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Traffico di armi nel mondo, meno 25% in un anno

È quanto emerge dal rapporto annuale pubblicato in questi giorni dal Sipri (Stockholm international peace research institute)

di Redazione

Il volume del commercio mondiale degli armamenti si è ridotto da circa 20 miliardi di dollari nel 2000 a 15 miliardi nel 2001, con una diminuzione del 26 per cento. È quanto emerge dal rapporto annuale pubblicato in questi giorni dal Sipri (Stockholm international peace research institute), prestigioso istituto di ricerche sulla pace di Stoccolma, fondato nel 1964 per ricordare i 150 anni di pace ininterrotta della Svezia e finanziato dal parlamento svedese. Sarebbe auspicabile che anche in Italia fosse costituito un analogo centro di ricerche pubblico ed indipendente. Le statistiche fornite dal Sipri riguardano però solo i maggiori sistemi d’arma (aerei, elicotteri, navi, carri armati, blindati) e sono espresse in dollari correnti, cioé depurati dall’inflazione. I dati consentono comunque di individuare i principali esportatori mondiali di armi. I primi posti di questa poco onorevole classifica sono occupati da Stati Uniti, Russia, Francia, Regno Unito e Germania. Tutti e cinque sono membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu con diritto di veto. Poco sotto, nella medesima lista, troviamo la Cina, che aspira ad entrare nel Consiglio di sicurezza. La presenza di questi Paesi ai primi posti della classifica contribuisce a spiegare le difficoltà incontrate quotidianamente da istituzioni e organismi internazionali nell’imporre severe restrizioni al commercio di armi e nel far rispettare gli embarghi ai numerosi Stati attualmente in guerra. Gli Stati Uniti, sempre secondo il Sipri, con un giro d’affari di 49 miliardi di dollari nel quinquennio 96-2000, rappresentano quasi la metà del commercio mondiale di armi, pari a 104 miliardi di dollari. Sono inoltre i principali fornitori di tutti i primi dieci importatori, fatta eccezione per l’India. Segue a grande distanza la Russia, il cui export è in crescita, con 16 miliardi incassati dal ’96 al 2000: i suoi principali clienti sono India e Cina. Al terzo posto c’è la Francia, con quasi 11 miliardi e una quota di mercato superiore al 10 per cento. Troviamo poi Regno Unito e Germania, con una “fetta” compresa fra il 5 ed il 10 per cento. Questi cinque Paesi, nel loro insieme costituiscono l’85 per cento del mercato globale. Più in basso nella classifica si collocano i Paesi Bassi e l’Ucraina praticamente alla pari con 2 miliardi, mentre l’Italia guadagna un posto rispetto al lustro 1995-1999, passando dal nono all’ottavo posto con 1,7 miliardi. Più distanziati Cina ed Israele, rispettivamente con 1,5 e 0,8 miliardi. Quali sono i maggiori clienti dei mercanti d’armi nel periodo 1996-2000? Al primo posto è Taiwan con oltre 12 miliardi di dollari, al secondo posto l’Arabia Saudita con più di otto, al terzo la Turchia con circa 5,5 miliardi. Seguono la Corea del Sud e la Cina, con importi superiori a 5 miliardi. Pechino ha acquistato armi per oltre due miliardi di dollari nel solo 2000. Al sesto posto c’è l’India, seguono Grecia ed Egitto, il primo fra i Paesi africani con 3,6 miliardi. E’ da evidenziare che in questo modo il Governo del Cairo sottrae enormi risorse allo sviluppo socio-economico del Paese ed incrementa il debito estero Seguono Giappone, Emirati Arabi ed Israele con poco meno di tre miliardi. E’ da sottolineare che diversi fra i principali acquirenti sono interessati da stati di tensione, se non di guerra aperta e la fornitura di armi sempre più sofisticate aumenta il rischio di conflitti. L’area geografica che compra armamenti in misura maggiore è l’Asia con circa 6 miliardi di dollari, in particolare quella nord orientale (Cina, Corea del Sud e del Nord e Giappone), con circa 3,5 miliardi di dollari, con un calo nel 2000 rispetto al 1999, così come il Medio Oriente sceso a 3,5 miliardi di dollari (erano 5 nel ’99). L’Europa importa per 3,5 miliardi e le Americhe per 1,2. Da evidenziare il raddoppio dell’import africano passato da 475 milioni nel 1999 a 1 miliardo nel 2000, tale aumento è dovuto all’Africa settentrionale, mentre l’area del Continente a sud del Sahara è rimasta costante Fra i Paesi importatori africani dopo l’Egitto c’è l’Angola con 253 milioni di dollari nel 2000 e 583 milioni nell’ultimo quinquennio (96-00), segue l’Algeria con 564 milioni nel 2000 ed 820 nel quinquennio e l’ex Zaire con 108 milioni nel 2000 e 244 nel quinquennio. Attraverso questo particolare commercio gli USA, oltre a controllare il Medio oriente, indirizzano verso le proprie industrie belliche i proventi petroliferi dei Paesi del Golfo. In tal modo lievita il debito estero. Cosa aspettano il Fondo Monetario Internazionale, le altre istituzioni internazionali nonché i Governi dei Paesi occidentali a subordinare l’erogazione di aiuti economici alla riduzione delle spese militari? (Fonte: Misna)


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