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La parola / PPP

Le tre P di Pasolini sono diventate l’emblema di un tipo di uomo, raro, che non teme di essere politicamente “scorretto” pur di non tradire la realtà

di Alter Ego

Trent?anni senza PPP, al secolo Pier Paolo Pasolini. Trent?anni senza quell?uomo indescrivibile, quel Caravaggio dei nostri tempi (disse Federico Zeri) che ha raccontato trent?anni prima la verità che sarebbe stata.
PPP ci appare come un gigante perduto, uno dei personaggi più brillanti, complessi e contraddittori che abbiamo mai incontrato. Ateo in cerca di zone sacre di sé e del mondo, comunista ?per istinto di conservazione?, sostenitore blasfemo dell?esperienza cristiana, omosessuale sempre trasgressivo, sempre scandaloso che si sarebbe scagliato contro i Pacs in nome della pace che non è mai pacifica, come vogliono farci credere il potere e i suoi succedanei. Per pace non si può intendere quella perpetua di Kant, ovvero l?impossibile assenza di conflitti ad ogni costo.
Anche in questo senso il sobillatore PPP ci ha aiutati. Per la sua infinita capacità di essere sempre contro, di portare a consapevolezza conflitti latenti e demolire castelli di carte delle nostre finte certezze materiali e sociali costruiti su consensi precari. PPP non lo faceva per impegno, per un piacere misto e sessualmente orientato a dolore e soddisfazione. Il suo impegno è invece un?appassionata e perciò dolorosa critica di uno sviluppo sociale e linguistico. Per questo le accuse e le rivelazioni di PPP sono dirette a infrangersi contro l?illusione di un mondo dove tutto è finto, persino la pace, l?ingannevole pacificazione del mondo. Faccia opposta e reciproca del consumo e del potere, di quel ?sogno di una cosa? che albergava nel suo cuore. Un allucinato e pragmatico amore per la realtà.

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