Non profit

Dibattiti. Ilvo Diamanti scuote Bertinoro. Il terzo settore rimanga terzo

Il guaio del settore non profit? Il suo successo. Il suo problema? La mancanza di una riflessione identitaria (di Maddalena Bonicelli).

di Redazione

Il dibattito promosso dalle Giornate di Bertinoro sul tema della rappresentanza del terzo settore e che Vita ha seguito passo a passo, ha saputo chiaramente mettere in evidenza come tale questione sia da collocare su un piano più ampio di quello degli interessi ?di settore? e come il tema riguardi la strutturazione di nuovi percorsi di partecipazione democratica nel nostro Paese. è questo un punto su cui tutti gli intellettuali chiamati ad intervenire si sono riconosciuti, da Zamagni a Rullani, da Bonomi a Magatti. Un discorso, quindi, che chiama in causa le trasformazioni dei bisogni dei cittadini e della loro modalità di espressione nella società, come hanno sottolineato i rappresentanti del terzo settore, da Edo Patriarca a Luigi Bobba. Tra gli intervenuti alle Giornate, Ilvo Diamanti ha lanciato una provocazione in più, avvertendo che il terzo settore oggi corre molti rischi. Quali, professore? Ilvo Diamanti: Quella del terzo settore è un?area dai confini mobili che, a differenza di altre entità, cambia il modo di essere concepita nel corso del tempo e che ha bisogno di processi di autoriflessione e ricerca per definire e negoziare il proprio ruolo sociale. Bisogna partire dal fatto che, dopo la crisi della prima Repubblica, il terzo settore ha vinto. È divenuto un attore fondamentale: si è inserito nella crisi istituzionale di legittimità dei sistemi democratici, ha saputo dare risposte rispetto al profondo senso di sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, alla crisi dei modelli di partecipazione, al deficit di consenso della politica. Il volontariato ha quindi contribuito a modificare i meccanismi di definizione della democrazia e della partecipazione nel nostro Paese, ma oggi vive una situazione di ambiguità e di contraddizione. Oggi, di fronte alla crisi funzionale delle istituzioni, le forme di partecipazione dei cittadini riguardano gli stili di vita personali e si esprimono attraverso di essi: si manifestano tramite fenomeni come il turismo responsabile, il consumo equo e solidale, le forme di boicottaggio messe in atto dai consumatori. È un?area che è diventata vincente perché si è affermata come referente imprescindibile dello Stato, del mercato, dei cittadini. Ma, ed è questo il rischio all?ordine del giorno, il successo ottenuto su ciascuno di questi piani ne ha modificato il modo di percepirsi e di essere percepito, tanto che si può dire che il terzo settore e il volontariato vivano una crisi di ambiguità che è frutto del loro stesso successo. Vita: Quali sono le radici di questa ambiguità? Diamanti: È evidente che il fatto di assumere compiti così rilevanti e su un piano sociale così ampio rende questi soggetti ?ostaggio? delle istituzioni, della politica, degli attori economici, vale a dire dell?organizzazione con la ?O? maiuscola. È un volontariato ?a rischio? di dipendenza dalla politica: soprattutto oggi, nel momento in cui i partiti socialmente non esistono più, è inevitabile che le organizzazioni del terzo settore siano oggetto di grande attenzione da parte della politica. Lo stesso avviene dal punto di vista del mercato, in relazione agli imperativi dell?economia. Sta passando un?idea di terzo settore come macro impresa, macro azienda, macro organizzazione. Vita: Come evitare allora questo rischio? Diamanti: In tre modi. Il primo è incoraggiare, e non deprimere, il volontariato ?disorganizzato?: è un settore che non è né tra Stato e mercato, né tra società e istituzioni, ma che sta ?con me?. Significa coltivare quel pezzo di società che sta sotto, quegli spazi che il volontariato è stato spinto a coprire in relazione alla crisi della politica e del mercato. Il secondo è un invito al volontariato ?involontario?: significa essere altruisti senza dire ?sono altruista?, recuperando l?istinto della solidarietà come funzione di sopravvivenza sociale, e si tratta di una sfida educativa. L?ultima vera questione è che ciò di cui ha bisogno il terzo settore è non farsi chiamare tale; è di essere extrasettore, ha bisogno di non essere definito dallo Sato e dal mercato. Deve ritrovare in sé le ragioni del suo essere terzo, della sua terzietà, ed è un problema identitario, culturale e non di rappresentanza. Pena l?essere mangiato o annesso, vuoi dallo Stato, vuoi dal mercato in ricerca disperata di pezzi vitali di società.

Maddalena Bonicelli

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