paradisi isolati. Oggi bisogna lavorare per la creazione di modelli turistici inclusivi, di un nuovo modello di sviluppo che combatta la povertà.

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