Volontariato
Lago dIseo, la sponda selvaggia del nord
Qui Lombardia. Tra Bergamo e Brescia, un angolo d'Italia che pochi conoscono dove lipermodernità cammina fianco a fianco con la preistoria
Il giro d?Italia di Vita prende il via da una strada poco battuta. È quella che corre lungo il lago d?Iseo, nella sua parte meno nota, meno trafficata, meno turistica. Una prima tappa in cui a farci da Virgilio è Raul Montanari, scrittore che in questi luoghi vive, e su questi sfondi ha costruito i suoi successi letterari. Il lago d?Iseo è specchio di un?Italia che quasi mai trova spazio per raccontarsi: un?Italia un po? ingrugnita, che avanza a testa bassa affogando nel lavoro la propria ansia per il futuro. Il lago d?Iseo non ha mai avuto, prima di Montanari, grandi scrittori che se ne siano lasciati ispirare. Non ha avuto un suo Gadda, un suo Parini, un suo Manzoni, un suo Fogazzaro o un suo Catullo come gli altri laghi lombardi (la parola è stata messa al bando, scrive Montanari). Ha avuto in compenso un grandissimo artista che tra Tavernole (sponda bergamasca) e Pisogne (sponda bresciana) ha lasciato alcuni straordinari capolavori del controrinascimento lombardo. Romanino è l?emblema irruente di quest?Italia minima che non ha nessun timore reverenziale. Che ha dentro di sé la vitalità per uscire dalle secche di una modernizzazione sconclusionata e per rimettersi in piedi con caparbietà. Non è garanzia per evitare ulteriori contraddizioni: l?isolamento, la troppa ricchezza producono ottusità e chiusura. Ma i dinamismi negativi non sono tali da annullare quelli positivi, garantisce Giuseppe De Rita, il più grande osservatore e sostenitore dell?Italia dei microcosmi. Nell?intervista De Rita, per spiegare il suo ottimismo, fa ricorso al caso emblematico di Bevagna, località umbra bandiera del riscatto dell?Italia borghigiana.
Al mare si va per distrarsi; al lago, per ritrovare se stessi. è un viaggio che può fare paura, come fa paura l?acqua nera del lago d?Iseo, così diversa da quella verde, cordiale, odorosa e vacanziera del Mediterraneo. Cupo, incassato fra rive scoscese che fanno intuire il profilo aspro del fondale, l?alto lago è severamente sconsigliato a chi sia già incline alla malinconia o alla depressione. Sono posti dal temperamento preromantico, perfetti come scenario di grandi passioni.
Euforia in galleria
I laghi prealpini italiani ripetono tutti la stessa forma. Sono rudi e rocciosi nella zona nord, montuosa, quella dove entra l?affluente: nel lago d?Iseo l?Oglio, che ha scavato la Valcamonica. Qui spesso la città è assente, i paesi sono rimasti piccoli, poche migliaia di abitanti sempre più anziani. Man mano che si scende a sud il paesaggio si addolcisce, si appiattisce fino ad allargarsi nella pianura, e l?uomo riprende i suoi rumorosi diritti. Spiagge, camping, città affollate di gente del posto e di turisti: Sarnico, Iseo. Dove c?era la palude oggi ci sono i vigneti (quelli famosi della Franciacorta); dove invece c?era la montagna è rimasta la montagna, a nord, sfregiata da cave di marmo, da gallerie e superstrade figlie della sospetta euforia escavatrice di qualche anno fa.
In cima al lago c?è Costa Volpino, strana cittadina vasta, rarefatta, partecipe di una doppia natura: la bergamasca della costa occidentale e la bresciana del litorale orientale, affini ma distinte. Scendendo sulla costa bresciana, dopo Pisogne pochi minuscoli aggregati di case (Toline, Vello) fino ai paesi più ampi e vivibili che stanno nella metà inferiore del lago (Marone, Sale Marasino, Sulzano), di fronte alla più grande isola lacustre europea: Montisola. Simile a un monumento al mitico mostro del lago, Montisola sbuca in mezzo all?acqua col suo dorso curvo, popolosa, torrida d?estate quando rivela la sua vocazione turistica, che ha soppiantato le tradizioni dei vecchi pescatori.
Una strada selvaggia
La costa bergamasca. Lovere, la cittadina più grande e civilizzata della bassa Valcamonica. Poi Castro, dove sono nato io: un bizzarro paese di poco più di mille abitanti, con due chiese, una settecentesca l?altra ipermoderna, vertiginosa, eretta da un emulo di Alvar Aalto. Più giù Riva di Solto (un gioiello pittoresco) e Tavernola, paesi il cui sbocco sul lago misura a malapena poche centinaia di metri di sponda, un paio di pontili, imbarcaderi, case d?epoca. Prima e dopo, chilometri su chilometri di riva rocciosa, a picco su un?acqua che può sprofondare a centocinquanta metri vicinissimo alla sponda.
