Volontariato

Lascio, con orgoglio

Guido Bertolaso a tutto campo: a fine 2005 me ne vado. Il capo della Protezione civile, arrivato a fine mandato, fa un bilancio.

di Paolo Manzo

Un?analisi a 360 gradi dell?operazione Sri Lanka, sul ruolo della Protezione civile in Italia e all?estero, sull?oltre milione di volontari, sul rapporto con ong e Farnesina, sulle prossime missioni e su cosa voglia dire gestire le emergenze nel nostro Paese. Di questo abbiamo discusso con Guido Bertolaso, il capo della Protezione civile che è stato ospite della redazione di Vita il 12 luglio scorso. Vita: Bertolaso, come giudica l?esperienza Sri Lanka che ha unito la raccolta privata con i gestori, la Protezione civile e le ong? Guido Bertolaso: I conti li faremo il 26 dicembre, quando a un anno di distanza valuteremo se i risultati sono stati quelli che speravamo. Ovvero spendere presto e bene. Comunque è stata la chiusura di un percorso che abbiamo costruito in questi anni. Involontariamente. Vita: Ci spiega il percorso? Bertolaso: Quando sono arrivato alla Protezione civile il 7 settembre 2001 mi premeva rilanciarne l?immagine. Alcuni tecnici e funzionari erano demotivati. Molti li conoscevo bene, tutti mi raccontavano che venivano criticati. Iniziai a capire che l?aria era cambiata quando a San Giuliano di Puglia, dopo il crollo della scuola, vennero da me il direttore del Tg5 e quello del Corriere della Sera. Mi dissero: «Noi partiamo con una sottoscrizione popolare. Abbiamo deciso che tutto quello che raccoglieremo lo daremo al Dipartimento». Fu il primo segnale che stavamo ottenendo qualche risultato. Vita: Dopo San Giuliano, il Friuli. Bertolaso: Sì, nel 2004 un?alluvione nell?Alta Carnia. Tg5 e Corriere raccolsero 4 milioni di euro e li diedero a noi, che facemmo un ponte provvisorio tipo Bailey. Vita: A seguire? Bertolaso: Beslan, dove le società di telefonia mobile si unirono e raccolsero 500mila euro. Poco, perché tre giorni dopo la tragedia di Beslan ci fu il rapimento delle due Simone e l?opinione pubblica si concentrò su quello. Vita: Beslan fu la prima missione all?estero finanziata da sottoscrizioni private? Bertolaso: Sì, anche se partimmo su richiesta dei russi. Ma 48 ore dopo, i gestori telefonici ci chiesero se potevano darci i soldi. Vita: Poi arriva lo tsunami, la ?madre di tutte le emergenze?. Bertolaso: E di nuovo c?è stata questa grande alleanza, composta da quotidiani e reti tv importanti, telefonie mobili e fisse, che si è coalizzata ed è venuta a dirci: «Vorremmo dare a voi». Vita: Bravi e fortunati dunque? Bertolaso: Piuttosto la conferma che abbiamo fatto un percorso serio. Vita: Sri Lanka ha voluto anche dire rapporto con le ong. Un suo bilancio? Bertolaso: È il lato dolente della vicenda. Le ong, che da sempre lavorano con la Cooperazione allo sviluppo, all?inizio hanno reagito male. D?altra parte, avendo loro un rapporto storico con la cooperazione, hanno ritenuto che in una possibile diatriba tra quest?ultima e la Protezione civile fosse giusto prendere le parti di chi di aiuti al terzo mondo si occupa da sempre. È stata questa la sensazione. Vita: Poi le cose sono cambiate? Bertolaso: Certo, anche perché al di là della mia reazione del 3 o 4 di gennaio in cui dissi «i soldi li hanno dati a noi e li gestiamo noi», non credo di ricordare mie reazioni negative nei confronti di chicchessia. Certo, un giorno ho chiarito su Repubblica che noi avevamo una procedura assai chiara, con cui intendevamo usare tutti i soldi per i progetti, che non avremmo fatto alcun carico di spese e amministrazione di gestione e qualcuno delle ong se l?è presa, ma io non mi riferivo affatto alle ong italiane. Vita: A chi allora? Bertolaso: All?Onu e alle sue agenzie, che conosco bene. Non è un mistero per nessuno che ho lasciato, dopo soli due anni, l?Unicef perché negativamente colpito dalla gestione dei quattrini. Vita: Torniamo alle ong, i progetti che hanno presentato sono stati approvati? Bertolaso: Sì, tutti, perché coerenti con la situazione e l?emergenza. Vita: Oramai la chiamano dappertutto. È così campata in aria l?ipotesi di un prossimo ministero per le Emergenze? Bertolaso: Sì, è campata in aria. Se andate a vedere le statistiche nell?anno del Giubileo, quanti assessori di Protezione civile c?erano negli 8mila e rotti Comuni, nelle Province e nelle Regioni? Un 10%, mentre oggi non c?