Famiglia

Povertà: povere oltre 2,6 milioni di famiglie italiane

Sono poveri oltre 7 milioni e mezzo di individui, pari al 13,2 per cento della popolazione il fenomeno è più grave per il Sud, i nuclei numerosi e le coppie giovani

di Antonietta Nembri

Nel 2004 le famiglie residenti in Italia che vivono in condizioni di povertà relativa sono 2 milioni 674mila, pari all’11,7% delle famiglie residenti, per un totale di 7 milioni e 588 mila individui, il 13,2% dell’intera popolazione.
L’Istat, ha diffuso oggi – 6 ottobre – i dati sulla povertà relativa in Italia nel 2004 sottolineando che le famiglie italiane sono sempre più povere nel Mezzogiorno (una su quattro) in particolare in Sicilia e Basilicata. La povertà colpisce in particolare le famiglie numerose, gli anziani e le coppie giovani.

L’incidenza della povertà relativa resta sostanzialmente inalterata rispetto agli anni precedenti, così come i profili che maggiormente caratterizzano le famiglie povere; gli aumenti statisticamente significativi riguardano, invece, le famiglie residenti nel Mezzogiorno, le famiglie numerose (5 o più componenti) e quelle con figli minori o con anziani (del Centro e del Mezzogiorno). Gli unici segnali di miglioramento si osservano nel Nord, dove Friuli Venezia Giulia e la Provincia di Bolzano mostrano decrementi statisticamente significativi.

L’intensità della povertà, che misura di quanto, in termini percentuali, la spesa delle famiglie povere è mediamente al di sotto della linea di povertà, è pari al 21,9%, in leggero aumento rispetto al 2003. Questo indica che la spesa media equivalente delle famiglie relativamente povere risulta pari a circa 719 euro al mese. La soglia convenzionale di povertà relativa per una famiglia di due componenti, che è rappresentata dalla spesa media mensile pro capite, risulta, nel 2004, di 919,98 euro, il 5,2% in più rispetto al valore dell’anno precedente. Quindi le famiglie di due persone che sostengono una spesa media mensile pari o inferiore a tale soglie sono classificate come povere.
La percentuale di famiglie relativamente povere, osservata a livello nazionale, è il risultato di situazioni differenziate a livello territoriale: si passa dal 4,7% del Nord, al 7,3% del Centro, al 25% del Mezzogiorno.

Nel Centro-Nord l’incidenza di povertà relativa assume valori modesti, non superiori al 4,6%, in Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e in provincia di Bolzano. Queste ultime presentano incidenze significativamente inferiori a quelle di Umbria, Lazio e della provincia di Trento, dove invece i valori sono sempre superiori all’8,1%. Nelle regioni del Mezzogiorno l’incidenza di povertà relativa è significativamente più elevata rispetto al resto del Paese e raggiunge le percentuali più alte in Basilicata (28,5%) e in Sicilia (29,9%).
Fanno eccezione l’Abruzzo e la Sardegna, che mostrano valori significativamente inferiori alla media (16,6% e 15,4% rispettivamente), ma comunque superiori a quelli di tutte le regioni Centro-settentrionali.

Le famiglie con 5 o più componenti presentano ovunque livelli di povertà elevati. In media, quasi un quarto di queste famiglie risulta relativamente povero, ma nel Mezzogiorno la percentuale sale a oltre un terzo di quelle residenti. Si tratta in generale di coppie con figli e di famiglie con membri aggregati, tra le quali si osservano le incidenze più elevate: il 22,7% per le coppie con tre o più figli e il 18,5% per le famiglie con membri aggregati. La presenza di un elevato numero di figli, in particolare di figli minori, si associa con livelli di povertà più elevati della media: nel Mezzogiorno, se i figli minori sono 3 o più, l’incidenza raggiunge il 41%, rileva l’Istat.

Critica appare anche la condizione degli anziani: l’incidenza della povertà è pari al 15% tra le famiglie con almeno un componente di oltre 64 anni di età e raggiunge il valore massimo (17,3%) quando in famiglia è presente più di un anziano. Il disagio relativo è più evidente nelle regioni del Nord dove, a fronte di un’incidenza media del 4,7%, le coppie anziane povere sono il 7,2% e gli anziani soli poveri il 6,8%.
Livelli di povertà superiori alla media si riscontrano anche per le famiglie di genitori soli (in particolare nel Nord e nel Centro), mentre sono decisamente più bassi in tutte le ripartizioni i valori rilevati tra i single giovani-adulti e tra le coppie della stessa fascia di età. Tra le famiglie con persona di riferimento donna la diffusione della povertà è sostanzialmente analoga a quella delle famiglie con a capo un uomo, anche se va sottolineato che è costituito da donne l’83,8% degli anziani poveri e soli così come l’83,2% dei genitori soli poveri.
Più accentuata la differenza di genere nelle regioni del Centro e del Nord, dove l’incidenza della povertà per le famiglie con persona di riferimento donna è superiore a quella rilevata tra le famiglie con a capo un uomo rispettivamente di uno e due punti percentuali.

