Welfare

Confisca ai mafiosi: legge in pericolo

I provvedimenti di confisca delle ricchezze sottratte ai mafiosi rischiano di essere azzerati da un disegno di legge “garantista” in discussione in questi giorni alla Camera

di Benedetta Verrini

Un appello promosso da Libera e firmato, tra gli altri, da Giovanni Impastato e Rita Borsellino. Obiettivo: salvare la legge Rognoni – La Torre sui beni confiscati alle mafie, che da oltre vent?anni consente di aggredire le ricchezze accumulate dai criminali.

La Camera, infatti, sta per dare la sua approvazione a un disegno di legge governativo (AC.5362, «Delega al governo per il riordino della disciplina in materia di gestione e destinazione delle attività e dei beni sequestrati o confiscati ad organizzazioni criminali») che, pur con l?intento di migliorare e snellire le procedure di gestione e assegnazione dei beni confiscati, rischia di azzerare tutto il percorso di ?utilizzo sociale? dei beni in questione.

In questi ultimi anni, in particolare dopo l?entrata in vigore di un?ulteriore legge, la 109 del 1996 (che fu promossa da Libera con la raccolta di oltre un milione di firme), è stato possibile «moltiplicare le esperienze positive di uso sociale dei beni confiscati», ha spiegato don Ciotti in una lettera inviata in Parlamento già a fine marzo. «Sono oggi numerose le realtà associative e della cooperazione sociale», prosegue don Ciotti, «che svolgono, tra mille difficoltà, un ruolo positivo nella gestione di questi beni: basta ricordare l?esperienza delle cooperative che coltivano, tra le province di Palermo e Trapani, circa 300 ettari di terreni confiscati, dai quali si producono grano, olio, vino, legumi, pomodori e altri prodotti ortofrutticoli, sia freschi che trasformati. Esempi positivi, che si stanno estendendo ad altre province della Sicilia, alla Calabria, alla Puglia, alla Campania».
Se Camera (e poi Senato) approveranno la riforma della legge nel testo attualmente in discussione, «nessuna assegnazione di beni confiscati avrà un futuro certo», spiega a Vita Davide Pati, dell?Ufficio nazionale beni confiscati di Libera.

Qual è il problema? L?articolo 3 (comma 1, lettera m) del ddl prevede la possibilità di revisione, senza limiti di tempo e su richiesta di chiunque sia titolare di un «interesse giuridicamente riconosciuto», dei provvedimenti definitivi di confisca.

«In nome di un malinteso garantismo», prosegue Pati, «si compromette definitivamente il lavoro di quanti, dalle forze dell?ordine alla magistratura, dalle associazioni alle cooperative sociali, sono impegnati nella difficilissima opera di individuazione e riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie. Nessun provvedimento di confisca, di fatto, sarà mai definitivo. Neppure quelli disposti, a suo tempo, dai giudici Falcone e Borsellino». Tra l?altro, ci sarebbero potuti essere altri strumenti con cui risarcire, anche dal punto di vista economico, eventuali vittime di errori giudiziari.

Per ora i deputati non hanno dato risposte concrete a queste preoccupazioni. All?assemblea della Camera, che vota in questi giorni il ddl, Libera ha rinnovato l?appello, perché «sappia trovare il corretto equilibrio tra la tutela dei diritti di chi subisce i provvedimenti di confisca e la necessità di sottrarre alle organizzazioni mafiose gli immensi patrimoni che accumulano ogni anno, nell?illegalità e nel sangue».

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