Welfare

Le prove generali del carcere senza uscita

Passa la legge Meduri: a rischio il reinserimento di 50mila detenuti.

di Redazione

Esportare il carcere al di fuori degli istituti? Ieri un progetto segreto, oggi una realtà. Con la benedizione della lobby degli agenti penitenziari. A poco, invece, sono valse le lagnanze degli operatori sociali. Ancor meno quelle, al solito silenziose, dei detenuti. La legge Meduri, approvata con l?obiettivo dichiarato di riformare l?ordinamento della dirigenza penitenziaria, in realtà produrrà un terremoto nel sistema dell?esecuzione penale esterna. Malgrado in pochi l?abbiano notato, l?articolo 3 del provvedimento, che dispone la cancellazione dei Cssa – Centri di servizio sociale per adulti trasformati in Uffici per l?esecuzione penale esterna e assistenza, spiana la strada all?ingresso nel settore trattamentale degli agenti penitenziari. Attualmente ai 60 Cssa e ai 1.223 assistenti sociali che vi lavorano (a norma dovrebbero essere almeno 1.630), è affidata la gestione dei circa 50.200 detenuti che scontano la pena fuori dagli istituti in base alle norme che consentono l?accesso alle misure alternative al carcere, come l?affidamento al servizio sociale, la detenzione domiciliare e la semilibertà. Un sistema che, malgrado l?atavico deficit di personale, qualche buon risultato in termini di sicurezza l?ha prodotto. Di tutti i recidivi, infatti, solo il 12% sono quelli che hanno concluso di scontare la pena affidati ai servizi sociali, mentre il 61% è costituito da chi non ha mai lasciato il carcere, il restante 27% sono tossicodipendenti, come rileva una recente indagine del Gruppo Abele. «Sono le prove generali del ?carcere senza sbarre?», scuote la testa Anna Muschitiello, combattiva segretaria nazionale del Casg – Coordinamento assistenti sociali di giustizia. Secondo i ben informati infatti, Meduri, il senatore reggino di An che dà il nome alla legge, sarebbe il mero esecutore parlamentare di un piano partorito nelle segrete stanze di largo Luigi Daga (sede del Dipartimento di amministrazione penitenziaria) e in particolare nell?ufficio del direttore generale dell?esecuzione penale esterna, Riccardo Turrini Vita. Obiettivo? Acquistare visibilità «consentendo l?uscita dal carcere del personale di polizia penitenziaria», risponde la Muschitiello. Tesi convincente anche per Stefano Anastasia, neo presidente della Conferenza nazionale volontariato e giustizia: «Credo che la strategia sia segnata. Quando vogliono far sentire la loro voce, gli agenti hanno gioco facile, in un?amministrazione che conta 45mila impiegati in divisa e solo 2mila civili». Anastasia comunque ammette che «il carcere produce burn out in tutti gli operatori» e quindi «è un posto malsano anche per gli agenti». Ma questa volta la medicina rischia di fare più danni della cura. Secondo Paola Rossi, presidente dell?Ordine degli assistenti sociali, la Meduri «cancella di fatto un pezzo di Stato sociale. Gli Uffici di esecuzione penale esterna saranno infatti guidati da agenti di custodia, riducendo le attività degli assistenti sociali a meri compiti assistenziali». E il reinserimento sociale? Morto sepolto. «Il cuore del nostro lavoro è gestire il reinserimento sociale dei detenuti, ma spetta a noi anche segnalare al tribunale di sorveglianza la mancata osservanza delle prescrizioni cui sono sottoposti i detenuti in esecuzione esterna, come per esempio l?orario di rientro», spiega la Muschitiello, che continua: «questa duplice funzione, talvolta ci rende sospetti agli occhi dei detenuti. Il nostro è un compito delicato che svolgiamo tenendo ben fisso l?obiettivo primario, ovvero il reinserimento del detenuto, che passa attraverso l?educazione e la responsabilizzazione dell?individuo». Affidare la sorveglianza esterna alla polizia penitenziaria sarebbe quindi come far entrare un elefante in un negozio di cristalli. Ancora la Muschitiello: «Chi conosce il carcere lo sa bene. Se dovessimo dividere gli uffici con gli agenti carcerari, il nostro lavoro diventerebbe di fatto impossibile: nessun detenuto si fiderà mai di noi». Con effetti devastanti sui tassi di recidiva. D?altro canto, la Meduri non aumenterà la sicurezza dei cittadini. «In questo senso l?attività polizia penitenziaria, che inevitabilmente sarà saltuaria, non più di una visita ogni tre, quattro giorni per detenuto, sarà inutile», conclude la Muschitiello. Ristretti, ma non carcerati Misure alternative in cifre Il 13 luglio, dopo la seconda lettura e conseguente votazione favorevole in Senato, si è concluso l?iter parlamentare della legge Meduri (nella foto, Renato, senatore reggino di An). Un provvedimento che non solo riforma la carriera dirigenziale penitenziaria, ma (art. 3) rivoluzione il sistema di esecuzione penale esterna, fino ad oggi appannaggio dei Cssa, i Centri di servizio sociale per adulti. Secondo i dati ufficiali del ministero della Giustizia riferiti all?anno 2004, sono 50.219 i detenuti che stanno scontando la pena fuori dal carcere. Nel dettaglio, 32.085 attraverso l?affidamento in prova, 3.489 con la semilibertà, 14.645 in detenzione domiciliare.


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