Non profit

Se potessi parlare di carità agli azionisti

Intervista all'"economo" padre Giampiero Gambaro. Il rappresentante dei Cappuccini declina il senso della vita francescana nel mondo di oggi. Dalla povertà all'umiltà

di Sara De Carli

Il curriculum di padre Giampiero Gambaro è molto, molto curioso. È il legale rappresentante della Curia generale dell?Ordine dei Cappuccini, fa parte del comitato etico sui fondi d?investimento di una nota istituzione finanziaria, e pare conoscere i tavoli degli azionisti almeno quanto lo Specchio di perfezione, lo scritto attribuito a frate Leone che cita più volte nella nostra chiacchierata. A lui, che è anche presidente della Fondazione Sorriso francescano di Genova, abbiamo chiesto chi è il Francesco del terzo millennio. Vita: Qual è il tratto di Francesco cui maggiormente vi ispirate? Giampiero Gambaro: La famigliarità e l?accoglienza gioiosa. In un mondo dove tutto, anche i bisogni sociali, è tecnicizzato, patologizzato e sanitarizzato, noi cerchiamo di mantenere un approccio globale alla persona. Se vuole lo chiami spirituale. In ogni caso è lo stile della semplicità, dove semplice vuol dire più umano, non più superficiale. Vita: Cos?è la povertà oggi? Gambaro: La povertà è un valore solo se è scelta, altrimenti diventa miseria. E a una persona che vive la miseria non puoi permetterti di dire che la povertà è una virtù. Oggi ai poveri, soprattutto ai ragazzi, non puoi dare abiti usati: devi dare i soldi per comprare abiti nuovi. E cerchi di educarli a ragionare su come usano i soldi. Vita: Quindi la povertà non è più un valore così importante? Gambaro: Lo è, ma intesa in altro modo. Il modo di vivere la povertà oggi è soprattutto l?umiltà. Umiltà viene da humus, terra, è la capacità di restare agganciati alla realtà. E per noi francescani la realtà è sempre buona, nonostante tutto. Quindi la povertà oggi è la capacità di lodare Dio nonostante tutto. Vita: E la carità? Gambaro: Resta un buon modo per entrare in contatto con il fratello, per condividere. Però ci sono tante forme nuove di condivisione: tentare di costruire città con meno barriere individuali e più spazi di socialità e aggregazione; guardare all?altra sponda del Mediterraneo con maggiore apertura; tentare di costruire ponti tra pubblico e privato, senza fare convegni e teorie, ma nel silenzio delle opere quotidiane. La nostra povertà è uno strumento, non un fine. Vita: Cosa intende dire? Gambaro: Francesco insegna a non giudicare nessuno, a non guardare con disprezzo chi vive nel lusso. La nostra tradizione è quella della riconciliazione. Vita: Ma veramente lei va alle riunioni degli azionisti e interviene? Gambaro: Io no, nei Paesi latini siamo ancora indietro su questo, perché il sistema non ritiene utile ascoltare la voce dei piccoli azionisti? Sarei strumentalizzato immediatamente. Però ho dei confratelli negli Stati Uniti che lo fanno tranquillamente. Mi sembra che da noi i migliori si stiano tenendo fuori dalla mischia. Ci vorrebbe più coraggio per cambiare le cose. Un po? di utopia non fa mai male.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA