Famiglia
Sono Ramadan, il diavolo
Blair lo ha chiamato nella consulta istituita dopo gli attentati. Mentre gli Usa gli hanno tolto il visto. Lui contrattacca: «Su di me troppe calunnie». Intervista all'intellettuale islamico
«Un maestro del doppio linguaggio» (André Glucksmann), «Un antisemita» (Bernard-Henry Lévy), «La faccia accettabile del terrorismo» (The Sun). Anzi no. È «Uno degli innovatori del XXI secolo» (The Time), il «Martin Luther King dell?Islam» (Salon), «Un ponte tra l?Oriente e l?Occidente» (Boston Globe).
Su Tariq Ramadan, origine egiziana ma nato 43 anni fa a Ginevra, docente di Filosofia e di Studi islamici e una ventina di libri alle spalle, si è detto di tutto e il contrario di tutto. Ma lui, il più popolare e controverso studioso islamico d?Occidente, nonché nipote di Hassan al Banna, il fondatore dei Fratelli musulmani, non si scompone di fronte ai detrattori e tira dritto per la sua strada. «Solo calunnie per bollarmi come un fanatico. Ci sono però le mie pubblicazioni e il mio sito internet (www.tariqramadan.com) per chi voglia veramente conoscere ciò che dico senza equivoci». Sbarcato a Torino per partecipare a una serie di incontri legati alla manifestazione della tregua olimpica, Ramadan perde il suo aplomb svizzero solo quando gli si ricorda il nome di Daniel Pipes. «Il Dipartimento di Stato Usa mi ha dichiarato persona non grata, senza ulteriori spiegazioni. I motivi li ha illustrati poi Pipes sul Chicago Tribune indicandomi, tra le altre sciocchezze, come simpatizzante della rete di Al Qaeda». Ma se non può mettere piede negli Usa, Ramadan è più che benvenuto sull?altra sponda dell?alleanza atlantica. A fine agosto Tony Blair l?ha ?arruolato? – assieme ad altri 12 consiglieri islamici – in una task force contro il terrorismo e l?università di Oxford gli ha offerto una cattedra come professore associato.
Vita: Professor Ramadan, lei ha apertamente osteggiato l?intervento militare in Iraq. Oggi però è al fianco di Blair. Si tratta di un cambiamento di rotta?
Ramadam: No, affatto. Sono stato consulente in altre piattaforme per l?Unione Europea, in Olanda e anche negli Stati Uniti. È sbagliato criticare i governi e poi tirarsi indietro quando si presenta l?opportunità di poter contribuire attivamente. Cerco di essere sempre propositivo e così dovrebbe comportarsi tutta la comunità islamica europea. La condivisione delle responsabilità è parte del cammino verso l?integrazione. L?unica condizione che pongo è la libertà assoluta di pensiero, di critica e di espressione. Non accetterei mai di prendere parte a una consulta solo per appoggiare ciecamente l?operato di un governo. Così è il caso della task force di Tony Blair. Continuo a non condividere l?aggressione all?Iraq e tanto meno la politica di sicurezza adottata da Downing Street che ha portato all?espulsione di persone in Paesi dove è praticata la tortura e sono negati i più elementari diritti umani.
Vita: Giovedì 22 settembre è stato consegnato il primo rapporto della task force. Quali sono state le conclusioni?
Ramadam: Le proposte che stiamo portando avanti sono di varia natura. Ma tutte hanno per obiettivo il vivere comune in armonia accettando le molteplici diversità. Un primo passo va fatto nel sistema educativo che dovrebbe essere più inclusivo. Senza dimenticare il piano politico. Le decisioni di politica internazionale hanno un forte impatto sulle comunità. Ciò non significa giustificare sul piano etico gli attentati di Londra, che vanno condannati, ma è altresì evidente il legame tra le bombe e il conflitto iracheno.
Vita: Ma il multiculturalismo ?all?inglese? può ancora funzionare?
Ramadam: Questo sistema di convivenza non è ciò che il mondo moderno ha bisogno. Le diverse comunità vivono l?una accanto all?altra senza conoscersi né mischiarsi. Si tratta di un clima di autoghettizzazione che non riguarda solo gli immigrati ma coinvolge tutti. Per un vero multiculturalismo ci vuole un cambiamento di mentalità, un?apertura per superare le barriere dell?ignoranza e conoscere l?altro. E tollerare non è più sufficiente, il rispetto è la via da seguire.
Vita: L?eco delle bombe di Londra ha portato a un giro di vite sulla sicurezza anche in Italia. Alcuni imam, come quello di Torino, Bouriki Bouchta, sono stati espulsi. Cosa pensa di questi provvedimenti?
Ramadam: Non so cosa abbia detto, ma se ha commesso un reato contro la legge italiana il suo posto è dinanzi a un tribunale. E se ritenuto colpevole dovrà scontare la sua pena in carcere. Il sistema delle espulsioni invece non serve ed è sbagliato.
Per proteggere i nostri valori bisogna trattare le persone secondo le leggi e i valori che le hanno ispirate.
Vita: Pensa possa essere utile la Consulta islamica che sta nascendo in Italia ?
Ramadam: Non credo sia un buono strumento. In questo momento c?è bisogno di costruire un rapporto di fiducia tra cittadini di tutte le confessioni. Senza la rappresentatività e la trasparenza, un organo come la Consulta è un guscio vuoto.
Vita: E del caso della scuola di via Quaranta cosa pensa?
Ramadam: Non sono un sostenitore delle scuole islamiche, perché non fanno altro che aumentare la segregazione. Ci vuole una scuola comune per tutti affinché le diverse identità possano venire a contatto sotto lo stesso tetto. Ma il caso di via Quaranta è stato gestito male. Chiudere una scuola, anche se mai accettata ufficialmente, non è come chiudere un ristorante. E averlo fatto a pochi giorni dall?inizio delle lezioni non è un bel messaggio. Tutte le decisioni che prendono di mira solo i simboli vanno nella direzione sbagliata e aumentano il clima di sfiducia tra i cittadini di altre confessioni religiose.
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