Economia
Filiera e reti, ecco la nostra marcia in pi
Parla Grazia Fioretti, Presidente di Comunità Solidali. «La ricetta giusta? Essere lanello di congiunzione fra pubblico e privato senza mai perdere di vista i problemi delle singole persone».
Grazia Fioretti è una forza della natura, una tosta, una che non ci ha pensato su due volte a mollare un posto di lavoro sicuro nell?amministrazione pubblica per dedicarsi anima e corpo agli altri: ai suoi due figli in primis, che oggi hanno 23 e 26 anni, e, attraverso la cooperazione sociale, a chiunque ne abbia bisogno: dai minori ai tossicodipendenti, ai disabili, agli anziani. è cresciuta a pane e volontariato, attività che ha iniziato a 14 anni in un oratorio a Cremona, la sua città, per non smettere più. Oggi che di anni ne ha 50 è amministratore di Comunità Solidali, società di Cgm, di cui fanno parte 50 consorzi di cooperative sociali impegnate nella progettazione e nella gestione di servizi di cura alla persona.
SocialJob: Qual è lo stato dell?arte nella gestione dei servizi di cura nel nostro Paese?
Grazia Fioretti: Difficile rispondere. Oggi abbiamo una situazione molto diversificata che varia non solo da regione a regione, ma anche tra singoli distretti territoriali. Ciò che invece hanno in comune le diverse realtà della penisola è che il sistema di welfare attuale non è sufficiente, nel senso che i bisogni dei cittadini non sempre riescono a trovare risposta. In alcune aree gli interventi sono limitati ai casi più gravi, in altre il privato sociale che completa le risposte degli enti pubblici, in altre ancora il non profit rileva i bisogni, progetta i servizi e li eroga, gestendo ogni aspetto dell?intervento socio-assistenziale.
SocialJob: Che ruolo ricoprono le vostre imprese sociali nei diversi contesti?
Fioretti: Il nostro è un modello che cerca di contribuire alla creazione di sistemi di gestione di servizi che siano una via di mezzo tra i due modelli più radicali: quello lombardo, fin troppo liberista, e quello centralizzato con un forte intervento pubblico dell?Emilia Romagna o dell?Umbria. Abbiamo cercato di superare la dimensione della mera di gestione di servizi andando oltre la sola prestazione di opera al pubblico, rivendicando una partnership progettuale. In molti casi ci siamo riusciti. Quando abbiamo trovato responsabili pubblici lungimiranti con un approccio non ideologico, abbiamo lavorato tenendo a fuoco i bisogni del paziente.
SocialJob: Quali sono i punti di forza del vostro modello?
Fioretti: Puntiamo sulla creazione di una filiera di servizi e sulla costruzione di reti solidali. Gli utenti hanno esigenze diverse, quindi occorre proporre un?offerta personalizzata, e contare su filiere territoriali molto radicate nel territorio. La grande cooperativa sociale che eroga servizi in zone geografiche molto vaste, non riesce ad avere una vera filiera di servizi radicata, e senza radicamento la filiera non serve a niente. L?altro elemento determinante è la costruzione di reti solidali, ovvero la capacità di mobilitare la comunità locale in un logica di sussidiarietà.
SocialJob: Come riuscite a coinvolgere la comunità?
Fioretti: Per esempio entrando nelle scuole. Oppure promuovendo la solidarietà ?spiccia?, quella che contribuisce a costruire l?humus che completa l?erogazione dei servizi che, per quanto innovativi, se non trovano radicamento quotidiano nel territorio, sono poco efficaci. Completando la filiera con i servizi di prossimità riusciamo a rilevare il bisogno alla sua nascita senza aspettare che si incancrenisca. Le risorse pubbliche sono insufficienti e in diminuzione, quindi è necessario che la comunità si faccia carico dei bisogni di chi è in difficoltà.
SocialJob: Qual è la vostra strategia imprenditoriale?
Fioretti: Lavoriamo seguendo tre direttrici: cercando forme di sostenibilità economica ?mixata?, attraverso singoli progetti finanziati ad hoc da diversi soggetti e dove possibile con la partecipazione dell?utenza privata. In futuro pensiamo anche di attivare partnership finanziare articolate con banche e mutue.
SocialJob: Questa è la prima direttrice. Ne mancano due…
Fioretti: La seconda azione strategica è il marchio, che presuppone la definizione di buone prassi condivise, un modo per garantire l?utenza, le famiglie e il servizio pubblico, ma anche una forma di tutela reciproca per i membri di una stessa rete. Infine, l?ultima linea strategica prevede il coinvolgimento stabile degli stakeholder territoriali. Quando pensiamo a un servizio di cura lo facciamo insieme alle banche dei territori, alle Caritas, all?associazionismo, al volontariato, ai sindacati, perché non possiamo che trovare insieme agli altri le risposte. Non possiamo accettare deleghe o, al contrario, pensare di salvare il mondo da soli. Dobbiamo essere delle imprese sociali dei territori. Il territorio deve essere il nostro padrone.
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