Cultura

Per la pace sono diventata un francobollo

Io ho cominciato così /2: Lisa Clark, la portavoce di Beati i costruttori di pace si racconta

di Sara De Carli

Lei non lo dice, è troppo fine per farlo e in effetti è riduttivo, ma chi la conosce bene la etichetta così: il francobollo di don Albino. Don Albino Bizzotto, presidente dei Beati i costruttori di pace, se l?è trovata di fronte per la prima volta nel 1993, in Bosnia, durante una marcia verso Sarajevo, e non gli è sembrato vero di aver trovato una madrelingua inglese che potesse sopperire al suo, diciamo così, impaccio linguistico. «Tu stammi incollata addosso come un francobollo », pare le abbia ordinato. E così è stato. Da allora, Lisa Clark ha iniziato un impegno a tempo pieno con i Beati costruttori di pace, fino a diventarne la seconda anima. Anche se lei con modestia dice: «Ho fatto il mio, certo, ma all?interno di un gruppo di cui condivido lo spirito, e cioè: non è etico delegare ad altri l?impegno per la pace». Lisa Clark è una bella signora dall?eleganza senza orpelli, nata a Los Angeles nel 1950 ma trapiantata in Italia da piccolissima («mia mamma non voleva allevare sua figlia negli Stati Uniti di McCarthy»); ha studiato in Inghilterra, dove ha bazzicato la sinistra extraparlamentare, e nell?estate del 1973, dopo la laurea, è tornata in Italia per una vacanza. Da allora sono passati 32 anni: «Non so, ho sentito di essere tornata a casa». Si è trasferita a Firenze e ha iniziato a lavorare come interprete per le istituzioni europee: «Non ho mai chiesto la cittadinanza italiana», dice. «Non le do importanza». Negli anni 80, a Firenze, Lisa è impegnata in quelle che definisce le «prime prove del movimento per la pace»: sono i tempi di Comiso e degli euromissili, e lei capisce che «la pace per me doveva essere la priorità, l?ideologia, e credo che questo faccia la differenza tra il movimento pacifista e i partiti, che cedono alla realpolitik: se non hai la pace come priorità assoluta, è facile trovare giustificazioni per il compromesso». Il vero punto di svolta, però, è la guerra di Bosnia. Lisa sente parlare di Mir Sada, ?pace ora?, la marcia che i Beati costruttori di pace stanno organizzando: «Era l?agosto 1993, mi interessava capire cosa stava succedendo. Non arrivammo a Sarajevo perché in quei giorni iniziarono degli scontri pesantissimi tra croati e bosniaci, e deviammo su Mostar. Eravamo più di duemila. Lì ho capito che non bastava denunciare la guerra dalla sicurezza delle nostre strade, ma era necessario condividere la quotidianità con la gente a cui la guerra era caduta addosso». Lisa torna in Italia giusto il tempo di fare le valige: nell?ottobre 1993 si trasferisce nella Sarajevo sotto assedio, e ci resta fino alla fine della guerra, nel 1995. Prima di andare a Sarajevo passa per i campi profughi della Dalmazia. Un giovane le chiede di cercare sua mamma, «perché non sa che io sono ancora vivo». La voce si sparge, e nasce il servizio più particolare che i Beati i costruttori di pace abbiano realizzato a Sarajevo: la posta. Quello del francobollo, forse, per Lisa è un destino. Alla sede dell?associazione, a Padova, in due anni arrivano 800mila lettere da 85 Paesi. I volontari aprono le buste, tolgono i soldi e gli oggetti. Portare posta a Sarajevo è proibito. Quando torna in Italia, Lisa infila le lettere nello zaino, tra i vestiti, e si nasconde addosso i soldi e il resto: il primo dentino caduto a un bambino, un cartoncino con le impronte di un neonato. Poi sale sugli aerei delle Nazioni Unite. «Portavo anche i soldi, sì: non me la sentivo di fare la moralista. Anche perché il mercato nero non era tutto uguale, c?erano zone innocenti». A Sarajevo, attorno a Lisa si costruisce una rete di volontari-postini. «La città era piena di sospetto: se per strada chiedevi un?informazione la risposta più frequente era ?non so?», ricorda Lisa. «Figuriamoci quando bussavi a una porta! Dovevamo essere insistenti. Poi, quando aprivano, erano lacrime. Le lettere volevano dire due cose: primo, la persona che scriveva era viva; secondo, il mondo non era chiuso, c?era un filo di comunicazione, e quindi di speranza». È grazie a quell?esperienza che Lisa oggi vede con chiarezza il sentiero da percorrere: condividere. «È l?unico modo. Ne parlavo con Tom Benetollo, prima che morisse: bisogna aver visto la guerra per ripudiarla. Anzi, ?visto? è fin troppo intellettuale. Basta averla annusata. Tom diceva che 70mila giovani italiani hanno camminato nella ex Jugoslavia durante la guerra? la straordinaria compattezza del movimento per la pace deriva da lì». In vacanza vado ad Aviano Dall’album di Lisa Èdal 1993 che Lisa Clark non fa più una vacanza, e non intende farne finché ci saranno guerre. Ad agosto sarà impegnata nella Campagna globale per la messa al bando delle armi nucleari, in occasione del 60° anniversario dei bombardamenti su Hiroshima e Nagasaki. Il 6 agosto i Beati costruttori di pace saranno davanti all?aeroporto militare di Ghedi (BS), dove sono stoccate 40 testate nucleari B-61 da montare su aerei italiani. Il 9, i volontari manifesteranno invece fuori dalla base di Aviano (PN), che ospita 50 bombe. Il 7 e l?8 Padova ospiterà una mostra, un concerto e un convegno sulle armi nucleari. Info: www.beati.org


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