Fatico a farmi venire in mente una strada lombarda più selvaggia, deserta, misantropica di questa che costeggia il lago. È scavata nel fianco della montagna: sopra corre per lunghi tratti un tetto naturale di pietra, rallegrato dai cartelli che indicano caduta massi e dalle lapidi che ricordano gli operai morti quando la strada fu aperta, metro per metro, con l?esplosivo. Perfino i rondoni, che fanno i nidi sotto le sporgenze rocciose, amano poco gli uomini e spesso attaccano viandanti e ciclisti.
Schiacciati alla montagna
I paesi che si affacciano sulla parte alta del Sebino sono come schiacciati fra la montagna e il lago, e combinano tre ambienti.
In mezzo ci sono le case, la strada principale e le poche secondarie: una via parallela alla costiera, più in alto, e alcuni vicoli e angiporti che le collegano. Questo è il luogo dei rapporti sociali, dei negozi, dei pescatori con la lenza.
Dietro c?è quel pezzetto di collina che diventa subito montagna, fra rovi e cespugli. Il regno del segreto, del rimosso, di tutto ciò che non si può fare in paese. Qui i primi baci e il resto; qui gli spinelli e il peggio, ma talvolta anche, semplicemente, dialoghi che feriscono e parole definitive.
Davanti, il lago. Il grande serbatoio di sogni e paure, una meravigliosa metafora dell?inconscio individuale e collettivo. Lo specchio su cui non c?è scritto nulla, se non i pensieri di chi lo guarda in questo momento.
La durezza dei camuni
La durezza dell?etnia camuna è proverbiale, ben tradotta dalle spaventose gutturali del dialetto, dalla cantilena scivolante, sospesa, con cui qui si parla anche l?italiano. Nei paesi vigono poche regole. Il controllo sociale è asfissiante – tutti sanno tutto di tutti – stretto intorno ai matrimoni, alle malattie, agli amori, alle nuove generazioni delle ragazze dalle gambe lunghe, che spesso trovano e smarriscono la loro grazia nel giro di due estati. L?ostentazione della ricchezza si fa violenta. Il bergamasco, in particolare, sa fare poche cose oltre a lavorare (magnificamente: tutto il mondo lo sa) e guadagnare denaro. Esito ed emblema di questa sua etica è la casa, la macchina. Si vedono muratori in Bmw e Mercedes, i loro figli scorrazzano per la litoranea in sella a moto gigantesche, in cerca dell?inevitabile incidente. Molti hanno due, tre lavori, che obbligano a una semplificazione estrema della vita famigliare: due ore divise fra la cena, la tv e qualche ruvida tenerezza. Poi un sonno pesante.
Più di ogni altra cosa, colpisce il bando inflitto alla cultura di parola. Tutte le famiglie annoverano un pittore o un musicista, spesso di talento; la scrittura è limitata a qualche poesia in dialetto.
Per verificare il rapporto fra un popolo e la parola, non c?è modo migliore che ascoltarne le barzellette. Qui non troverete le storielle affabulatorie, cicliche, in cui l?abilità di chi racconta sta nel divertire e ipnotizzare il pubblico, in attesa di un finale inevitabilmente non all?altezza. I camuni sono per la freddura secca, micidiale, aoristica. Non che manchino buoni parlatori, ma sono subito stigmatizzati come chiacchieroni, marchiati da un eccesso da cui l?indigeno doc prende le distanze, trasformando in riprovazione sociale un ringhioso complesso di inferiorità. Parole come avvocato e poeta sono colpite dalla stessa sarcastica maledizione: rivelano una consuetudine con la parola che non può non denotare inganno (avvocato) o follia (poeta).
Oppresso dalla bellezza rustica delle montagne e del lago, il camuno lascia scorrere la propria vita con una rassegnazione mai inerte. Capace a volte di sorprenderti con gesti inattesi di affetto e ospitalità.
Non solo lago
I camuni e il loro erede
A nord del lago d?Iseo si apre la valle Camonica, famosa per le incisioni rupestri più famose d?Europa. La ?storia? della presenza umana in Valcamonica inizia intorno al 10000 avanti Cristo quando gruppi di cacciatori penetrano anche in questa valle, resa libera dal graduale scioglimento dei ghiacci. Centinaia di rocce, incise direttamente dagli antichi abitanti di questa valle alpina che hanno individuato ed eletto quale supporto concreto ed eterno per i loro messaggi verso l?aldilà, verso il divino o il profano, le grandi lastre rocciose inamovibili di questa vallata. Il Parco nazionale delle incisioni rupestri si trova a Capodiponte, località Naquane. È aperto tutti i giorni dalle 8,30 alle 19,30.
Sulle sponde del lago invece si possono trovare i capolavori di Gerolamo Romanino: la chiesa di Santa Maria della Neve, completamente affrescata con le storie di Cristo, è uno dei capolavori dell?arte lombarda. Il ciclo dipinto nel 1534 è conservato in condizioni eccellenti e mostra una sintesi straordinaria tra arte colta, a cui l?artista era stato formato, e arte popolaresca, verso cui il suo istinto lo portava. Di Romanino sul lago d?Iseo si conserva un affresco anche nella chiesa di San Pietro a Tavernola, sulla sponda bergamasca del lago.
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