Welfare

Criminalità organizzata, don Ciotti lancia l’allarme

Dopo l'omicidio Fortugno, primi cittadini in assemblea nell'aula del Consiglio regionale "Leggi speciali, o dimissioni", e intanto Don Ciotti mette in guardia su quanto sta accedendo in Parlamento

di Redazione

Mentre a Locri centinaia di studenti sono scesi in piazza contro la ‘ndrangheta, a Reggio Calabria è stata aperta la camera ardente di Francesco Fortugno, il vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria assassinato domenica in un seggio delle primarie nella cittadina jonica. E se il Quirinale ha annunciato che nel pomeriggio il presidente della Repubblica sarà a Reggio Calabria per rendere omaggio alla salma di Fortugno, Don Luigi Ciotti lancia l’allarme “Il disegno di legge sulla confisca dei beni ai boss mafiosi, che oggi sarà discussa alla Camera dei deputati, è una trappola in nome di un malinteso garantismo” secondo il quale “con questo testo nessun provvedimento di confisca sarà mai definitivo”. Sulla questione l’associazione Libera, di cui don Ciotti è presidente, e decine di familiari delle vittime delle mafie hanno lanciato oggi un appello con il quale chiedono “un serio e approfondito ripensamento, in sede di dibattito parlamentare”, del disegno di legge delega sulla confisca dei beni ai boss. Libera e i familiari delle vittime chiedono di intervenire soprattutto per quanto riguarda la possibilità di revisione dei provvedimenti definitivi di confisca, e per questo auspicano che “deputati e senatori di tutte le forze politiche sappiano trovare la giusta misura, il corretto equilibrio tra la tutela dei diritti di chi subisce i provvedimenti di confisca dei beni e la necessità di sottrarre alle organizzazioni mafiose gli immensi patrimoni che accumulano ogni anno, nell’illegalità e nel sangue”. Qualche esempio per chiarire di che cosa si sta parlando. La legge che permette la confisca dei beni confiscati ai mafiosi per un “riutilizzo sociale” nacque nel 1996 e Libera fu uno dei promotori. Vennero raccolte un milione di firme per cambiare la vecchia norma e introdurre i nuovi meccanismi. Fu una rivoluzione: in soli sei anni oltre mille beni immobili per un valore di oltre 150 milioni di euro vennero confiscati e riutilizzati a fini sociali. Tra questi, i più noti sono la villa di Totò Riina a Corleone che oggi è una scuola, i terreni del latitante Bernardo Provenzano nei quali si producono olio e prodotti agricoli gestiti da cooperative sociali, le terre dei boss Vitale di Partinico o quelle sparse in tutta il palermitano tra Corleone, Monreale, Piana degli Albanesi, San Giuseppe Iato. Da semplici rendite per le famiglie mafiose, centinaia di ettari di terra sono diventati opportunità di lavoro. Alla fine del 2003, grazie alla legge 109 vennero confiscati quasi 5.000 beni immobili e poco meno di 150 aziende. Ora, secondo Libera, questa legge è in pericolo perché, spiega l’appello, “rischia di essere approvato dal Parlamento un disegno di legge che tra i molti aspetti discutibili prevede la possibilità di revisione, senza limiti di tempo e su richiesta di chiunque sia titolare di un interesse giuridicamente riconosciuto, dei provvedimenti definitivi di confisca”. “Se dovesse essere approvato – sostiene l’associazione presieduta da Don Ciotti – tutti i beni confiscati finirebbero in un limbo di assoluta incertezza. Esattamente il contrario di quanto sarebbe necessario oggi”. L’appello raccoglie le adesioni, tra gli altri, di don Luigi Ciotti, Rita Borsellino, Giovanni Impastato, Claudia Loi, Daniela Marcone, Viviana Matrangola, Debora Cartisano, Margherita Asta, Maddalena Rostagno, Monica Rostagno e Elisabetta Roveri. Maggiori informazioni:

  • Associazione Libera

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