Cultura

Colletta, l’illusione del medioevo cablato

Qui Liguria. Il caso di un paese "morto" e fatto rinascere anche grazie a Internet

di Marco Revelli

Colletta di Castelbianco non è nemmeno, a rigore, un ?comune polvere?, come direbbe Aldo Bonomi. Anzi, per la verità non è neppure un comune. Era, fino a una decina di anni fa, un borgo abbandonato. Un piccolissimo borgo, un agglomerato di case di pietra arrampicate su un crinale nell?entroterra ligure, all?inizio della val Pennavaire che dalla piana di Albenga risale trasversalmente verso Ormea e il cuneese: una posizione ideale, scelta, si dice, dai del Carretto, ottocento anni or sono, per contenere l?espansione genovese. L?aveva abitato, fino a un secolo fa, una comunità densa e viva: quasi 500 anime, dicono le cronache del tempo, che menavano una vita aspra, strappando alla montagna, con fatiche disumane, il poco per vivere: il fieno che veniva posto a seccare sui tetti a terrazza delle case, le castagne d?autunno, un po? di olive raccolte sulle balze fatte tutte a mano, con muri a secco e la terra trasportata a spalle, col lavoro di generazioni e generazioni. All?epoca c?erano almeno tre piccole osterie (case private dove si poteva entrare e bere un bicchiere di vinello aspro della zona), la piazzetta centrale, un altro spazio per il ballo pubblico, la piccola chiesa non, come ci si aspetterebbe, al centro, ma ai bordi del borgo, lungo la strada che sale. Un borgo fantasma Poi la modernizzazione l?aveva svuotato: il reddito offerto da quel territorio aspro e avaro non era più all?altezza delle aspettative create dal ?progresso?, i giovani avevano incominciato a emigrare in Francia e sulla costa, prima stagionalmente, poi in forma permanente. Un primo colpo di grazia l?avevano dato i terremoti che negli ultimi due decenni dell?Ottocento avevano distrutto Bussana vecchia e altri villaggi liguri. Un secondo e un terzo, le due guerre mondiali. Così, dagli anni 50, Colletta era diventato un borgo fantasma. Un solo abitante era sopravvissuto, testardo, nella casa che dà sulla ?ciasseta? (la piazzetta centrale), tutt?intorno case dalle orbite vuote, tetti crollati, androni anneriti, muri attraverso cui si potevano vedere interni vuoti, occupati spesso da rovi e ortiche. Ma la miseria che l?aveva svuotata di uomini l?aveva anche salvata. Colletta era rimasta architettonicamente intatta. Esattamente com?era stata un secolo fa, due secoli fa, nel Seicento. Forse anche prima?, con i suoi muri di pietra viva, senza neppure un centimetro quadrato d?intonaco o di cemento, senza un mattone, con i vicoli stretti e tortuosi, gli archi come li facevano i mastri muratori del Trecento. Una struttura a crostaceo, come l?ha definita l?architetto De Carlo, che ne ha progettato il restauro, fatta di cellule abitative contigue, praticamente senza soluzione di continuità, e connesse in un unico ?organismo? straordinariamente flessibile e armonico. è nata così l?idea del recupero. Difficile, complicato, lungo. Ha richiesto anni di ricerche per ritrovare, in giro per il mondo, le centinaia di proprietari in cui si era frazionata la proprietà immobiliare, seguendo il reticolo lungo delle migrazioni, secondo le regole complicate delle successioni ereditarie. Poi, acquisita l?intera proprietà, il borgo era stato ricostruito nell?assoluto rispetto filologico della sua struttura originaria (un?impresa impossibile se la proprietà fosse rimasta diffusa). Non solo: era stato ?cablato?. Era diventato il primi borgo ?telematico? italiano, grazie a un collegamento in fibra ottica veloce e alla connessione di ogni unità abitativa in rete locale, a sua volta connessa a Internet come provider di se stessi. L?idea era quella di una nuova comunità, che tenesse insieme la dimensione comunitaria di ieri (fatta di materiali pesanti, pietre antiche e colline scoscese) e quella di oggi (leggera, fatta di bit e reti lunghissime). Il luogo per eccellenza e la connessione mondo. Tra Medioevo e futuro La cosa ha funzionato a metà. Chi guarda questo paesaggio può provare l?ebbrezza della vertigine temporale di chi guarda il mondo di tre o quattro secoli fa con gli occhi di oggi. Può stare in vacanza e nello stesso tempo lavorare come se fosse nella propria città. Può abitare un luogo e visitare tutti i non luoghi del lavoro e dell?informazione. Può vivere più tempi e più spazi. Può consultare la Library of Congress di Washington guardando dalla finestra un paesaggio immutato da quattro secoli. Tutto bene. Ma l?altra comunità non è decollata. Il sogno di far rivivere in questo spazio ?medievale? e in questo tempo sospeso tra passato e futuro una dimensione comunitaria capace di curare le solitudini contemporanee, non si è realizzata. Gli uomini e le donne che, ripercorrendo da turisti, all?indietro, gli stessi percorsi che gli antichi collettanei fecero da emigranti, si ritrovano qui provenendo dalla Germania, dalla Francia, dagli Stati Uniti, restano degli estranei. Saluti formali, in inglese, e ognuno per sé. L?aggregazione resta ?fredda?, casuale. La globalizzazione produce connessioni, non relazioni. Ci si vede, ma non si sta insieme. Come dire: la tecnologia non fa miracoli. E contro la solitudine che ci fa stanchi, occorrerà cercare altri antidoti. Come arrivarci Pietre e WWW Come spiega il sito del paese, www.colletta.it, a Colletta ci si arriva in tre modi. Con l?auto, con il treno o in aereo. In auto: bisogna prendere l?autostrada Genova-Ventimiglia (A10) e uscire ad Albenga. Quindi seguire la direzione verso Garessio e passare Cisano sul Neva. A Martinetto svoltare a sinistra. Dopo 4 km siete arrivati a Colletta. In treno: si scende ad Albenga e da lì si prosegue in taxi o in bus. In aereo: gli scali più vicini sono invece quello di Genova, quello di Nizza e quello di Villanova d?Albenga. In caso di difficoltà chiamare il numero 0182.778244 o faxare allo 0182.778368. Buon viaggio!


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