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La depressiONU / Ma un mondo diverso passa solo da qui

Le Nazioni Unite sono la cartina di tornasole del nostro povero mondo, segnato da profondi squilibri sociali, politici ed economici. - Di Giulio Albanese

di Redazione

Le Nazioni Unite sono la cartina di tornasole del nostro povero mondo, segnato da profondi squilibri sociali, politici ed economici. Pretendere, dunque, di questi tempi, efficienza e incisività da questa organizzazione soprannazionale è a dir poco eccessivo, se si considera soprattutto il quadro complessivo degli Stati rappresentati al Palazzo di Vetro. Lo si voglia o no, ancora oggi, solo nel 62% dei Paesi del pianeta si pratica, senza alcuna discriminazione di censo o altra appartenenza, il suffragio universale; per non parlare della crisi valoriale che attraversa le democrazie occidentali, Stati Uniti in testa, sempre più condizionate da sfrenate logiche liberiste. Eppure, a pensarci bene, la natura stessa dell?Onu esige l?assunzione del compromesso, inteso nella sua più nobile accezione etimologica: quella del ?cum promettere?, cioè del promettere insieme un impegno per il futuro atteso e sperato dei popoli. Ed è forse in questa prospettiva che dovremmo sforzarci d?interpretare il documento finale del recente summit per il sessantesimo anniversario delle Nazioni Unite. Non v?è dubbio che il segretario generale, Kofi Annan, sognasse un radicale e onnicomprensivo progetto di riforma, mentre invece il documento è stato ridimensionato in maniera significativa, sacrificando peraltro molti obiettivi. Ma, come lo stesso Annan ha ammesso, «è nella natura di un?organizzazione con 191 membri non poter avere sempre quello che vuoi». In effetti, il testo finale ha di fatto accontentato tutti e nessuno, limitandosi a elencare principi molto generali su argomenti controversi che da anni attendono la risposta forte e decisiva dell?Onu: dalla riforma del Consiglio di sicurezza, alla soluzione preventiva dei conflitti. Ciò nonostante è importante non gettare la spugna, non fosse altro perché il nuovo ordine mondiale voluto dalla Casa Bianca, visto il disastro iracheno, s?è di fatto rilevato fallimentare, acuendo tra l?altro le divergenze tra il governo di Washington e numerose componenti della comunità internazionale. A questo riguardo, molto dipenderà dallo spazio che la società civile riuscirà a guadagnare nei Paesi industrializzati, considerati chiave nel delicato processo di riforma delle Nazioni Unite. Il futuro va visto nella sinergia tra governi e gruppi, associazioni, movimenti laici e religiosi sui temi d?interesse popolare, laddove il popolare va ben al di là dei confini nazionali (ad esempio, il valore sacrosanto della pace). L?architettura di un nuovo ordine politico, che combini al proprio interno forme di governo parlamentare formale e di governance aperta alla società civile potrebbe rappresentare il cammino per la realizzazione di un?organizzazione mondiale davvero ?super partes?. Se le Nazioni Unite sono un gigante d?argilla è perché i parlamenti nazionali e i loro governi sono frequentemente sotto il giogo di lobby finanziarie e la società civile è ancora un?orchestra con troppi solisti. Ma una governance saggia, equa e solidale – mi sia consentito sottolineare questi attributi qualificanti presi in prestito da altre aree e attività – esige la mobilitazione di intellettuali capaci di far lievitare un nuovo modo di pensare in ambiti ancora troppo contaminati dal liberalismo sfrenato o da meschine pregiudiziali ideologiche. Non va infatti dimenticato che il concetto di governance include nella sua matrice ambiguità congenite e strutturali che costringono a una sorta di ?controllo di qualità?, prima di ritenerlo davvero applicabile a realtà come quelle del Sud del mondo. In circolazione da tempo in ambienti politici, accademici, finanziari e industriali, la governance è stata intesa nella sua possibile prassi attuativa più come ?corporate? che come ?solidale?, innescando, ad esempio, resistenze nei circoli politici africani sul modo in cui dovrebbe essere realizzato il principale progetto di governance che informa e costituisce parte essenziale del Nepad -New Partnership for Africa Development. Ciò non vuol dire che governance e Nepad vadano allora messi da parte e collocati in un?aura di distruttivi sospetti. Al contrario, diventa più che mai compito degli intellettuali, dei politici e soprattutto della società civile far sì che l?inevitabile connotato ?corporate? venga contenuto nell?ambito di fattore metodologico e operativo per la piena realizzazione delle esigenze e dei valori più alti di cui prima fra tutte proprio la società civile, nell?arcobaleno dei suoi umori e della sua rappresentatività. Essa è infatti ?advocate? d?elezione e al tempo stesso ?lobbyist?, idealmente più potente ed efficace di qualsiasi altra. Ecco perché è bene insistere ad oltranza sulla proposta, da almeno due anni diffusa negli ambienti della società civile globale, mirante alla convocazione di una Convenzione globale per rafforzare e democratizzare le Nazioni Unite, cioè di un organo ad hoc aperto alla partecipazione di varie fasce di rappresentanza: governi, parlamenti, enti locali, organizzazioni non governative. L?obiettivo di questa proposta, ha spiegato Antonio Papisca, direttore del Centro interdipartimentale sui diritti della persona e dei popoli all?università di Padova, è che l?Onu diventi davvero «un?organizzazione più forte e più democratica, trasparente e partecipata, aperta alla collaborazione permanente con la società civile mondiale, con gli enti locali e con i parlamenti, capace di prevenire lo scoppio di nuovi conflitti armati e di promuovere il disarmo, impegnata a difendere il diritto internazionale dei diritti umani e a mettere al bando la guerra, decisa a riconquistare una centralità politica nel campo sociale, ambientale ed economico». Rimane il fatto che, se vogliamo vedere finalmente umanizzate le principali istituzioni internazionali, è necessario continuare ad operare su tempi medio-lunghi nel campo dell?educazione ai diritti umani e alla democrazia, contro ogni forma di ?de-regolamentazione? (?de-regulation?) nei confronti della Carta delle Nazioni Unite. Adottata per acclamazione a San Francisco il 26 giugno 1945, questo dettato conserva immutata nel tempo la sua validità giuridica, politica, morale e storica contro i fautori del terrorismo e delle bombe intelligenti. Dopotutto, la consapevolezza delle libere coscienze, in questo primo segmento del terzo millennio, è che Onu e ordine mondiale sono le due facce di una stessa medaglia.


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