Mondo

Al Qaeda in Africa: parla il vice di Annan «incriminate Taylor»

Dopo gli attentati di Sharm el Sheikh. Intervista esclusiva al vicesegretario generale Onu, Antonio Maria Costa

di Paolo Manzo

Antonio Maria Costa, che dirige l?Unodc, l?Ufficio contro la droga e il crimine, descrive l?incrocio africano tra eroina afghana, cocaina colombiana, traffico d?armi e terrorismo. «Il budget da traffico di stupefacenti corrisponde al 18esimo Pil mondiale. Gli aiuti dell?Occidente devono essere usati per prevenire il terrorismo che minaccia questo continente sotto attacco». «Gli attacchi terroristici di Sharm el Sheikh provano che il continente è sotto attacco». Antonio Maria Costa, vice segretario generale dell?Onu nonché direttore dell?Unodc, l?Ufficio contro la droga e il crimine è «molto preoccupato perché oramai è chiaro che i terroristi stanno cercando di creare basi in Africa, continente dove i Paesi sono poveri, poco presidiati e facili da colpire». Vita ha intervistato in esclusiva il numero due di Kofi Annan poco dopo l?attentato di Sharm el Sheikh. Tema trattato – ovviamente – il terrorismo e le connessioni tra quest?ultimo e i traffici di droga che ultimamente si stanno spostando sempre più dalla Colombia e dall?Afghanistan verso l?Africa, come si evince dal rapporto Unodc presentato il 18 luglio scorso alla Farnesina. Vita: A maggio gli investigatori Onu della Corte speciale per la Sierra Leone hanno accusato l?ex presidente liberiano Charles Taylor di promuovere attività illegali assieme ad Al Qaeda per destabilizzare alcuni Paesi dell?Africa occidentale, tra cui la Guinea. Lei conferma la presenza di Al Qaeda o di gruppi connessi in quest?area dell?Africa? Antonio Maria Costa: Questa conferma non posso darvela. Vita: Ma l?Africa è o no al centro del nuovo terrorismo di matrice islamica? Costa: Certo, ed è sia soggetto sia oggetto di terrorismo. Basta ricordare nel 1998 gli attentati in Zambia, Kenya, Tanzania e, naturalmente, gli attacchi recenti contro l?Egitto. Essendoci queste vulnerabilità bisogna che parte delle risorse stanziate dal G8 e dai Paesi ricchi servano ad aiutare l?Africa nel settore della prevenzione al terrorismo. Inoltre bisogna aiutare questo continente a evitare che l?infezione terroristica si diffonda ulteriormente. Vita: Come? Costa: Per esempio con l?incriminazione di Charles Taylor, che è stata richiesta con varie istanze internazionali. Un?incriminazione necessaria anche per chiudere un capitolo drammatico come quello della guerra civile in Liberia. Vita: Ma anche per lanciare un messaggio ai posteri e ad altri presidenti ?delinquenti? che volessero ripercorrerne le gesta. Costa: Certo. Basti pensare a ex presidenti come Sani Abacha in Nigeria o Mobutu in Congo, che hanno derubato i loro Paesi di enormi potenzialità di sviluppo. Vita: A suo avviso quali sono i Paesi africani a rischio terrorismo su cui è bene fare un monitoraggio più attento? Costa: Guardi, ciò che io pavento e temo è proprio il fatto che l?Africa oggi sia aggredita dai traffici di cocaina dalla Colombia e dall?eroina afghana che transita attraverso le mafie locali per raggiungere senza impedimenti i mercati europei e americani. Insieme alla criminalità organizzata che finanzia questi traffici non c?è da stupirsi se parte di queste risorse illegali fosse usata per finanziare il terrorismo. È un timore che ho e che, in prospettiva, vorrei si prevenisse. Anche perché il budget da traffico da droghe corrisponde al 18esimo Pil mondiale, un?economia più grande di quella svedese, rendo l?idea? Vita: Benissimo. Mi parlava delle mafie locali africane. Dove sono più attive? Costa: In primis sottolineerei che le mafie internazionali, soprattutto colombiane e dell?Europa dell?Est, stanno attaccando l?Africa perché hanno trovato un territorio vergine, dove si può transitare con droga e rubare risorse naturali. Al tempo stesso l?Africa si presta a questo humus di criminalità creando nuove mafie locali. Le più note e potenti sono quelle nigeriane e quelle sudafricane, ma ci sono altri gruppi concentrati laddove lo spaccio internazionale di droga ha trovato un ventre molle su cui potersi innestare. Vita: Ossia? Costa: Lo scacchiere dell?Africa equatoriale occidentale, aperto ai traffici della cocaina, il Corno d?Africa e il Kenya. Questi ultimi sono vulnerabili rispetto al traffico che proviene dall?Afghanistan se non interveniamo subito. Vita: Se prendiamo il caso del Congo, si nota che sempre più le armi vengono trasportate in piccole quantità da una località all?altra con l?uso di aerei di piccole dimensioni e piste d?atterraggio che nascono e spariscono nel giro di 24 ore. Che mezzi possiede l?Onu per combattere traffici di questo tipo? Costa: Oggi le piccole armi da guerra sono quelle che creano più vittime in Africa. Più delle grandi stragi causate dalle malattie. E il problema non è tanto il collegamento commercio di armi-commercio di droga, bensì quello tra commercio di armi, conflitti etnici, finanziamento di insurrezioni e guerre fra Paesi e criminalità organizzata. Lo si è notato in Sierra Leone coi diamanti, in Congo e in altre parti del continente con legnami preziosi e avorio. La criminalità che perpetua conflitti e crisi umanitarie è il vero problema da cui nasce il terrorismo.


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