Famiglia

Pera? Con Cl non c’entra

Ermete Realacci legge per noi le prime giornate del Meeting di Rimini

di Ettore Colombo

«Il laico presidente del Senato sembra ispirato più dalla tradizione militante dell?evangelismo protestante che dalla tradizione cattolica, per questo al Meeting non ha sfondato. Con gli amici di Cl continueremo ad ispirarci ai valori fondativi del Tavolo per la Sussidiarietà» Per Ermete Realacci, detto anche – dagli amici, più che dai nemici – ?onorevole prezzemolino?, c?è un luogo – fisico e mentale – che non manca mai di frequentare: il Meeting di Rimini. Il che vuol dire, naturalmente, Cl, CdO e affini. Certo è che di una cosa non si può dubitare: Realacci non è sospettabile di trascorsi, simpatie o possibili conversioni alla fede cattolica né tantomeno alle tavole dei valori neocon. Insomma, trattasi di laico doc. Laico che, però, con i cattolici e con i ciellini ha sempre dialogato. Anche e soprattutto in tempi non sospetti. «Ricordo», racconta con un sospiro, «quando, a metà degli anni 80, organizzai un incontro con i dissidenti dell?Est insieme a Cl. Venne fuori un putiferio, nel mio campo e nell?altro». Allora Realacci era segretario generale di Legambiente, organizzazione ambientalista di cui oggi è presidente onorario. Mercoledì scorso 24 agosto a Rimini ci è andato per accompagnare il presidente del suo partito, Francesco Rutelli, a un incontro con il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni che molti – non solo dentro Cl – aspettavano con curiosità e da tempo. Vita, però, chiude il numero che state leggendo il giorno prima e dunque ha dovuto fare a meno di darne conto subito. Ha fatto in tempo, però, ad ascoltare la lectio magistralis del presidente del Senato, Marcello Pera. E, come molti italiani (cattolici compresi) di destra o di sinistra che siano, non l?ha preso particolarmente bene. Non parliamo della Chiesa italiana, che s?è subito premurata nel prendere le distanze attraverso i vescovi e cardinali presenti al Meeting, come Tarciso Bertone, vescovo di Genova, o il cardinal Raffaele Martino, presidente di Iustitia e Pax. Vita: Onorevole, il Meeting è sicuramente partito con il piede giusto, dal punto di vista della comunicazione grazie all?intervento del filosofo prestato alla politica, Marcello Pera. Lo stesso forse non si può dire dal punto di vista della visione del mondo. A molti, a prescindere dalle idee politiche, ha fatto paura, di certo ha scatenato polemiche. Anche dentro Cl non sono state poche le prese di distanza, come a voler marcare le differenze più che le somiglianze? Lei, che di Cl è amico, come la vede? Ermete Realacci: Ho trovato molto positiva, da parte di Cl e della CdO, la presa di distanza sostanziale dai toni più esacerbati del discorso di Pera, a partire dall?infelice battuta sul meticciato. Pera pone la questione in una maniera che sembra dare ragione a Bin Laden? Ripropone uno scontro verticale Occidente-resto del mondo (nemmeno Europa?) e alla fine dà ragione agli estremisti islamici. Il terrorismo va combattuto, non ho dubbi su questo. E, se tornassimo indietro all?epoca della battaglia di Lepanto o dell?assedio ottomano a Vienna, non avrei dubbi sul ?da che parte stare?. Da quella della cristianità. Ma non è questa la condizione in cui ci troviamo oggi. L?accenno nemmeno troppo vago alla purezza occidentale evoca ricordi poco piacevoli della storia europea. Quantomeno mi ricorda i quadri del Goya, che dipingeva la famiglia reale spagnola con volti sempre più esangui. Perché si sposavano tutti e solo tra consanguinei. Vita: Insomma, bocciatura senz?appello. E se dei suoi colleghi dell?Intergruppo per la Sussidiarietà, di Forza Italia o dell?Udc, le dicessero «facciamo come dice Pera», cosa gli risponderebbe? Realacci: Il pericolo nemmeno si pone. C?è una frase, presente nel documento dell?Intergruppo per la sussidiarietà e ripreso dal Trattato sulla costituzione europea, che vede nel nostro continente «uno spazio privilegiato per la speranza umana». Credo che sia questa la missione dell?Europa oggi e anche quella che deve orientare la nostra azione politica. Un passo indietro ci indebolirebbe molto. Credo che anche le migliori espressioni di Cl, della CdO ma persino di tanti che lavorano nel centrodestra attuale non si possano riconoscere nelle parole di Pera. Che parla più da laico che vuole importare in Italia la tradizione militante dell?evangelismo delle chiese protestanti italiani che da cattolico italiano? Vita: Da dove nasce la sua simpatia e interesse verso Cl, CdO e compagnie varie? Realacci: I rapporti con la CdO e con Cl sono nati prima di tutto dalla mia storia personale e poi dal fare cose insieme. Da un?idea comune di società più che sul terreno della politica. Il rapporto tra politica e società non è, come si pensa di solito, quello tra un arazzo e il suo retro. Per me è vero il contrario. È dalla società che s?intravvede un?idea comune di Paese e di sviluppo. Idee che la politica fa fatica a rappresentare. Faccio fatica a immaginare Cl e la CdO arruolate non solo nei progetti di Pera ma anche di quelli del centrodestra presente e futuro. Vedo, anzi, contraddizioni forti tra le due visioni. Vita: Molti esponenti dell?Unione temono, invece, che dal dialogo tra Formigoni e Rutelli possano riprendere lena progetti, sogni e tentazioni neocentriste. Se non direttamente neodemocristiane? Realacci: Rutelli ha chiarito bene, anche in questi giorni con un suo articolo su La Repubblica, il suo punto di vista. Le dietrologie estive, ancora peggio delle dietrologie invernali, lasciano davvero il tempo che trovano. Abbiamo bisogno di un bipolarismo dolce o mite che individui percorsi comuni che valgano per tutto il Paese, la stessa idea del presidente Ciampi. Poi le ricette e le soluzioni sono diverse ed è giusto che siano diverse. Ma il sentire comune degli italiani, di fronte alla crisi che stiamo attraversando, deve essere simile. E il riconoscimento di un terreno di dialogo comune deve essere essenziale. Nessuna cultura e nessun polo può e deve essere autosufficiente. La condizione essenziale della democrazia è il dialogo. Se si abbonda il bipolarismo il rischio è solo di cadere nel trasformismo e nella confusione. L?obiettivo della Margherita è, e resta, più che l?Unione il nuovo Ulivo, o il grande partito democratico, come lo chiamo io. Sicuramente questo è l?obiettivo dei suoi vertici e mio personale. Il che non vuol dire pensare che il centrosinistra possa essere o dirsi autosufficiente. Ecco perché credo, sono sicuro, che l?Intergruppo per la sussidiarietà lavorerà con migliore e rinnovata lena anche nella prossima legislatura.


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