Formazione

In 79 con me. Ma gli altri dove sono finiti?

In questi giorni la Casa della Carità di Milano sta ospitando 79 zingari rumeni allontanati dalla favelas di via Capo Rizzuto. Un intervento del presidente

di Redazione

I rom non sono dei santi, lo sappiamo. Molti di loro rubano, alcuni sono perfino coinvolti nella tratta di esseri umani. Per questo, in molti casi, considero fondate le proteste dei cittadini che non si sentono tutelati. L?interrogativo che pongo, però, è come uscire dall?emergenza. In questi giorni la Casa della Carità sta ospitando 79 zingari rumeni allontanati dalla favelas di via Capo Rizzuto. La nostra è stata una risposta immediata a un?esigenza immediata. Gli sgomberi possono essere uno strumento per combattere l?illegalità, ma dopo che succede? Le amministrazioni e la società civile non devono nascondersi. Oggi tutti mi chiedono che ne sarà dei nostri ospiti, ma in via Capo Rizzuto erano accampate migliaia di persone. Mi domando cosa ne è stato degli altri. Per quanto ne so, solo cento sono stati rimpatriati. Non mi è difficile presumere che gli altri abbiano trovato rifugio nell?illegalità. Come uscire dal pantano? Quello che proponiamo è un patto da stipulare sotto l?insegna del welfare municipale. Le associazioni, gli enti pubblici e i rom dovrebbero firmare un contratto di legalità e convivenza. In questa cornice alle realtà del terzo settore spetterà il compito di accompagnare e custodire le comunità zingare. La nostra presenza dentro i campi, siano essi regolari o irregolari non è questo che importa, servirà anche a segnalare eventuali situazioni di illegalità. Non ci sottraiamo a questo compito. Ma al controllo deve accompagnarsi l?assistenza. Accompagnare un ragazzo in ospedale o soccorrere una mamma durante il parto sono formidabili trampolini per guadagnare la loro fiducia e il loro rispetto. Ai rom chiederemo invece di osservare le norme contenute in una carta etica, che imponga, per esempio, il riconoscimento dei diritti delle donne e dei bambini. A loro chiederemo l?impegno di mandare i figli a scuola, ma poi ci devono essere le scuole e gli insegnanti disposti ad accoglierli. Le amministrazioni locali devono quindi investire in questa sfida. Non si tratta, sia ben chiaro, di aggiungere risorse, ma solo di allocarle in modo più proficuo. La strategia di repressione è inefficiente, come purtroppo la cronaca degli ultimi giorni ha dimostrato. Meglio un approccio misto di polizia e intervento sociale, che significa assicurare le cure sanitarie, un lavoro, possibilmente non in nero, accesso all?istruzione e formazione del personale di operatori e mediatori. Questa è l?unica strada possibile. di Virginio Colmegna


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