Volontariato

La colpa di Fazio? Aver aperto i recinti

Rcs, Antonveneta e Bnl, i tre soggetti sotto tiro, sono stati gestiti in modo inadeguato. Calpestando gli interessi di mercato e quelli degli azionisti di minoranza. Di Oscar Giannino

di Redazione

Raramente mi è capitato, di questi tempi, di trovarmi pressoché integralmente d?accordo con una descrizione di ampio respiro di ciò che sta davvero succedendo in questi mesi sulla travagliata scena italiana della doppia Opa bancaria e della scalata a Rcs. Per questo, quando ho letto «De bello italico», la riflessione di Swap, ho fatto letteralmente un balzo sulla sedia, felice di aver trovato altre mosche bianche con cui condividere analisi e conclusioni. Grazie a voi, dunque, perché non è facile oggi sulla stampa italiana sottrarsi con libertà d?opinione alla presa fortissima rappresentata dalla macchina mediatico-giudiziaria, che è stata accesa dagli incumbents. Sono loro, il problema numero uno italiano. I soci attuali – non tutti invero, diciamo il ?nocciolo duro? – che in Rcs si sono visti a un passo dall?indicibile scacco, e che per meglio bloccarlo e senza attirare l?accusa di operare solo «Cicero pro domo sua» hanno esteso il fuoco d?artiglieria sia a chi oggettivamente era collegato a Ricucci, cioè Fiorani e la sua Popolare di Lodi, sia a chi non lo era affatto, ma ha avuto il torto di candidarsi con successo al controllo di una Bnl per anni dominata da amici e collegati degli incumbents Rcs, cioè la Unipol di Consorte. Quei giochi bloccati Il problema rappresentato dalla violenza del meccanismo di difesa dispiegatosi in questi mesi non sta solo nell?improprietà di far compiere al mercato italiano un passo indietro, tornando agli anni in cui i magistrati penali si sostituivano – sovrani e superiori- a qualunque autorità di mercato, per cui nel prossimo futuro bisognerà pensare che per lanciare un?Opa il prospetto e il piano industriale correlato sarà meglio depositarli nelle cancellerie delle Procure. Sta in qualcosa che viene assai prima: nel fatto che nessuno dei tre aggregati sotto attacco era gestito in maniera adeguata e soddisfacente, da un punto di vista del mercato e degli interessi dei soci di minoranza che non si spartivano il premio del controllo. Era vero per Rcs, impresa editoriale che banchieri e industriali controllano per tutt?altro che per estrarne utili o per avviarla a sinergie internazionali che sarebbero necessarie, ma invece e soprattutto per avere a disposizione la potenza di fuoco che si è vista in questi mesi. Era vero per l?Antonveneta come per la Bnl, in cui olandesi in un caso e spagnoli nell?altro non sono affatto gli stranieri ?nuovi? venuti a portare efficienza nell?asfittico mercato italiano – magari! – ma sono invece in entrambi i casi soci nei sindacati di controllo da anni di ciascuno dei due istituti, pienamente responsabili dunque dei pessimi risultati di gestione sin qui conseguiti nel recente passato. Quando la Mediobanca postcucciana cadde, l?equilibrio realizzato dai due grandi istituti bancari che ne hanno ereditato la velleità di ?regia complessiva? – Unicredit con Alessandro Profumo ha il merito di essersi sottratto al gioco e a tutti i conflitti d?interesse, e di aver guardato all?estero – si è rivelato negli anni sempre più malcerto e velleitario. Hanno tenuto sotto la tenda a ossigeno Fiat e Alitalia, hanno levato ai Romiti Rcs e Impregilo, ai Lucchini l?acciaio. Hanno dettato tempi e modalità dell?inizio della semplificazione della catena di controllo di Telecom. Ma non hanno impedito che il solitario e roccioso Enrico Bondi, risanando la Parmalat, avanzasse revocatorie e richieste di risarcimento proprio alle banche italiane ed estere per circa 26 miliardi di dollari, a oggi, e non è finita. Hanno avuto ragione di Tremonti che le metteva sotto accusa, per i bond argentini, Cirio e Parmalat in cui gli italiani ci avevano rimesso di tasca propria due punti percentuali di Pil di risparmi andati in fumo. Ma hanno potuto far questo finché hanno saputo o creduto che la pietra angolare del sistema fosse dalla loro: e lo era, in effetti. Sto naturalmente parlando del regolatore bancario. Di quello stesso Fazio che in passato ha esercitato con ben minor trasparenza che oggi le proprie prerogative, in casi come il doppio no alle Opa del 1999 come nel caso Bipop-Carire, senza che chi allora lo criticava, come il sottoscritto, raccogliesse più che pernacchie, da parte del vasto coro di chi oggi si atteggia a difensore dei mercati quando in realtà difende i propri interessi negli assetti attuali in Rcs, Bnl e Antonveneta. L?assedio a Fazio Quando Fazio ha volto lo sguardo per far entrare energie fresche nell?asfittico intreccio proprietario italiano – e sto parlando innanzitutto della ex Lodi – allora la reazione è scattata feroce. Fino alle sue ultime conseguenze: eviscerare il Paese nella vergogna davanti all?Europa e al mondo, in un?intimazione continuata al governatore di lasciare il proprio incarico sotto il peso di vergogne che però – al momento – nessuno riesce a identificare in atti formali. Né il Tar del Lazio, che gli ha dato ragione, né la Commissione europea né la Bce, che non sono riuscite che a digrignare i denti senza però elevare contestazioni concrete. Ha ragione Swap. è la mancanza di un?autorevole stanza di regia capace di gradualmente realizzare l?ingresso di forze nuove nell?asfittico recinto italiano, il vero problema. Concorda persino chi, mercatista come me, è convinto che un Paese ?normale? di stanze di regia non abbia bisogno, ché basta la logica dell?efficienza di gestione, in assenza della quale vi sono scalate proprietarie atte a sostituire i padroni inefficienti con nuovi e più capaci. Ma di mare da attraversare, per quell?approdo, ce ne manca ancora. E per il momento, ci teniamo la vergogna che ci siamo autoinflitti davanti al mondo. Con un sistema bancario in cui Unicredit è eccezione, con rispetto per tutti, mentre Capitalia comanda. Che novità!


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