Welfare

Guatemala: rogo ambasciata, chiesta estradizione ex ambasciatore

Nel rogo del 1980 morirono 36 persone; l'ex ambasciatore spagnolo avrebbe pianificato l'irruzione dei campesinos durante la visita di personalità guatemalteche.

di Chiara Brusini

I familiari di una delle vittime del rogo del 1980 nell’ambasciata spagnola in Guatemala, nel quale morirono carbonizzate 36 persone, hanno chiesto l’estradizione dell’allora ambasciatore di Madrid Maximo Cajal. Rodolfo Anleu, marito di una dipendente della sede diplomatica, la segretaria Maria Rivas che mori’ 25 anni fa, ha presentato la richiesta alla giustizia guatemalteca.

Cajal, che attualmente vive in Spagna, ha sempre respinto ogni responsabilita’ e sulla vicenda ha scritto il libro ‘Massacro in ambasciata’ (Sperling & Kupfer), denunciando gli orrori della dittatura guatemalteca dell’epoca. Nel rogo del 31 gennaio 1980, scoppiato dopo l’irruzione delle forze della sicurezza locali, mori’ anche Vicente Menchu’, il padre del premio Nobel per la Pace del 1992 Rigoberta Menchu’.

Secondo il legale di Anleu, Walter Robles, il suo assistito e’ un testimone chiave per aver saputo al telefono dalla moglie che era stato Cajal a permettere ai campesinos di entrare nella sede diplomatica. Affermando che Anleu ”chiede solo giustizia”, Robles ha sostenuto che i campesinos ”erano guerriglieri” che ”avevano obiettivi politici, erano armati e avevano sostanze infiammabili”. Sempre secondo Robles, l’allora ambasciatore spagnolo pianifico’ l’entrata in ambasciata dei campesinos del Quiche’, facendola coincidere con la presenza nella sede diplomatica di personalita’ guatemalteche, come l’ex vicepresidente Eduardo Caceres Lehnoff e l’ex ministro degli Esteri Adolfo Molina Orantes; questo per essere sicuro, sostiene il legale, di scongiurare l’intervento violento delle forze della sicurezza contro i manifestanti.

Molti tra i campesinos che occuparono pacificamente l’ambasciata spagnola erano membri del Cuc, il ‘Comitato dell’Unita’ campesina” di cui Vicente Menchu’ era un dirigente. E tale organizzazione era legata all’Esercito guerrigliero dei poveri. Una volta entrati i campesinos in ambasciata, le forze della sicurezza del generale Romeo Lucas, nonostante le proteste dell’ambasciatore Cajal che si appellava al principio dell’immunita’ della sede diplomatica, fecero irruzione. Secondo la ricostruzione di Cajal, unico sopravvissuto attualmente al rogo, i militari abbatterono le porte e appiccarono il fuoco all’edificio. Stando ad altre ricostruzioni le origini dell’incendio sono state mai chiarite.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.