Volontariato

Scuola. Non passi lo straniero

Alle famiglie straniere si chiede di continuo l’integrazione, ma le nostre istituzioni non sono neppure in grado di garantire i più elementari strumenti per permettere l’inserimento scolastico

di Riccardo Bonacina

L’assessore ai Servizi sociali di Milano, di fronte al problema di 412 bambini cui è stata chiusa la scuola alla vigilia dell?apertura dell?anno scolastico (dopo aver tollerato e collaborato con una struttura diventata illegale da un giorno all?altro), si è limitata a chiedere l?intervento delle forze dell?ordine per «sgomberare il marciapiede di via Quaranta». Così è la Maiolo, non si può chiederle di più. Ma è ovvio che qualcosina in più si può e si deve fare. Cosa fa per esempio il ministero dell?Istruzione attraverso l?Ufficio regionale scolastico per rispondere alla domanda di istruzione della popolazione minore immigrata a Milano e in Lombardia? Una popolazione immigrata scolastica che ha ormai largamente superato le 70mila unità. Una popolazione, come avverte una recente ricerca Ismu, che ha problemi di inserimento prima ancora che di integrazione: infatti, il 41% degli alunni stranieri è arrivato da noi nel corso degli ultimi due anni e il 32,9% ha scarsa o nulla conoscenza della lingua italiana. Una popolazione, avverte ancora la ricerca, che presenta in media un ritardo scolastico di almeno un anno rispetto all?età anagrafica nel 30,8% dei casi, percentuale che sale al 65,3% nelle scuole superiori. Sono tutti dati contenuti in un documento dell?Ufficio scolastico regionale per la Lombardia, suggestivamente intitolato: «Una scuola preparata ad accogliere. Piano di lavoro 2005/2006 per l?integrazione degli alunni con cittadinanza non italiana nelle scuole lombarde». Il documento giusto, sia pure su scala regionale, per capire quali risposte il sistema scolastico italiano è in grado di offrire agli alunni stranieri, arabi e no. Ebbene, il documento si risolve nell?enunciazione di 20 linee prioritarie di azione che sono un elenco di buone (ma non sempre utili) intenzioni. Si va dallo «sviluppo di contatti con le comunità di immigrati» allo «sviluppo di un progetto sperimentale con il Consorzio Nettuno per i corsi di italiano via satellite». Nulla di sostanzioso, anzi. Ma ciò che più impressiona è che proprio le enunciazioni più sostanziali sono la prova provata della pochezza di risposte della scuola italiana alla domanda urgente e massiva di inserimento degli alunni stranieri. Il sistema scolastico come risposta non prevede che questo: «La piena utilizzazione dei 130 (sic) docenti per l?insegnamento dell?italiano come lingua seconda», ovvero un docente ogni 538 alunni stranieri di cui, come abbiamo visto dalle statistiche citate, almeno 161 l?italiano non sanno proprio cosa sia. Ancora: «Il ricorso a risorse aggiuntive per situazioni di emergenza prevedendo 150 risorse anche in corso d?anno», come dire, il problema è grave, qualcosa ci inventeremo. Infine, fondi. Si chiede (a chi? A se stessi? Al ministro?) «la funzionale e tempestiva erogazione dei fondi relativi alle aree a forte processo immigratorio per 5.564.000 euro». Risorse che lo scorso anno scolastico sono state distribuite a pioggia su 405 scuole lombarde finanziando altrettanti progetti (con stanziamenti dai 300 ai 3mila euro) su 520 domande pervenute. Insomma, alle famiglie straniere e ai loro figli si chiede un giorno sì e l?altro ancora l?integrazione, ma le nostre istituzioni non sono neppure in grado di garantire i più elementari strumenti per permettere l?inserimento scolastico a partire dall?insegnamento dell?italiano, nelle scuole pubbliche di questa Repubblica e non in via Quaranta.


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