Sostenibilità

Faccia a faccia. Come educare all’ambiente

Rispondono Corrado Clini direttore ministero dell’Ambiente e Mario Tozzi autore e conduttore di Gaia.

di Chiara Sirna

Risponde Corrado Clini direttore ministero dell?Ambiente C?è bisogno di un?adeguata formazione sul tema delle emergenze ambientali? Sì, ma soprattutto c?è bisogno di una valutazione della complessità. L?ambiente non è una disciplina a se stante, ma il risultato di diversi fattori. Bisogna educare tenendo ben presente che siamo di fronte a risultati di diverse pressioni e azioni. I fenomeni si capiscono se si analizzano le loro cause, non solo le manifestazioni. Le scuole e i mass media dovrebbero lavorare su una metodologia corretta di informazione. Aiuterebbe molto di più a capire cosa succede nel mondo. Il Protocollo di Kyoto prevede progetti di formazione o educazione. Cosa sta facendo il governo? Il ministero dell?Ambiente da anni ha creato, con associazioni e atenei, programmi finalizzati alla comprensione dei fenomeni di cambiamento climatico. Nelle università ci sono master post laurea e corsi ad hoc, ma è difficile fornire risposte adeguate perché lo studio del clima è molto complesso. Se da un lato si può dire che il livello di sensibilità sia più che soddisfacente, dall?altro è ancora discutibile la qualità dell?informazione. Stiamo lavorando con gli atenei italiani per un programma nazionale di ricerca sui cambiamenti climatici. Come si può migliorare l?educazione ambientale? Si dovrebbe lavorare con gli insegnanti e i docenti universitari perché non esiste né in Italia, né in Europa, né in America o in Giappone uno specialista di ambiente o clima, ma soltanto molte discipline diverse. Bisognerebbe favorire una lettura integrata per una visione di sintesi, che comprenda la chimica, l?ingegneria, l?economia, la cultura e le religioni. Grazie a un accordo tra i ministeri dell?Ambiente e della Ricerca, presto inizieremo a lavorare per mettere insieme i formatori in seminari o workshop. Quali sono gli impegni del governo per educare non soltanto i giovani ma anche gli adulti sull?ambiente? I programmi scolastici spesso riguardano i gradi di istruzione inferiori. C?è sicuramente un aumento di conoscenza e di informazione, ma si dovrebbero favorire con maggior frequenza spazi di lavoro comuni. Ripeto, bisogna lavorare sul complesso dei fenomeni ambientali e incentivare uno studio trasversale. Senza mettere in campo invenzioni sorprendenti. Le risorse e le potenzialità già disponibili bastano, semplicemente vanno sfruttate in maniera diversa. Qual è oggi il ruolo delle associazioni ambientali? Sempre positivo, sia quando pongono problemi, sia quando informano o si scontrano con le autorità. Di fronte a denunce fondate il governo dovrebbe assumersi le proprie responsabilità e invece non lo fa. Basta guardare quel che è accaduto per i rifiuti. Da parte delle istituzioni la mancanza di risposta è stata totale. Ora sono a Vienna. In questa città proprio grazie alle pressioni sulla politica si è riusciti a migliorare il funzionamento dell?inceneritore. Invece in Italia manca un?etica di responsabilità. Si tende sempre a sfuggire. E la causa è sempre la stessa: deficit di capacità di governo. Risponde Mario Tozzi autore e conduttore di Gaia C?è bisogno di un?adeguata formazione sul tema delle emergenze ambientali? I programmi scolastici sono inadeguati e gli insegnanti impreparati. L?attenzione mediatica sta crescendo, ma si continua a svilire il dibattito inserendolo nella divisione partitica. Sul surriscaldamento atmosferico, per esempio, si fa credere che esista una divisione all?interno della comunità scientifica. E invece siamo tutti d?accordo sul fatto che l?uomo ne sia la causa. Alcuni documenti del ministero dell?Ambiente chiedono di riportare la questione ambientale a un approccio antropocentrico o teocentrico. Niente di più pericoloso. Il Protocollo di Kyoto prevede progetti di formazione o educazione. Cosa sta facendo il governo? Sono stati organizzati alcuni convegni o conferenze internazionali. Ma dei 2.500 climatologi che sostengono che il clima si riscalda per colpa dell?uomo, si invita sempre l?unico che afferma il contrario. Il problema del Protocollo di Kyoto è che costa troppo. Si ignora il fatto, però, che se venisse attuato ci sarebbe un enorme risparmio sociale. Nessuno vuole battersi per sostenerlo e io sono convinto che alla fine non si farà. Le conseguenze saranno devastanti. Come si può migliorare l?educazione ambientale? Basterebbe inserirla nei programmi scolastici, possibilmente preparati da esperti. La divulgazione della scienza è ferma. Chi mai all?esame di Stato domanderebbe i meccanismi di lacerazione dell?ozono, o l?effetto serra antropico o le misure per combattere l?inquinamento del piombo? Viviamo in un Paese di umanisti, scientificamente analfabeta. Non si accetta che uno studente non si ricordi i Promessi Sposi, ma se non conosce Crick o Watson, che hanno fatto la più importante scoperta del pianeta sul Dna, nessuno si scandalizza. Quali sono gli impegni del governo per educare non soltanto i giovani ma anche gli adulti sull?ambiente? Li conoscete? Io non li vedo. Ci sono soltanto iniziative autonome degli enti locali. Nel comune di Roma, dove vivo, per esempio è stato attivato il car-sharing; in Emilia e in Toscana sono nate reti ecologiche di straordinaria importanza. Le amministrazioni comunali e provinciali si stanno muovendo con programmi propri, ma manca un?iniziativa e una direttiva centrale e coordinata. Qual è oggi il ruolo delle associazioni ambientali? Non possono fare più di quel che fanno perché sono stati tagliati i fondi e il numero dei soci continua a diminuire. I loro interventi sono limitati, riescono a proteggere soltanto piccole oasi, ma sono una ricchezza e una conquista importantissima. Le istituzioni le attaccano dicendo che antepongono la difesa della natura a quella dell?uomo. Ma chissà dove vive l?uomo. Io tra un?Italia dei prezzi e una dei valori scelgo ancora la seconda. Chi si schiera contro il Protocollo di Kyoto invece lo fa per proteggere interessi di parte.


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