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La famosa invasione dei pomodori in Burkina
I prodotti importati dallItalia costano meno di quelli coltivati in loco. Intervista a Pasquale De Muro, docente a Roma e grande esperto in materia
In economia c?è sempre più di una soluzione. Pasquale De Muro, docente
di Economia dello sviluppo umano e sicurezza alimentare all?università di Roma
3 ne è convinto, anche se dopo il G8 di Gleneagles l?opinione prevalente sembra
essere quella che individua nel libero commercio la strada dello sviluppo.
Quali strade alternative sono percorribili. Paradossalmente quella dei sussidi suggerisce De Muro. Basta che siano sussidi per tutti.
Vita: Si è detto che per combattere la povertà in Africa sia necessario rivedere le regole del commercio internazionale. Lei è d?accordo sul principio?
Pasquale De Muro: D?accordissimo. Ma il problema è la via da percorrere. Quella che si discute in sede Wto (l?organizzazione mondiale per il commercio), ma anche quella indicata dalle organizzazioni non governative europee parte dall?assioma che il commercio, e la possibilità di esportare da parte di Paesi africani, sia la soluzione per lo sviluppo. L?errore del Live Aid è lo stesso: si propone una ricetta per l?Africa senza ascoltare gli africani.
Vita: Lei sta portando avanti una ricerca con una rete di piccoli produttori nell?Africa dell?Ovest. Che cosa ne emerge?
De Muro: Si dice che per rendere concorrenziali sul mercato internazionale i prodotti africani bisogna eliminare i sussidi. Ma, specie per l?agricoltura, la priorità degli africani è vendere sui propri mercati. Il loro problema non avere meno concorrenza nostra, ma sviluppare un mercato interno che ha difficoltà a consolidarsi, innanzitutto perché ci sono importazioni forti che invadono i loro mercati.
Vita:Qual è l?alternativa?
De Muro: Prima delle riforme strutturali degli anni 80, i Paesi africani avevano cercato di introdurre sussidi alla produzione agricola. Negli ultimi due decenni le politiche agricole sono state smantellate, e adesso non ne esistono di paragonabili a quelle di Europa e Stati Uniti. Quindi, se si vuole ridare fiato all?Africa, le strade sono due: rinunciare ai sussidi e quindi smantellare anche quelli dei Paesi ricchi, oppure consentire ai Paesi africani di proteggere i mercati interni con una regolazione delle importazioni. Una buona parte dei prodotti che l?Africa importa per soddisfare il bisogno alimentare potrebbe essere sostituita dalla produzione interna.
Vita: Cosa lo impedisce, attualmente?
De Muro:L?Africa sarebbe in grado di produrre molto di più, ma questa possibilità è minata dall?attuale assetto commerciale internazionale che indirizza la produzione all?esportazione. Quindi, invece degli alimenti che potrebbero coprire il fabbisogno interno, alcuni Stati africani devono produrre caffè o cacao, e importare i cereali. Questo tipo di orientamento, oltre a creare carenze alimentari, ha l?effetto di non stimolare settori interni che potrebbero produrre parte dei prodotti alimentari che questi Paesi ora importano.
Vita:Obiezione: in Senegal la produzione di riso copre solo il 20% della domanda.
De Muro: Non è che i Paesi africani non debbano più importare. Il problema è che
l?offerta interna non può crescere anche a causa dei prezzi più bassi del riso importato. Per creare un mercato che si regge sull?equilibrio fra domanda e offerta interna sarebbe auspicabile una regolamentazione, una politica per sostenere produzione interna e riorientare la domanda. Non si tratta di tornare al protezionismo, ma di sostenere il proprio mercato.
Vita: La creazione di aree regionali in Africa, con una moneta comune, come vuole l?Unione africana, potrebbe andare in questa direzione?
De Muro:Uno spazio regionale e doganale stimolerebbe la complementarietà tra le produzioni dei vari Paesi africani. Insomma, prima di importare riso dalla Cina si potrebbe vedere se esiste un?alternativa nel continente. L?Unione africana sta facendo uno sforzo in questa direzione, ma l?attuale regime commerciale internazionale non facilita la creazione di queste unioni commerciali.
Vita: Se si togliessero i sussidi ai prodotti agricoli importati, il riso africano sarebbe più competitivo?
De Muro: No. Perché la produttività e la disponibilità di risorse naturali in Asia sarebbero terribilmente superiori a quelle africane. Anche senza sussidi. Attualmente in Burkina Faso i pomodori italiani in scatola costano meno di quelli locali. Senza sussidi i pomodori italiani sarebbero sostituiti da quelli cinesi.
Vita: Allora Bono e ong peccano di ingenuità?
De Muro: C?è l?idea che i Paesi africani trarrebbero beneficio dall?aumento dei
flussi commerciali e che il commercio è la soluzione ai problemi dello sviluppo. Ma per quanto riguarda l?agricoltura, la crescita di un Paese si basa sulla domanda interna. Lo dicono i dati in tutto il mondo. Massimizzare i flussi commerciali (più scambi ci sono meglio è) invece è la ricetta del Wto. Ma questo non è sempre vero, soprattutto per le economie più fragili.
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