Mondo
Passo avanti di Bush: l’Onu non sarà un hotel
Gli Usa hanno presentato un fiume di emendamenti pur di allungare i tempi della riforma. Eppure questa aggressività nasconde il fallimento di un sogno: quello di chiudere le Nazioni Unite
New York, settembre
Come mai gli Stati Uniti hanno presentato oltre settecento emendamenti alla dichiarazione che l?Onu dovrebbe approvare a metà settembre, appena tre settimane prima del vertice tra i capi di stato e di governo dei paesi membri? L?obiettivo è salvare il Palazzo di Vetro da se stesso, oppure demolirlo?
Nel 2000, al termine del Vertice del Millennio, i leader mondiali si erano dati appuntamento al 2005 per verificare e rilanciare l?applicazione degli impegni appena presi. Tra gli altri obiettivi c?erano quello di dimezzare la povertà entro il 2015, combattere l?Aids, e portare gli aiuti per lo sviluppo allo 0,7% del prodotto interno lordo dei paesi ricchi. A questo si erano aggiunte l?implementazione del trattato di Kyoto sul riscaldamento globale, la missione del Tribunale penale internazionale, e l?idea di un nuovo trattato per vietare i test nucleari.
Fin dal principio l?amministrazione Bush non condivideva molti di questi obiettivi. Poi è arrivato l?11 settembre, lo scontro all?Onu sulla guerra in Iraq e Washington è diventata così critica del Palazzo di Vetro, che alcuni neoconservatori suggerivano semplicemente di chiuderlo e sostituilo con l?Alleanza delle democrazie, una nuova organizzazione di cui avrebbero fatto parte solo i paesi che condividevano la forma di governo rappresentativa.
Alla metà del giugno scorso l?amministrazione Usa ha bocciato questi suggerimenti, presumibilmente per tre ragioni: primo, perché chiudere una struttura e aprirne un?altra sarebbe stata un?impresa ciclopica; secondo, perché l?iniziativa avrebbe diviso ancora di più la comunità internazionale, proprio mentre secondo il professore di Harvard Samuel Huntington siamo alle prese con lo ?scontro fra le civiltà?; terzo, perché nulla garantiva che l?Alleanza avrebbe funzionato meglio dell?Onu, visto che la disputa sull?Iraq era avvenuta fra Usa e Gran Bretagna da una parte, e Francia e Germania dall?altra, cioé tutti paesi democratici che avrebbero litigato anche nella nuova organizzazione. Allora il dipartimento di Stato ha preso posizione a favore della riforma del Palazzo di Vetro, indicando i suoi obiettivi primari: no all?allargamento del Consiglio di Sicurezza con l?ingresso come membri permanenti di Germania, Giappone, India e Brasile, che anche l?Italia avversava; sì al cambio del management, alla creazione di un ufficio per il Peacebuilding e di un fondo per la democrazia, alla sostituzione della screditata Commissione per i diritti umani con un Consiglio più ristretto, alla definizione del terrorismo secondo un linguaggio piu? stringente che lo condanni in ogni situazione politica, compreso il conflitto israelo-palestinese.
Questi obiettivi americani erano già nell?agenda della riforma, nonostante le resistenze di vari paesi soprattutto nel gruppo dei non allineati, ma nei mesi scorsi Washington non aveva spinto con forza per realizzarli, perché la sua azione all?Onu era bloccata dal braccio di ferro fra il presidente Bush e l?opposizione democratica sulla nomina di John Bolton a nuovo ambasciatore.
Quando all?inizio di agosto Bolton si è insediato, ha preso in mano il documento di 39 pagine che l?Assemblea Generale stava negoziando, e ha presentato oltre 700 emendamenti per accorciarlo, cancellare i riferimenti allo 0,7%, a Kyoto e al Tribunale, e renderlo più aderente agli interessi della politica estera degli Stati Uniti. Visto il poco tempo a disposizione per le correzioni, i paesi in via di sviluppo hanno letto in questa mossa la volontà di sabotare il vertice di metà settembre, e la riprova dell?arroganza dell?amministrazione Bush nel rapporto con le organizzazioni multilaterali.
Il portavoce di Bolton, Richard Grenell, ha risposto che invece le richieste del nuovo ambasciatore dimostrano la serietà con cui gli Usa stanno prendendo la riforma del Palazzo di Vetro. Se così fosse sarebbe già un grande passo avanti, rispetto a quando pensavano di chiuderlo e farne un albergo.
*Paolo Mastrolilli è corrispondente della Stampa da New York. Ha pubblicato da poco Lo specchio del mondo. Le ragioni della crisi dell?Onu (Laterza)
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