è più Regione, né Provincia, né Comune che non abbia il suo assessore alla Protezione civile. In 5 anni è stato fatto un passo importantissimo. Vita: Qual è il ruolo dei volontari? Bertolaso: Le domande per entrare nell?organizzazione di volontariato della Protezione civile hanno avuto un picco micidiale. Ovviamente il loro ruolo non può essere quello dei Vigili del fuoco o delle Forze armate o della Polizia, però la loro importanza sta crescendo sempre più, soprattutto nel campo dell?assistenza sociale e sanitaria. Molti servizi del 118, soprattutto nel Centro-Sud, sono gestiti dai volontari della Protezione civile. Vita: C?è una Regione modello? Bertolaso: Il Friuli Venezia Giulia, dove ci sono 219 Comuni e 219 gruppi comunali di volontariato di Protezione civile. Vita: È d?accordo con l?idea di Realacci di un servizio civile obbligatorio per qualche mese, finalizzato a creare proprio delle squadre di Protezione civile? Bertolaso: Non sono mai stato contrario. Se andate a vedere la prima ipotesi di disegno di legge che facemmo come Ufficio del Servizio civile con il governo D?Alema, che emanò il primo provvedimento per abolire la leva obbligatoria, la mia prima provocazione assieme alla Caritas fu «benissimo, facciamo fare il servizio civile obbligatorio». Poi, ovviamente, nessun politico si assumerà mai la responsabilità di rendere obbligatorio nulla. Figurarsi il servizio civile. Vita: Una battuta sul ruolo internazionale della Protezione civile? Bertolaso: Credo sia il futuro. Quando il Dipartimento interverrà solo nelle grandi emergenze e tutto il resto si farà a livello locale, a quel punto in Italia agiremo solo da supervisore, come un grande papà che assiste se c?è davvero bisogno. Vita: Questa è una notizia? Bertolaso: Anche perché una risorsa come la nostra, così dinamica e flessibile, con competenze che vanno dal medico all?ingegnere, dall?esperto di radiocomunicazioni in sistemi satellitari a chi ti sa organizzare un gommone in grado di volare, atterrare, navigare e camminare in mezzo alle strade, deve essere una forza a disposizione del governo che la deve usare in situazioni specifiche. In Italia come all?estero. Si deve andare in Africa? E noi ci andiamo… Vita: Anche in Africa? Bertolaso: Sì, ci hanno chiesto di fare un ponte Bailey in Sudan. Lo faremo, e questa è una chicca che vi do in anticipo. Non andremo nel Darfur, ma nel Sud Sudan. Del resto, chi è in grado di fare un ponte Bailey nel Sud Sudan oggi in Italia? La Protezione civile italiana! Vita: Si è dato una scadenza temporale per la sua permanenza alla Protezione civile? Bertolaso: Sì, fine 2005. Vita: Dopo che farà? Bertolaso: Andrò in Africa. Vita: Un?ultima domanda prima che lasci via Ulpiano: qual è la carta vincente della Protezione civile che lascia in eredità al suo successore? Bertolaso: Che la Protezione civile, come struttura pubblica, è quella che ha l?età media più bassa di tutta la burocrazia italiana: 33-34 anni. Questo significa aver potuto programmare per il futuro perché, quando ce ne andremo via noi, ci saranno dei giovani che – spero – porteranno avanti la mentalità che abbiamo cercato di infondere. Sarebbe questo il vero successo. Allarme terrorismo Una rassegna stampa mondiale Questa è la seconda parte di una lunga chiacchierata organizzata sotto forma di tavola rotonda nella nostra redazione martedì 12 luglio, assieme al responsabile della Protezione civile, Guido Bertolaso, accompagnato da Agostino Miozzo, responsabile per lo Sri Lanka. La prima parte, pubblicata sullo scorso numero di Vita, verteva sul terrorismo e sui rischi che corre l?Italia. Un?intervista ripresa anche da molti prestigiosi mass media internazionali. Dall?agenzia Efe (l?omologo iberico dell?Ansa) ai quotidiani spagnoli El País, Diario Palentino e Libertad Digital, passando per il cileno El Mostrador, l?argentino Diario Hoy, il messicano El Dictamen, il boliviano Los Tiempos e il Corriere Canadese, l?unico quotidiano in lingua italiana edito in Canada.


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