Welfare

Caso Alpi-Hrovatin: una nuova inchiesta

Trovato in Somalia materiale ferroso, probabili fusti contenenti sostanze nocive. Nei luoghi in cui stati uccisi Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. La scoperta di una delegazione italiana

di Riccardo Bagnato

L’idea di un viaggio in Somalia, nel paese in cui il 20 marzo 1994 un commando uccise l’inviata del Tg3 Ilaria Alpi e l’operatore Miran Hrovatin, era in programma da tempo. Famiglia Cristiana (con i suoi giornalisti Barbara Carazzolo, Alberto Chiara e Luciano Scalettari), insieme a Francesco Cavalli dell?Associazione “Ilaria Alpi” di Riccione, l?aveva progettato già due anni fa.

Qualche mese fa a una richiesta specifica, Yusuf Bari-Bari, portavoce del neoeletto presidente della Somalia, aveva risposto: «Ora c?è un Governo. Si può fare». Così, si è messa insieme la squadra: hanno partecipato l?onorevole Mauro Bulgarelli, dei Verdi, membro (autosospeso) della Commissione parlamentare sul caso Alpi-Hrovatin, e il regista e operatore Alessandro Rocca (che realizzerà con Cavalli alcuni reportage televisivi sul tema), insieme a Luciano Scalettari (giornalista di Famiglia Cristiana) e Francesco Cavalli (Associazione Ilaria Alpi).

Due sono state le spedizione. La prima dal 28 luglio al 9 agosto e la seconda dal 30 agosto fino al 7 settembre. Obiettivo: ritornare nel paese per comprenderne la situazione politica e sociale attuale, ma soprattutto, verificare l’esistenza di “patologie sconosciute” che hanno colpito le popolazioni della costa.

Una delle piste su cui più volte si è tornato in questi anni è infatti l’idea che Ilaria Alpi stesse indagando sul traffico di rifiuti tossici fra la Somalia e l’Italia. L’accertamento, dunque, degli effetti per cui la presenza di rifiuti potrebbe essere una causa, era inoltre avvallata dal fatto che, sin dal 1998, è stata riscontrata una presenza di scorie radioattive nella zona.

Per questo motivo Cavalli, Scalettari, Rocca e Bulgarelli sono tornati una seconda volta in Somalia, portando con sé alcuni strumenti utili al rilevamento di masse ferromagnetiche. I quattro italiani hanno individuato e raccolto inoltre le testimonianze di due camionisti che all’epoca trasportavano fusti dal porto di Bosaso in alcune località lungo la strada per Garowe. La strada dove più volte si è detto che potrebbero essere stati sepolti rifiuti tossici.
Gli italiani hanno misurato con magnetometri e contatori geiger quest’area, rilevando la presenza di materiali ferrosi ma non di radioattività. Soltanto scavi specifici potranno individuare di che tipo di sostanza si tratti.

Nel prossimo numero di Famiglia Cristiana saranno publicate quattro nuove testimonianze di chi, negli ultimi 4 giorni della vita di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, avevano visto e parlato con la giornalista. Si tratta di uomo della scorta, uno dei due interpreti, uno dei due autisti di Ilaria e un italo-tedesco che ha pranzato con lei 19 di marzo, il giorno prima dell’imboscata a Mogadiscio dove i due giornalisti hanno perso la vita.

Le prime reazioni
Che il rapporto fra Associazione Ilaria Alpi e opinione pubblica da un lato, e Commissione d’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin dall’altro non sia mai stato particolarmente buono, è purtroppo noto. Dal momento in cui alcuni suoi componenti sono usciti (è il caso dell’on. Bulgarelli, così come del giornalista Scalettari), fino all’ultima edizione del Premio Ilaria Alpi del 2005. Quando il vicepresidente De Brasi (DS) ha praticamente smentito per l’ennesima volta l’ipotesi, viceversa sufragata da alcune inchieste giornalistiche, del traffico di rifiuti tossici.

Ma non solo. In questi giorni una lettera del presidente della Commissione, Carlo Taormina, ha di nuovo smentito tali ricostruzioni, dichiarando inoltre che nulla di nuovo è emerso e che tali piste sono state già battute e scartate, e che sarebbe opportuno che i genitori di Ilaria Alpi rinunciasse ad andare “a farfalle”.

Un tono che ha lasciato l’amaro in bocca a chi, come i componenti della delagazione italiana, sta seguendo il caso da oltre dieci anni, prima battendosi per la costituzione di una Commissione d’inchiesta e oggi cercando ulteriori informazioni e testimonianze.

Rimangono così alcune domande. Perché la Commissione ha dichiarato che la situazione per una spedizione in Somalia non è attualmente possibile per questioni di sicurezza, e una delegazioni di 4 persone (di cui uno è parlamentare) ha avuto la possibilità di fare 4mila km in lungo e largo, con l’appoggio e l’assenso del nuovo governo somalo (che ha fornito una scorta di 40 persone per la prima spedizione e 2 per la seconda)? E ancora: perché, a 11 anni dalla morte dei due giornalisti, i quattro testimoni di cui scriverà famiglia Cristiana la prossima settimana non sono mai stati auditi dalla Commissione? A questa come ad altre domande che rimangono ancora senza risposta, speriamo solo che possa rispondere la relazione finale della Commissione prevista per il 26 febbraio 2006. Se non prima.

Maggiori informazioni:

  • Premio Ilaria Alpi
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