Volontariato

Liberia al voto, dopo 25 anni di sangue

Tra i favoriti l'ex calciatore del Milan George Weah ed Ellen Johnson-Sirleaf, ex economista della Banca mondiale. I conflitti passati e come si arrivati a questo storico voto

di Chiara Brusini

In Liberia si sono aperte stamattina le urne per 1,3 milioni di elettori, su una popolazione di poco più di tre milioni. L?affluenza è elevata e si voterà sino a stasera. Tra i favoriti in corsa per la presidenza ci sono l’ex calciatore del Milan George Weah ed Ellen Johnson-Sirleaf, ex economista della Banca mondiale. Le operazioni di voto sono supervisionate dai Caschi blu, che hanno l’ordine di reagire energicamente a qualsiasi tentativo di turbativa del voto. I risultati ufficiali saranno resi noti il prossimo 26 ottobre. Ma come si è arrivati al voto di oggi e quali sono state le cause del conflitto che ha insanguinato questo Paese africano negli ultimi 25 anni? La storia dello Stato liberiano e della sua gente ha avuto un corso differente dall’ideale americano che avrebbe dovuto “guidarne” le sorti politiche, e che ispirò la sua indipendenza nel 1847 (prima Repubblica del continente africano a raggiungere a ?liberarsi?, da cui il nome dello Stato). La Liberia che va alle urne oggi, invece, è un Paese segnato da guerre civili, colpi di stato a ripetizione e povertà cronica. Due le principali fonti di conflitto interno. La prima si è consumata tra la maggioranza delle popolazioni indigene e i liberiani di origine americana, cui apparteneva il National Patriotic Front of Fileria, il gruppo di ribelli armati capeggiati da Charles Taylor che nel dicembre dell’89 invase la Contea di Nimba, sfruttando i contrasti in atto tra la tribù Kran, a cui apparteneva Samuel Doe (capo della Armed Forces of Liberia e dittatore del Paese dal 1980), e le tribù del nord Gio e Mano. La seconda fonte di conflitti della Liberia si è consumata tra gli stessi gruppi etnici indigeni, basandosi sulla rivendicazione di antichi risentimenti etnici che si intrecciano alla volontà di conquistare potere politico. Negli ultimi vent?anni i focolai di conflitto hanno più volte ripreso vigore, sfociando in violenze e veri ?stermini etnici?. La rivolta del 1989 mise fine alla violenta dittatura di Doe (a sua volta assassinato dai sicari del ribelle Prince Johnson), preparando l’avvento dell’altrettanto autoritaria era Taylor. Tra il 1992 e il 2002, desideroso di conquistare le miniere di diamanti della confinante Sierra Leone, Charles Taylor appoggiò il Ruf (Revolutionary United Front) di Foday Sankoh. Una lunga scia di sangue e di traffici loschi lo portò al potere a Monrovia nel 1997, quando vinse le elezioni politiche e instaurò il suo regime del terrore: la polizia speciale di Taylor non ebbe pietà con gli ex oppositori del Movimento Unito di Liberazione (Ulimo), che vennero arrestati, torturati e uccisi a centinaia. Nel frattempo i conflitti inter-etnici e le lotte tra fazioni non accennavano a diminuire, e i numerosi membri della famiglia di Taylor presenti nel Governo dimostravano la loro incompetenza nel tentativo di rilanciare l?economia. In seguito le crescenti pressioni della comunità internazionale e le forti istanze per una concreta ripresa economica fecero perdere al National Patriotic Party (Npp) ed allo stesso Taylor l?appoggio dei vecchi sostenitori. Fu così che l?era Taylor terminò nel 2003, con l’esilio del “signore della guerra” che aveva trasformato il Paese in un’arena sanguinaria (centocinquantamila morti e mezzo milione di profughi) e con gli accordi di Accra stipulati tra le fazioni ribelli del Lurd (Liberians United for Reconciliation and Democracy), quelli del Model (Movement for Democracy in Liberia) e il nuovo Governo guidato da Jyude Bryant. L?esecutivo provvisorio di Bryant, sostenuto dagli Usa, ha retto per due anni in virtù della presenza di una forza multinazionale a mandato Onu, composta da 15mila “caschi blu”. Contemporaneamente, dal suo esilio nigeriano, l?ex Presidente Taylor ha tentato di recuperare un qualche spazio politico, nonostante la pesantissima accusa del Tribunale Onu per i crimini commessi in Sierra Leone (17 capi d?accusa, tra cui il reclutamento di bambini soldato). Infine un?ombra su uno dei candidati alle presidenziali di oggi: il procuratore del Tribunale per la Sierra Leone, David Crane, ha accusato Taylor di aver sostenuto con cospicui finanziamenti Francis Kalawalo, uno dei 22 candidati alla presidenza. Sul numero di Vita in edicola da venerdì la corrispondenza da Monrovia del nostro inviato Pablo Trincia.


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