Salute

La legge che fa buon sangue

Le associazioni dei donatori entrano nell’organo di governo del Centro nazionale sangue. Intervista ad Andrea Tieghi.

di Benedetta Verrini

Un 2005 da ricordare. Non solo per l?Avis, che proprio quest?anno ha raggiunto il record del milione di soci. Non solo per il sistema trasfusionale italiano, che ha avuto un?estate abbastanza tranquilla (per la prima volta, quest?anno, la Sardegna non ha dovuto ricorrere ad approvvigionamenti dall?estero). Questo è l?anno da ricordare soprattutto per i donatori aderenti a tutte le realtà del volontariato del sangue: l?11 ottobre, infatti, il Senato ha approvato in via definitiva una riforma straordinaria (di cui si attende solo la promulgazione del Capo dello Stato), attesa da 15 anni, che li pone direttamente «nell?organo di governo del sistema sangue», spiega Andrea Tieghi, presidente nazionale Avis. Vita: Cosa comporta questa riforma? Andrea Tieghi: Dal punto di vista del rapporto con il Servizio sanitario nazionale, è la conferma del ruolo che il volontariato ricopre nel sistema sangue. Ora si concretizza nel nuovo Centro nazionale sangue, finalizzato al raggiungimento degli obiettivi di autosufficienza nazionale e al coordinamento delle attività trasfusionali sul territorio. In esso ci sarà un Comitato direttivo, con compiti di indirizzo, coordinamento e promozione delle attività trasfusionali, composto da rappresentanti del ministero, dell?Istituto superiore di sanità, dei Centri trasfusionali regionali e anche da una rappresentanza delle associazioni e federazioni dei donatori di sangue. Mi pare un riconoscimento importante, dal momento che sono i volontari che mettono a disposizione la ?risorsa sangue?. È il completamento di un lungo cammino. Vita: Da dove era cominciato? Tieghi: Il dibattito sul sistema-sangue era cominciato negli anni 80 e sfociato, nel 1990, nella legge 107, che ha finalmente riconosciuto l?assoluta gratuità della donazione del sangue. Fa un certo effetto, ma prima di allora il sangue poteva ancora essere venduto, in seguito a una vecchia normativa del 1967. In ogni caso, anche una legge con buoni principi come la 107 ben presto ha risentito dei rapidi cambiamenti in atto nell?ordinamento italiano. Dall?azien-dalizzazione delle vecchie Unità sanitarie locali fino alla riforma federalista della Costituzione, hanno iniziato ad emergere problemi e lacune nel sistema-sangue. A questo si aggiungano gli scandali sulla sicurezza che hanno interessato tutti gli anni 90: era chiaro che era necessario dare una svolta netta. Vita: Su quali principi? Tieghi: Questa è una legge prima di tutto per gli ammalati, volta a garantire uno standard minimo assistenziale, anche nel settore sangue, identico per ogni parte d?Italia, da Milano a Cata-nia. Mira ad armonizzare il sistema trasfusionale ai connotati federalisti e a raggiungere, con profonde garanzie di sicurezza, la piena autosufficienza del sangue e degli emoderivati. Vita: A che punto siamo, su questo? Tieghi: L?Italia ha un alto consumo di sangue, pari a un fabbisogno teorico di 2 milioni 560mila unità. Rispetto a una raccolta volontaria di 2 milioni 200mila unità, resta un ?buco? di circa 400mila unità, che finora è stato coperto con il ricorso alla donazione occasionale di amici e parenti e alla ?solidarietà? tra regioni: se il Lazio è in emergenza, ad esempio, la Toscana può coprire il fabbisogno con le unità che ha in eccedenza, e così via. Diverso il discorso per gli emoderivati. Vita: Per questi la copertura del fabbisogno è ancora lontana… Tieghi: Sì, siamo al 50% della copertura. L?altra quota di emoderivati deve ancora essere acquistata dall?estero e purtroppo anche da plasma che è stato venduto. In Austria, ad esempio, esistono ancora stazioni di plasmaferesi che pagano 50 marchi per ogni donazione. Noi siamo contrari al fatto che in Europa esista ancora questo doppio binario, e una recente direttiva Ue ha posto l?obbligo della gratuità della donazione. Ma il cammino per il recepimento di questa norma è ancora lungo, anche dal punto di vista culturale. Vita: La nuova legge, riguardo alla lavorazione degli emoderivati, ha posto nuovi paletti di sicurezza? Tieghi: Prima delle leggi europee sulla concorrenza, la lavorazione degli emoderivati in Italia avveniva in regime di monopolio. La liberalizzazione ha portato nuove preoccupazioni sulla sicurezza: ora è stato stabilito che il plasma italiano può essere conferito per la lavorazione anche a industrie straniere (purché con sede nell?Ue) e i prodotti che ne conseguono, interamente tracciati, sono di proprietà del Servizio pubblico: non ci può essere scambio, in fase di lavorazione, con plasma straniero. Vita: Quali sono le prossime sfide? Tieghi: Promuovere una nuova campagna sulla donazione, comunicando anche il fatto che la nuova legge riconosce la giornata di contribuzione anche ai lavoratori precari. Fare un piano per il fabbisogno della città di Roma, che con i suoi numerosi centri ospedalieri d?eccellenza ha un consumo elevatissimo di sangue. Lavorare perché la frequenza di donazione dei nostri volontari aumenti. Mettere a frutto la nostra esperienza presso i nuovi tavoli istituzionali perché il sistema diventi del tutto autosufficiente, con un servizio sicuro e di alta qualità.


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