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Tremonti: furbo, gasato o innovatore?

Nella legge Finanziaria 2006 ci piacciono le norme contro i poteri finanziari e capaci di colpire i profitti sulle rendite.

di Riccardo Bonacina

Diciamolo subito, la Finanziaria 2006 firmata da Tremonti, è interessante. Perciò sarebbe stupido e irresponsabile in un momento così delicato per la vita del Paese, limitarsi a un ?no? pregiudiziale o, peggio, elettorale. Piuttosto, bisognerebbe alzare la voce su ciò che non c?è (vedi il fondo per non autosufficienti, le misure per la famiglia), come fa Pezzotta in queste stesse pagine, o elaborare documenti propositivi come quello della Lega delle autonomie locali. La Finanziaria 2006 contiene misure, anche dal punto di vista culturale, innovative e coraggiose. Esempi? Il fatto che si decida di tagliare il 10% dello stipendio ai quasi 160mila eletti italiani in ogni ordine d?istituzione rappresentativa, il 10% ai compensi di coloro che sono chiamati a incarichi di governo a qualsiasi titolo, ai consulenti, alle stesse strutture dei ministeri. Il fatto che si metta mano alla ormai tristemente famosa Pex (norma fiscale sulle plusvalenze) che ha permesso alle sette società che hanno ceduto a Unipol le azioni Bnl in loro possesso di realizzare complessivamente, senza muovere un dito, o usandolo solo per cliccare sul mouse, un guadagno di 1,2 miliardi di euro pagando meno di 20 milioni di euro di tasse (l?1,65% della somma in questione). Interessante anche la cosiddetta ?tassa sul tubo?, ovvero un?addizionale a carico dei soli gestori delle grandi reti (elettricità e gas) che, dopo aver rilevato in regime di ?liquidazione? le concessioni dello Stato, hanno realizzato utili su utili sulle sole spalle dei consumatori. E ancora la decisione di sottrarre ai profitti delle banche i cosiddetti ?conti correnti dormienti?, ovvero i conti non movimentati da almeno cinque anni che alcune stime quantificano in 15 miliardi di euro. Quindici miliardi che invece di andare a incrementare i profitti bancari andranno a rimborsare i piccoli risparmiatori truffati. Insomma, misure che vanno contro consolidati interessi finanziari e privilegiate posizione di rendita. Tra le novità che impongono a chi critica di provare a non buttare il bambino con l?acqua sporca, una ci riguarda in particolar modo. Si tratta dell?art. 45 del disegno di legge collegato alla Finanziaria 2006 che recita: «L?art. 45 istituisce per l?anno finanziario 2006 e in via sperimentale un Fondo alimentato da una quota pari al 5 per mille dell?imposta sul reddito delle persone fisiche da destinare a scopi di sostegno al volontariato, alla ricerca e università e per le attività sociali svolte dai Comuni di residenza dei contribuenti». Poco tempo fa, proprio a Vita, Giulio Tremonti aveva spiegato così la ratio del 5 per mille per volontariato e ricerca scientifica: «Oggi si presume che tutto il pubblico sia statale e che esso si finanzi via bilancio pubblico. Si presume, poi, che sul bilancio pubblico possa decidere solo la politica. Ma questo è uno schema superato dalla realtà: non tutto ciò che è pubblico è, infatti, statale. Se il ruolo della società cresce, il circuito politico-finanziario non può restare tutto verticale e centrale. Per una società sempre più matura è politicamente strategico un crescente e più diretto coinvolgimento della società nelle scelte di destinazione e di gestione delle risorse pubbliche. Oggi il cittadino vuol essere in qualche modo padrone della sua imposta e perciò vuole influire sulla sua destinazione. Bisogna trasferire quote di potere e di responsabilità dallo Stato alla società». Purché questo non significhi la dismissione dei doveri dello Stato, avevamo obiettato. E il professore: «Lo Stato burocratico è già ora fin troppo grande e fin troppo costoso, ed è a rischio dispersione e corruzione. La soluzione non è dunque e non può essere: più servizi sociali statali e più tasse per pagarli, immaginando un?illimitata e impossibile espansione dell?imposizione fiscale. Garantire il funzionamento dello Stato sociale rimane un nostro dovere. Ma dobbiamo necessariamente pensare a qualcosa di nuovo». L?uomo, si sa, è intelligente ma ha un limite: la sua presunzione, la sua sindrome da ?primo della classe?. Dicono sia cambiato. Vedremo. Lo si capirà se su questo punto (come su altri) saprà sedersi a un tavolo, confrontarsi con gli interlocutori destinatari della norma e capire se un?intuizione brillante potrà diventare norma utile al Paese. Onde evitare clamorosi fiaschi, come quello della De-tax, altra intuizione di Tremonti, contenuto nella Finanziaria 2003 ma che non riuscì mai a diventare norma, legge. Perché troppo astratta, astrusa, anche perché mai verificata con chi di tale norma era il destinatario.


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