Formazione

L’Ucid presenta il suo manifesto sulla Csr

In esclusiva l'anticipazione del documento

di Redazione

Domani a Roma, presso la sede dell’Unione cristiana imprenditori dirigenti in Via Trasone 56 si svolgerà la conferenza stampa intitolata “Per una nuova responsabilità degli imprenditori” a cui parteciperanno Angelo Ferro, presidente nazionale dell’Ucid, Giuseppe De Rita, segretario generale del Censis e Francesco Merloni, presidente MTS group. Ecco di seguito, in esclusiva, l’appello che lancerà l’Ucid per promuovere uan più diffusa cultura delal Corporate social responsibility: In un?epoca in cui il processo di globalizzazione rende sempre più intense le turbolenze economiche e sociali, con crescenti squilibri di potere e di giustizia sociale, gli imprenditori che vivono da cristiani avvertono più fortemente la responsabilità di introdurre nell?economia di mercato quelle correzioni ed indirizzi che consentano piena coerenza con i valori fondamentali della propria identità religiosa. Questa responsabilità richiede di interpretare il perseguimento della competitività e della redditività ? indispensabili ad un?impresa che si confronta con il mercato globale ? nel rispetto dei principi del primato della persona, della più ampia partecipazione allo sviluppo, dell?equità della destinazione dei beni, a livello locale, settoriale ed universale. Si tratta di un impegno non certamente agevole, perché significa assumere posizioni e comportamenti anche contro le tendenze e le mode prevalenti, in particolare in questo momento, in cui, spesso, il criterio principale, se non esclusivo, di valutazione dell?attività imprenditoriale e manageriale, è il profitto comunque conseguito e realizzato in tempi brevi e con cadenze ravvicinate, in dispregio di ogni visione progettuale di medio lungo periodo, e, soprattutto, in contrasto aperto con i valori che a noi stanno a cuore. Si tratta di un impegno che ha i termini di una sfida a tutto campo, poiché comporta, per noi imprenditori, di allargare spazi e contenuti dell?attività produttiva, dando significato e dignità di concretezza alle pratiche di ricerca dei necessari supporti finanziari. In particolare, l?imprenditore che vive la sua fede cristiana sente più evidente la necessità di sperimentare e dimostrare l?applicabilità di vie diverse che offrano criteri di valutazione dell?impresa più equilibrati ed articolati rispetto a quello, esclusivo, del massimo e del più rapido incremento di valore per gli azionisti; i processi di generazione del profitto e le scelte relative alla sua utilizzazione vanno ripensate in modo originale e creativo, andando ben oltre quelle forme di auto-referenzialità etica e di mecenatismo d?immagine nelle quali sembra esaurirsi l?appagamento dell?impegno sociale dell?imprenditore. Nessuno, ovviamente, vuole negare la generosità e la sensibilità che animano molte iniziative di solidarietà e d?impegno civile, ma la responsabilità imprenditoriale non può esaurirsi entro l?orizzonte di esse. Al contrario, l?etica dell?imprenditore si misura sull?anima del suo lavoro, sul ?core? dei suoi interessi, sul suo rapporto con l?impresa e sul suo contributo alla collettività all?interno degli attuali difficili processi di sviluppo, in una visione che esclude la concezione dell?attività imprenditoriale come saga personale di successo sociale ed economico, quale spesso purtroppo si verifica nel nostro ambiente. Dovere etico dell?imprenditore è reinvestire e rischiare la propria ricchezza in iniziative di nuova imprenditorialità, naturaliter più complesse ed adulte di quelle portate avanti nei decenni precedenti, evitando la duplice tentazione di ?scalare il centro del potere? e di occupare spazi che li fanno più operatori della finanza e del terziario protetto, che veri e propri protagonisti dell?intraprendere. E, parimenti, dovere dell?imprenditore è impiegare le risorse culturali, tecnologiche, organizzative, monetarie a sua disposizione per creare risorse nuove e nuove opportunità di crescita aperte alla valorizzazione di tutte le categorie di ?operatori?: non solo i primi della competizione, ma anche i secondi, i terzi, i quarti?..gli ?ultimi?, in sostanza il nostro prossimo. E? dal lato dell?offerta ? riprogettando il nostro impegno, riconiugando abilità e competenze, recuperando motivazioni – che siamo chiamati a portare la nostra testimonianza di coerenza con i nostri valori. Come UCID abbiamo sempre cercato di difendere e di valorizzare anche i ?primi? della scala sociale, spesso non capiti dal nostro ambiente, così affezionato agli ?ultimi?. Questo ci dà il diritto di dire che oggi gli imprenditori devono essere i primi a guardare al futuro, non per accrescere il loro patrimonio personale, ma per produrre nuove occasioni d?innovazione complessiva nel sistema, che sono anche occasioni di lavoro e di occupazione. Anzi, quest?impegno nell?innovazione e nello sviluppo, e nelle sue ricadute sociali definisce la differenza tra chi è imprenditore e chi ha come obiettivo quello di accrescere la sua ricchezza. Ed è ad una società di ricchi, ad una comunità dei ?cinque talenti? che invece di investire cerca nicchie di sicurezza, come se di talenti ne avesse uno solo, che noi imprenditori cristiani riteniamo doveroso rivolgere l?appello alla responsabilità di continuare a ?fare impresa?. Anziché ?fare domanda? d?incentivi, di protezione, di dazi, di politiche pubbliche nei tanti settori di movimento ? compito proprio delle organizzazioni di rappresentanza ? noi dobbiamo sforzarci di ?fare offerta?. Sia quell?offerta ?dall?alto? che negli anni Cinquanta e Sessanta avviò il benessere e lo sviluppo dell?Italia (l?offerta dell?utilitaria, del ciclomotore, dell?elettrodomestico, delle fibre tessili, della televisione) sia quell?offerta ?dal basso? su cui si è attuata la moltiplicazione imprenditoriale e l?industrializzazione di massa degli anni Settanta e Ottanta (l?offerta di una crescente personalizzata qualità nell?abbigliamento, nelle calzature, nell?arredamento, nelle dotazioni domestiche, lì dove il sistema si radicava e sviluppava nelle proprie radici artigiane) sia, ancora, quell?offerta ?orizzontale? degli anni Novanta di razionalizzazione e di ammodernamento per rimanere nei circuiti economici mondiali. Sta ora in una nuova offerta ? che non si limiti agli stereotipi imposti da altri: dai telefoni cellulari, ai servizi telematici, all?intrattenimento ? la possibilità del rilancio del mercato italiano, ma anche della trasposizione dei nostri atteggiamenti di consumo più consapevoli in altri contesti culturali ed economici. Se vogliamo legittimare i nostri valori imprenditoriali, dobbiamo ridarci una cultura dell?offerta, riprendendo a rischiare, a fare impresa, a stare sul mercato, ad esprimere innovazione, a creare economia reale e non finanziaria, a collegare lo sviluppo dell?impresa con lo sviluppo del sistema. Sono questi, tra l?altro, i fondamenti indispensabili ad una nuova costruzione del Bene Comune. Se vogliamo sentirci ed essere capiti come classe dirigente del sistema, dobbiamo dimostrare di saper movimentare le risorse e rigiocarci i talenti a vantaggio, oltre che della nostra stessa identità, dell?intera collettività e di un più alto significato di vita. Perché anche così si allargano gli spazi laici di libertà e si vive con entusiasmo l?appartenenza cristiana.


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