Inoltre, bassi livelli di istruzione, esclusione dal mercato del lavoro o bassi profili professionali si associano strettamente alla condizione di povertà. Tra le famiglie con persona di riferimento in possesso di un elevato titolo di studio (scuola media superiore e oltre) meno di una su venti risulta povera, mentre lo è una su cinque se la persona di riferimento non ha alcun titolo o ha la sola licenza elementare. Il divario è particolarmente importante nelle regioni del Centro-nord. La percentuale di famiglie povere tra quelle con membri esclusi dal mercato del lavoro risulta decisamente elevata: è pari al 28,9% tra le famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione e al 37,4% tra quelle con due o più componenti in cerca di lavoro.

La condizione è tanto più grave quanto meno forte è la capacità reddituale degli altri componenti: tra le famiglie con almeno una persona in cerca di occupazione, l’incidenza è pari al 15,7% quando la persona di riferimento è un lavoratore autonomo, al 18,8% se si tratta di un dipendente, mentre sale al 25% nel caso la persona di riferimento sia ritirata dal lavoro. In generale, le famiglie di lavoratori autonomi sono meno toccate dal fenomeno della poverta’: 7,5% contro il 9,3% rilevato per le famiglie di dipendenti e il 13,1% di quelle in cui sono presenti ritirati dal lavoro.

Nel Mezzogiorno l’aumento significativo dell’incidenza della povertà (una famiglia su quattro è povera, contro una su cinque dell’anno precedente) risulta generalizzato in quanto investe trasversalmente le famiglie a prescindere dall’età, dal titolo di studio e dalla condizione professionale della persona di riferimento. In particolare, se viene analizzata la tipologia familiare appare evidente come il peggioramento riguardi essenzialmente le coppie di giovani-adulti, le coppie con figli, in particolare minori, e quelle con anziani. Nelle regioni centrali, dove il fenomeno risulta sostanzialmente stabile, un aumento significativo dell’incidenza della povertà si osserva, invece, tra le famiglie di anziani, in particolare tra quelle costituite da donne sole.
Sono infatti soprattutto le persone sole con almeno 65 anni a veder peggiorata la propria condizione: l’incidenza è più che raddoppiata, passando dal 4,2% al 10%. Le uniche variazioni statisticamente significative nelle regioni settentrionali sono quelle relative alla diminuzione dell’incidenza della povertà tra i lavoratori autonomi (dal 3,6% al 2%), tra le famiglie con persona di riferimento di età compresa tra i 55 e i 64 anni (dal 4,7% al 3,2%) e tra le famiglie di anziani, soprattutto se in coppia: per le coppie di anziani si passa dal 9,4% al 7,2% così come per le famiglie con due o più anziani dall’11,1% all’8,5%.

La classificazione delle famiglie in povere e non povere, definita attraverso la soglia convenzionale, può essere maggiormente articolata utilizzando due soglie aggiuntive, corrispondenti all’80% e al 120% di quella standard. Nel 2004 tali soglie, pari rispettivamente a 735,98 euro e 1.103,98 euro, consentono di individuare quattro gruppi di famiglie: oltre a quelle ”sicuramente non povere”, che evidenziano i consumi piu’ elevati (superiori al 120% della linea), si distinguono quelle ”a rischio di poverta”’, la cui spesa media si colloca tra la linea standard e quella al 120%, quelle ”appena povere”, con consumi inferiori alla linea di non oltre il 20% e quelle ”sicuramente povere”, con consumi inferiori all’80% della linea di povertà standard.
Il 7,9% delle famiglie residenti in Italia risulta a ”rischio di povertà”, mentre il 5,5% (1.256 mila famiglie) presenta condizioni di disagio estremo (”sicuramente povere”), percentuale che nel Mezzogiorno sale al 13,2%.
Per contro, le famiglie ”sicuramente non povere”, che a livello nazionale rappresentano l’80,4% del totale delle famiglie, variano tra il 90,3% del Nord, l’85,6% del Centro e il 62,5% del Mezzogiorno.

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